Enten Hitti – Via Lattea

ENTEN HITTI

Via Lattea (2022)

Lizard Records / Seahorse Recordings

 

Il nuovo capitolo nella discografia dell’ensemble di ricerca musicale e performativa Enten Hitti si chiama Via Lattea.

Ricerca, appunto. In questo specifico caso tutto parte dalla ricerca sul “femminile” e dalla trasmissione matrilineare della vita e lo fa attraverso i viaggi compiuti dai “padroni di casa” Pierangelo Pandisci (liuto saraceno, chitarra, steel drum, metallofoni, kalimba) e Gino Ape (piano, oboe, xilofono) nei territori in cui la cultura del “sacro femminile” ha preso corpo oltre 4000 anni fa: Cipro, Creta, Turchia, Irlanda, Sud Africa, Indonesia…

E sono sempre le parole di presentazione dell’album a giungere in nostro “soccorso”, esplicative più di qualsiasi altra disamina che vada a “riarrangiare” meramente i concetti contenuti nelle stesse: le suggestioni storiche, geografiche sono state liberamente reinterpretate e trasformate in brani musicali che, pur citando in alcuni casi precisi mondi musicali, vanno nella direzione di cogliere lo spirito del “femminile” nella sua universalità. […] Allo stesso tempo è un omaggio alla galassia di cui facciamo parte ed incarna la ricerca spirituale, sospesa fra terra e cielo, dell’ensemble.

Questo spirito del “femminile” e quest’omaggio alla nostra galassia diventano evocative immagini sonore, ascese spirituali, viaggi interiori. I suoni degli Enten Hitti si rivelano intensi, mistici, onirici, mostrano senza veli un’essenza antica, ancestrale, non di rado appaiono minimali e ipnotici, la loro natura spazia (soprattutto) tra la world music e la musica meditativa/sperimentale. E poi ci sono le voci (con scelte sempre attinenti alla proposta), “strumenti” aggiuntivi che ci conducono ancor più in contatto con la divinità, lo spirito, l’“oltre”. Nel complesso è un qualcosa che si fa anche fatica a definire con semplici parole per la tanta forza che proviene da un luogo “profondo”, non semplice da individuare e raggiungere.

Per concretizzare tutto ciò, accanto a Pandisci e Ape, prende posto un gran numero di musicisti, parte già nella famiglia Enten Hitti, come Giampaolo Verga (violino), Jos Olivini (fisarmonica in Petra, sitar in That Careless Stream Flowing Inside Us e arrangiamenti di kalimba in Sacred Heart Lullaby), Afra Crudo (voce in Where Orion Fish Dream, Black Perseus e Sacred Heart Lullaby), Mari Celeste Criniti (voce in Petra, canto in aramaico antico in Love’s Consequences e voce narrante in Beyond the Saffron Colored Ways), Claudia Foglia (voce in The Swan Arm), e ospiti quali Stafano Mosari (contrabbasso e violoncello in Via Lattea), Gamelan Gong Cenik (ensemble di musica balinese con strumenti originali) diretto da Enrico Masseroli (in Via Lattea), Antonio Testa (percussioni in Black Perseus), Paola Tagliaferro (voce in Via Lattea, Compassion of a Star e What Clouds Know), Lorenzo Pierobon (canto armonico in The Compassion of a Star e Love’s Consequences), Claudio Milano (voce in Where Orion Fish Dream e The Compassion of a Star), Rita Colani (voce “fantasma” in The Compassion of a Star), Alio Die (sitar in Love’s Consequences), Juri Camisasca (voce in That Careless Stream Flowing Inside Us), Julia Berger (voce in Beyond the Saffron Colored Ways), Vincenzo Zitello (viola, violoncello e contrabbasso in Black Perseus, The Compassion of a Star e Beyond the Saffron Colored Ways), Giulia Ermirio (viola in What Clouds Know) e Jenni Sorrenti (voce in Alma De Niqua).

Non da ultimo va sottolineata l’idea calzante e spiazzante allo stesso tempo dell’artwork creato da Matteo Guarnaccia e Matteo Anelli.

Un caldo abbraccio ipnotico quello che ci accoglie in Via Lattea, il brano che dà il nome all’album (e lo apre), e che sublima nei vocalizzi di Paola Tagliaferro. Quanto segue, tenuto fermo lo spirito principale, e nonostante il finale inquieto, vive di qualche variazione sonora senza mai perdere di brillantezza, con il seducente tracciato offerto dall’ensemble di musica balinese Gamelan Gong Cenik diretto da Enrico Masseroli, arricchito dai tocchi di Pandiscia, Ape e Nosari.

Tra avanguardia, world music e sperimentazione si muove The Swan Arm, con quel tocco Opus Avantra che non dispiace affatto. Tutt’altro. L’ordito di percussioni, corde e canto permea nelle membra ed eleva con la sua carica mistica.

