Fufluns – Refusés

FUFLUNS

Refusés (2021)

Ma.Ra.Cash Records

 

Supergruppo. Non c’è altra parola per presentare i Fufluns, una fusione di forze incredibili “prese in prestito” da band quali Il Bacio della Medusa, Prowlers, Daal, Tilion, Mr.Punch, La Bocca della Verità, The Watch ed Egoband. E quando ci si ritrova di fronte ad un supergruppo ci si può (e deve) aspettare solo qualcosa di super(bo). È così è.

Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, le presentazioni. I Fufluns sono Simone Cecchini (voce, charango, chitarra acustica, armonica a bocca), Alfio Costa (pianoforte, mellotron, Moog Sub37, organo Hammond, Minimoog, Roli seaboard), Simone Coloretti (chitarre elettriche, chitarra acustica, chitarra classica), Guglielmo Mariotti (basso, bass pedal, mandola elettrica, chitarra elettrica 12 corde) e Marco Freddi (batteria).

Il titolo dell’opera, invece, si ispira ai “Refusés” di Beppe Corna (che presta anche la sua voce nel brano conclusivo), diciassette sculture in terracotta, stoffa e acrilici realizzate dall’artista nel 2003. Nel loro aspetto di maschere solitarie, testimoniano l’esclusione dell’uomo, esibendo le loro forme grottesche, con abiti simili a camicie di forza che la società da sempre impone loro. Sono coloro che per natura stanno fuori, muti ma ostinati, celebrando il loro sit-in di protesta. E questi personaggi “rifiutati” vengono proiettati dai Fufluns nella realtà, attraverso narrazioni crude (nate dalla penna di Cecchini) che trattano temi attuali, reali, colpevolmente dimenticati da tutti (o quasi), con un’alternanza di violenza e poesia, rabbia e melodia di altissimo livello. In “Refusés” si respira la stessa aria dei personaggi narrati, se ne percepisce il dolore… si sente il tanfo della verità… c’è sangue… carne… vita e morte (Simone Cecchini, parole tratta dall’intervista esclusiva ai Fufluns. Leggila qui).

E, come per le liriche, anche l’aspetto sonoro, che si sviluppa attraverso le prove eccezionali di Costa, Coloretti, Mariotti e Freddi, trasuda dolore e, rispetto all’esordio “Spaventapasseri”, si mostra più istintivo, più impetuoso, senza farsi però mancare il lato armonioso e struggente. E, ancora, come per i testi, visto il concetto di fondo dell’album, ad un’analisi superficiale e poco attenta, quest’ultima caratteristica “antitetica” potrebbe sembrare a prima vista stonata ma è, in realtà, un elemento fondamentale che rende il tutto ancor più credibile e straordinario, tassello azzeccatissimo di un’opera perfetta.

L’ascolto può ora iniziare.

Il brano è incentrato sullo sfruttamento dei bambini nelle miniere di diamanti in Sierra Leone. Il traffico di questi “Cristalli di Sangue” alimenta quello delle Armi. In una guerra senza fine a farne le spese sono, come al solito, i bambini. Lo slogan “Un diamante è per sempre”, sembra trasformarsi in “Anche una mutilazione è per sempre”. Sul finale il sogno di diventare calciatore del protagonista si infrange nel letto di un ospedale.

Sierra Leone. I primi minuti del brano d’apertura sono tutti (soprattutto) nelle mani di Costa. Inizialmente è il piano a ricamare una melodia delicata ma inconsciamente tesa. Poi è il synth a scombussolare i piani, sostituito infine dal mellotron e sorretto alla grande dalle ritmiche e dalle distorsioni. E si avanza a passo spedito sino all’ingresso della teatrale voce di Cecchini, una garanzia, e l’atmosfera si fa incandescente, molto Il Bacio della Medusa. Il percorso sonoro “accidentato” che accompagna il canto è sensazionale e si accalora col trascorrere dei secondi sino a lanciare un segmento turbolento e corvino da urlo (che si ripete poco oltre). E l’assolo di Coloretti stempera un po’ il clima, prima di riprendere a lanciare sassate violente. E c’è ancora spazio per il “riavvolgimento” del nastro con il ritorno del piano romantico, questa volta impreziosita dal canto da brividi di Cecchini. Un avvio da incorniciare. Venite bimbi in mezzo al fango / Oggi a scuola non ci andrete è chiusa! / Il sole in alto è un compasso / Pianta il puntello e gira sulla schiena curva / Come un topo sulla pancia sento la fame e la stanchezza… / Scava! Scava! Scava! […] / Venite Bimbi alla battaglia / Oggi al circo non ci andrete… è chiuso / Forza imbracciate la mitraglia / Questo è il gioco della guerra / Quella Vera… Vera / Spara! Spara! Sparerà! […].

