Divje Jezero – Pobeg iz blodnjaka / Escape From the Maze

Divje Jezero (2017) Pobeg iz blodnjaka / Escape From the Maze

DIVJE JEZERO

Pobeg iz blodnjaka / Escape From the Maze (2017)

Celinka

Divje Jezero calano il tris: dopo l’esordio omonimo (2009) e “Mestni Vrvež” (2015), nel 2017 è la volta di Pobeg iz blodnjaka/Escape From the Maze.

Dopo aver trovato la propria “forma” con il precedente lavoro, quella a cinque elementi con Alen Bogataj (basso), Aleš Golja (chitarra), Luka Čibej (batteria, percussioni), David Križaj (tastiere, fisarmonica) e Tomi Peljhan (sax, clarinetto), il gruppo sloveno prosegue, con il nuovo album, sulla scia di quanto di buono offerto in “Mestni Vrvež”. È dunque l’anima jazz-rock/fusion l’elemento che spicca su tutti, con l’amore per il progressive rock che riesce comunque a farsi largo (la vena canterburyana alla Soft Heap o Hatfield and the North, solo per citarne un paio, viene di sovente a galla). Ancora una volta, quindi, una singola parola può racchiudere al meglio l’offerta dei Divje Jezero: ecletticità.

Il compito di rendere “visibile” l’opera strumentale è affidato all’onirico e affascinante artwork creato da Gregor Koželj e Luka Čibej che rende per immagini le ambientazioni tracciate dai titoli dei brani.

L’album prende il via con Pobeg iz blodnjaka / Escape From the Maze. Dopo un lampo collettivo (che poi arricchirà anche la chiusura), è il sax di Peljhan, un po’ alla Elton Dean, a prendere in mano il brano, prima che Čibej e Bogataj decidano di impossessarsi della scena con le loro “irregolarità”. Ottimo anche il vivace lavoro alle tastiere di Križaj e di Golja alla chitarra.

Come nell’episodio precedente, anche Milano vive molto sui soliloqui di Peljhan che, grazie al sapiente lavoro dei restanti quattro membri, si muove dalla pacatezza dello smooth jazz sino alla “follia R.I.O.”, tutto inframezzato da rapide (e non) andature ben sorrette dalle ritmiche e ottimamente occupate dai fraseggi di chitarra e tastiera.

L’articolato e dinamicissimo avvio di Jutranji ples / Morning Dance richiama i nostri Accordo dei Contrari. A seguire il brano si quieta, dapprima relativamente, poi decisamente, sfociando in territori jazz, prima di riprendere vigore con tutti gli effettivi, con un flusso denso e spigoloso che crea il terreno giusto alle evoluzioni di Križaj e al sempre apprezzabile “sottobosco” ritmico del duo Čibej/Bogataj.

L’avvio di Noč in dan / Night & Day è davvero morbido e poetico, con il clarinetto di Peljhan che pennella note soavi, ammantato dalle carezze dei colleghi (solo Čibej entra in scena in un secondo momento, regalando qualche sprazzo minimo di vivacità). La corrente sonora cresce d’intensità e “teatralità” poco oltre, facendosi quasi felliniana, prima di intraprendere un percorso decisamente jazz-rock, dinamico e particolareggiato.

Il capriccio percussivo di Čibej dà il via a Mornarska zmeda / Sailor’s Mess. Poi ha inizio un nuovo quadro multiforme e multicolore, rapido e imprevedibile, che a tratti si muove tra i nostri SpiraleCadmo o Moogg con nette sortite canterburyane. C’è tanta roba nel capitolo centrale dell’album, tutto arricchito dal tocco folkeggiante della fisarmonica di Križaj.

Molto fresca a guizzante Žirafe / Giraffes. Anche in questo caso, nella prima parte (e poi sul finire), il sax di Peljhan emerge dalle “acque mosse” create dal duo ritmico e dalle corde pulite/distorte di Golja. Ad un certo punto Bogataj e Golja riescono a sopraffare e “zittire” il collega responsabile dei fiati e la scena viene occupata dalle loro spedite evoluzioni.

Romantici e cinematografici i primi secondi di Vzemi si trenutek / Take a Moment con il soffice intreccio di sax/piano/ritmiche. A seguire il brano acquista un po’ di verve (non eccessivamente), mantenendo parzialmente un DNA romantico prima di essere smembrato in parte con soluzioni più “aspre”.

L’intenso e tormentato tocco al piano di Križaj (alla Boccuzzi della Festa Mobile) dà lo slancio iniziale a Marakeška tržnica / Marrakesh Market e al breve segmento seguente che affonda le radici nel prog italiano dei ’70 (tra gli altri, gran lavoro di Bogataj che, con la sua linea di basso, vola sulle teste dei colleghi). Poi viene fuori tutto l’amore per il jazz-rock dei Divje Jezero che si affidano soprattutto al sax e ai giochi ritmici del duo Čibej/Bogataj. A metà percorso si rallenta e si viene avviluppati da un’atmosfera morbida e sensuale prima di riprendere vigore e terminare il brano in volata.

Ob pravem času / On Time (Reprise): un minuto di “alleggerimento” chiude l’album. Suoni freschi e spensierati che confermano e certificano nuovamente le elevate doti tecniche e compositive del quintetto sloveno.

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