L’atmosfera diluita, quasi cosmica, che apre Where Orion Fish Dream ben si lega con l’antitetico, a prima vista, canto etnico di Afra Crudo (ma compare anche Claudio Milano): un mantra magnetico che sfocia poi in soluzioni un po’ battiatiane (fase sperimentale). E il brano prosegue su tali note sino alla fine, scavando sempre più a fondo nel nostro animo, toccando anche lande alla Raul Lovisoni & Francesco Messina di “Prati Bagnati del Monte Analogo”.

Le corde lievemente pizzicate di Black Perseus ci riportano, per qualche momento, “a terra”, ma i suoni nelle retrovie, centellinati, reclamano l’elevazione del nostro spirito. Ed ecco che allora, appena entra in scena il nuovo affresco canoro di Afra Crudo, anche lo strumento iniziale si “adatta” al clima e tutto trascende, con il lavoro di archi (di Vincenzo Zitello) e percussioni (di Antonio Testa) davvero intenso e preciso.

Petra prende corpo tra i vellutati suoni di chitarra di Pandiscia, con una sensazione di fondo che sembrerebbe richiamare il brano precedente ma che invece, sin da subito, appare diversa, più delicata e carezzevole. E quanto segue conferma il tutto con i lievi tocchi vocali di Mari Celeste Criniti, un po’ alla Alice, avviluppati morbidamente, tra gli altri, dagli archi e dalla fisarmonica. Pura poesia. Mani strette / Corpi silenti / Tempo / Ricordi / Distanze d’eterno / Vai / Dove sei / Come chi cerca la terra in cielo / Quando la vita non ha più nel cuore / Vai / Dove sei / Un jour Ce jour / Anima che resti qui / Anima che te ne vai / Anima (testo ispirato al poema “That day”).

Soffice e profondo l’avvio di The Compassion of a Star, con un bell’intreccio di piano e violino, e quella sensazione di pace interiore che ne scaturisce. Un fluido che avanza lento sulla superficie spinto da una forza invisibile ma potente. E quando entrano in campo anche le voci di Lorenzo Pierobon, Rita Colani e Claudio Milano tutto si completa.

Con piglio orientalizzante e indole mistico-psichedelica, grazie soprattutto al sitar di Alio Die, ecco apparire Love’s Consequences. E quando compare anche il canto in aramaico antico di Mari Celeste Criniti, arcano, quasi gregoriano, l’atmosfera si fa solenne.

Completamente ispirata alla world music Sacred Heart Lullaby, con i suoni vivaci ma delicati di Pandiscia e Ape e il canto di Afro Crudo dall’essenza tribale (non a caso, questo brano e i precedenti Where Orion Fish Dream e Black Perseus, sono liberamente ispirati a musica rituale e iniziatica africana).

That Careless Stream Flowing Inside Us si sviluppa attraverso il canto etereo di Juri Camisasca e i piccoli tasselli sonori creati da Pandiscia, Ape, Verga e Olivini (suo il sitar) costruendo un flusso “superiore”, un po’, appunto, alla Camisasca, che permea le membra, eleva. E stupisce per la sua classe.

What Clouds Know. Tra le tante chiavi utilizzate dagli Enten Hitti per mostrare la propria sensibilità e la propria interiorità, tra le tante vie messe in campo per elevare l’ascoltatore, eccone un’altra (o eccola tornare in modo più evidente): il piano. Il tocco di Ape è delicato, fatato, il suo cammino soffice ma intenso, e l’aiuto prestato dalla viola di Giulia Ermirio lo fa diventare sublime.

Un po’ tesa, ma di una profondità sempre ineccepibile, l’avvio di Beyond the Saffron Colored Ways. Gli archi, e poi soprattutto il piano, stemperano il tutto portando il brano a livelli di dolcezza suprema, con Mari Celeste Criniti che recita in inglese un testo ispirato al poema “Ecstasy of Love” di Hamda Khamis, tratto da una raccolta di poesie femminili arabe. L’atmosfera che ne scaturisce racchiude (grazie anche al tocco di Zitello e alla voce angelica di Julia Berger) un senso “oltre” tipico di alcune produzioni di Battiato. Altro momento da incorniciare per la sua bellezza.

Si chiude con Alma De Niqua e la sua accoglienza tipica alla Jenny Sorrenti (e, non a caso, è sua la voce), mentre la sensazione forte è quella, ancora una volta, di ritrovarsi piacevolmente tra le pieghe di un Battiato, questa volta sperimentale/spirituale e un Camisasca. Ciò che segue è una lunga “carezza cosmica”, un soffice commiato per un album da ascoltare ad occhi chiusi.

Non abbiate paura di farvi “rapire spiritualmente” dagli Enten Hitti

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