Aldo Bianzino viene arrestato il 12 ottobre 2007 dopo che una perquisizione nella sua abitazione di Pietralunga (PG) porta alla scoperta di alcune piante di marijuana. Aldo viene subito internato in una cella del Carcere di Capanne (PG) dove perderà la vita. Al figlio Rudra e alla moglie Roberta verrà permesso di rivedere il corpo dell’uomo solo dopo l’autopsia.

Dodici di Ottobre sorge ora il sole / Sono entrati in cinque fanno un gran rumore / Rudra abbraccia il padre che non tornerà…. […]. Una cappa nera cala immediatamente all’avvio di Martirio d’un Falegname, tra distorsioni sabbathiane e atmosfera alla Antonius Rex. La deflagrazione definitiva avviene con l’ingresso in scena violento di Cecchini. Poi largo spazio alla poesia toccante col duetto voce/piano, un po’ Banco. Da pelle d’oca. Tutto muta ancora poco oltre, spaziando tra elettronica krauta e sperimentazione battiatiana, prima di ritornare sulla carreggiata iniziale. E c’è ancora tempo per un nuovo momento commovente prima di scivolare via in punta di piedi.

Iris è lo pseudonimo di Italia Donati, un’insegnante italiana vittima di una vicenda di diffamazione che la condusse al suicidio. La maestra, infatti, non assecondò le numerose avances del sindaco di Porciano (PT) dove prestava servizio. Additata da un’intera comunità come una poco di buono, la notte del 31 maggio 1886, la donna camminò nel buio fino alla gora del vecchio mulino ad acqua sul fiume Rimaggio. Fermò le sottane con due spille da balia per scongiurare l’umiliazione di venire trovata con le gambe scoperte, e si lanciò nelle acque con un salto.

Un’essenza spirituale, quasi alla Camisasca, pervade le prime battute di Canzone per Iris. Poi le ritmiche di Freddi e Mariotti cambiano il registro del brano, donando verve all’episodio, con Cecchini che si getta a capofitto nel nuovo quadro. Ma è un brano dei Fufluns e quindi il continuo “cambio d’abito” è d’obbligo ed è così che il segmento iniziale torna con indole leggermente diversa, soprattutto sul lato vocale sdoppiato. In seguito si riprende con passione ma è un saliscendi emotivo senza sosta e così sarà sino alla fine. […] Prendete questo corpo / Su cui pensate il torto / Punite chi mi rovinò / Possa il mio buon nome / Lavarsi del lerciume / Di colui che lo insozzò… […].

Alias Omar Roberto Venturelli Leonelli, era stato uno dei sacerdoti che in Chile aveva guidato i “Mapuche” nell’occupazione delle terre regalate ai coloni europei e per questo venne sospeso “a divinis” dal vescovo Bernardino Piñera (zio del Presidente omonimo). Diventato professore all’Università Cattolica di Temuco, si era poi sposato. Il 16 settembre del 1973, dopo il golpe di Pinochet, venne arrestato e dal 4 ottobre nessuno ne seppe più nulla.

Hard prog magmatico quello che si palesa con Desaparecido Italiano. Ritmiche tirate, tastiere vulcaniche, chitarre esplosive: momento eccezionale. Calano i giri quando compare la voce teatrale ed unica di Simone, ma l’atmosfera cupa, anche se mutata, resta palpabile grazie soprattutto alle corde di Coloretti. In alto i calici cari compagni di rivoluzione / Siano rimesse le terre come noi ce le riprendiamo dal nostro oppressore / Col nostro sangue non sia mai più fatta la Sua volontà… / Ma quale Dio vorrebbe mai / Il male che ci fate? / Ma quale Dio darebbe / Ai figli suoi questa povertà? […]. Tra Deep Purple e Black Sabbath quanto segue, rabbioso e coriaceo. A metà percorso tutto cade in un “vuoto cosmico” che viene riempito soavemente da Coloretti, col suo tocco etereo, classicheggiante, mediterraneo. E il crescendo che chiude il brano è da brividi.

In Bosnia ed Erzegovina il 9 novembre 1993 le truppe Croate distruggono il ponte ottomano della città di Mostar. Lo Stari Most era un simbolo di unione fra le due parti della città abitate da etnie diverse. Mentre odio e morte trionfano su tutto, nasce un bambino che incarna la speranza di una futura rinascita. Il ragazzo cresce e con lui la città ritorna agli antichi fasti. È Il Tuffatore dello Stari Most che si ergerà sul ciglio del ponte ricostruito, in un gesto trionfale.

