NanoStorm – Tunnel Of Time

NANOSTORM

Tunnel Of Time (2021)

Autoproduzione

 

Nati nel 2015, e con il solo Mathieu Bauzon (chitarra, lap-steel, voce) “sopravvissuto” alla formazione originale, i NanoStorm tornano nel 2021 con il nuovo album Tunnel Of Time. Dopo aver accolto in squadra Carine Mougin (tastiere, flauto, voce) già poco dopo l’avvio del progetto, ora la formazione vede anche Hervé Delvaux (basso) e Antoine Hubert (batteria, slam).

Tunnel Of Time è concettualmente un viaggio nell’universo alla ricerca di civiltà che ci insegnino (nuovamente) a comunicare l’un l’altro e far sì che la nostra, di civiltà, riprenda a funzionare. Ma è anche un viaggio nel “tunnel del tempo”, un andare avanti per tornare indietro, così come anche rappresentato “semplicemente” dall’immagine in copertina: partire dal “noto” (e luminoso) e addentarsi nell’“ignoto” (e buio) per uscire nuovamente alla luce.

E questo viaggio avviene soprattutto attraverso i suoni offerti dalla band in cui c’è la complessità e c’è la melodia, ci sono le atmosfere seventies (siano esse progressive o psichedeliche) e c’è una buona dose di elementi fatati (accanto ad altri più aggressivi). Tunnel Of Time è un lavoro in cui la buona tecnica dei quattro musicisti è totalmente al servizio della band, la quale evita personalismi superflui confezionando sette piacevoli quadri sonori (forse l’unica piccola pecca è la qualità del canto di Bauzon ma il suo tono “esile”, nei successivi ascolti dell’album, suona pienamente dentro al tutto).

Una sensazione di tensione, pesante, netta, pervade le prime battute di Daily System, il brano d’apertura. Poi batteria, tastiere, basso e distorsioni cambiano le carte in tavola e il brano prende velocità, concedendo spazio anche al canto di Bauzon. Più avanti prosegue la “lotta” i protagonisti sonori principali, sino a cadere tra le braccia di Carine Mougin. […] Living in the forest / Of images year after year / They show us that we’re living the best / Year after year / Day after day simplifying our lives / The Daily System will help us in our lives / The Daily System, our new way of life […].

Carezzevole, e con qualche sentore malibraniano, arriva Year After Year. Molto lieve il canto, così come le pennellate sonore leggere che l’accompagnano. E quando subentra il flauto di Carine Mougin a spezzare il flusso, tutto si fa più denso e canterburyano. Dopo alcuni minuti, però, il clima si fa rarefatto, un po’ teso, ma le tastiere della stessa Mougin (e poi le ritmiche) riprendono ben presto il filo del discorso, donandogli anche una luce diversa. E sarà un lungo intrecciarsi tra i suoi tasti e le corde di chitarra e basso (con la batteria “contenuta” alle spalle), con variazioni dovute ai nuovi interventi di flauto e alle virate elettriche di Bauzon, quello che ci condurrà sino alla chiusura. […] And now year after year our society is slowly dying […].

A passo spedito si presenta Twin Moons, con la sostenuta andatura delle ritmiche seguite senza patemi dalle distorsioni e dal canto di Bauzon. Molto aggressivo il prosieguo, con un bel assolo dello stesso chitarrista e un intervento di organo ben calibrato posto lì a impreziosire il quadro. La tensione si smorza nella seconda parte del brano, dove tutto si fa più compassato ed è ancora la chitarra di Bauzon a descrivere il nuovo umore malinconico, prima che Hubert lanci una nuova galoppata. Sino alla fine il mood nero non verrà mai meno.

La brevissima Voices In Our Heads è una piuma che cade lieve senza far rumore, nel suo candido ordito di flauto e chitarra. Emotivamente carica e purtroppo troppo breve.

Floydiana si palesa Through The Tunnel Of Time, con la chitarra diluita e gilmouriana di Bauzon ad ergersi incontrastata (ma anche il basso di Delvaux e le tastiere di Mougin eseguono un ottimo lavoro). Poi l’episodio cambia grazie al flauto della stessa Mougin, tendendo verso le lande di Canterbury, prima di lanciare il misurato segmento cantato, con un buon lavoro di chitarre in sottofondo. E se questi sono i primi quattro di diciannove minuti, quanto segue è un caleidoscopio di soluzioni ed umori, nonostante i colori restino ancorati a tonalità scure, con ottimi interventi di flauto, “ritorni” di Waters & Co., assoli passionali, virate verso la psichedelia, vacue riprese canore, atmosfere ai limiti dell’esoterico, cavalcate solenni. I NanoStorm sono veramente ispirati e si sente pienamente.

Morbida e melliflua giunge Third Of Three, con il canto un po’ spensierato di Mougin. Buon il lavoro di “ago e filo” di chitarra e ritmiche, con il brano che muta poco oltre destreggiandosi tra atmosfere alla The Doors e Pink Floyd. Tutto cambia drasticamente nella seconda parte, con un ritmo vibrante, colorato, allegro e vagamente eighties, prima di ripiombare nelle spire del canto della Mougin e, infine, ripartire compatti.

Learn Again. Placido prende il via il brano conclusivo di Tunnel Of Time, giocato soprattutto sulla dolcezza del canto di Bauzon (più avanti sovrapposto a quello di Mougin). L’intenso assolo ruvido dello stesso Bauzon arriva ad aggiungere un po’ di pepe al tutto, e lo stesso prosegue con le sue distorsioni a tenere più alta la concentrazione prima di “ricominciare da capo”. […] It seems so easy to feel becoming more human. / After years of loneliness we are feeling more human. / Learn again to speak and share, learn again to forgive, / This world in front of us is where we would now live…

Buone idee per un roseo futuro.

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