Un po’ orientalizzante e un po’ new wave la partenza di Il Tuffatore dello Stari Most, che avanza senza ostacoli, avviluppante e ipnotica, sino alla deflagrazione vocale di Cecchini. Rosa che sboccerà / Dopo la semina dei mortai / Ridipingerà / Di rosso sangue ad Est la città… / Grandine su di noi / Di schegge e vetro giù dai solai / L’odio non avrà / Il figlio che oggi lei partorirà… […]. Il cammino muta di poco finché lo stesso cantante, ottimamente coadiuvato dai fidi compagni, chitarra in primis, muta il clima di fondo, rendendolo dolce e sofferente allo stesso tempo (come farà ancora sul finire), prima di riprendere il tracciato plumbeo. Nasce un bambino nel giorno in cui il ponte crolla sotto i colpi del cannone / Ma lui vedrà ancora lo Stari Most… […].

A parlare in prima persona è lo spirito della combattente curda Asia Ramazan Antar. Asia aveva attirato l’attenzione internazionale nel 2015 quando una fotogiornalista le aveva scattato delle foto appellandola come “l’Angelina Jolie curda”. Molti siti mediatici hanno ripreso le foto e hanno confrontato Asia anche con l’attrice spagnola Penélope Cruz. Quando morì, i media riportarono la notizia come “L’Angelina Jolie curda è morta”, sottolineando in ogni momento la somiglianza fisica tra le due e raramente discutendo della sua partecipazione alla lotta contro l’ISIS. Questa continua comparazione con l’attrice venne duramente condannata dai sostenitori della causa curda e da altri combattenti. Il testo si ispira anche alla poesia “Io Vado, Madre” del poeta curdo Abdullah Goran: “Io vado, madre. Se non torno, sarò fiore di questa montagna, frammento di terra per un mondo più grande di questo. Io vado, madre. Se non torno, il corpo esploderà là dove si tortura e lo spirito flagellerà, come l’uragano, tutte le porte. Io vado…madre… Se non torno, la mia anima sarà parola …per tutti i poeti.”

Ballata acustica molto soave Rosa del Deserto. È Cecchini a guidare il gruppo, caldo e coinvolgente il suo canto, mentre la chitarra acustica avanza indisturbato prima di ricevere aiuto dagli altri effettivi. Poi Costa decide che è giunto il tempo di cambiare le carte in tavola e col suo piano lancia la trasformazione, ottimamente colta dalle ritmiche irregolari di Mariotti e Freddi e dall’assolo di Coloretti (lo stesso tastierista prende in mano altri tasti, decisamente più “densi”). E Cecchini non può certo esimersi dal dare il suo contributo e lo fa, come sempre, alla grande, gettando fiato e cuore, prima di “chiudere il cerchio”. […] Certo anch’io mi pitturavo gli occhi neri di Jackal / Ma non pensatemi… care non fatelo mai… come voi / Qualcuno avrà fantasticato su noi donne in uniforme / Ma non credeteci dal cuore fragile… non lo saremo mai / Chi ci ha chiamato amazzoni o col nome d’una attrice /Ma non siamo come voi… Non siamo come voi […].

Il brano è un omaggio a fra Claudio Canali del Biglietto per l’Inferno che sceso dal palco aveva abbracciato la vita monastica passando per il movimento Hare Krishna. «Qui ho trovato quello che dovevo essere, liberandomi da quello che semplicemente avrei dovuto essere». Nel giorno del suo addio alla vita terrena i confratelli lasciarono questo messaggio: «Fra Claudio ha concluso la sua avventura terrena. Adesso riposa tra le braccia della Vergine Maria». Il Blu Oltremare è un pigmento ottenuto da lapislazzuli, usato un tempo per affrescare le vesti della Madonna.

Lascio la vita su cui voi edificate / Con tanto affanno mausolei / Di Fango e vanità… […]. Come una carezza vellutata giunge la mandola elettrica (suonata da Mariotti) di Blu Oltremare. Un lungo momento di calma che continua con lo struggente piano di Costa e la voce tenera di Cecchini. Davvero emozionante il prosieguo con Coloretti che aggiunge piccoli “graffi” senza scalfirne la sensazione di fondo. Ma qualcosa è nell’aria e il percorso si fa sempre più carico, focoso, ma senza eccedere con preziosismi inutili. Sono gli ultimi minuti quelli che esprimono più rabbia, tra chitarre distorte, assoli di batteria e tastiere “squillanti”. Ma Costa sul finire ci dà nuovo assaggio prelibato del suo piano, ben “sedotto” da Coloretti.

“Zvonok Putinu”, nel gergo dei servizi di sicurezza russi vuol dire “Telefonata a Putin”. Questa pratica viene utilizzata per torturare i prigionieri e consiste in una dinamo che fa passare scariche elettriche in tutto il corpo, attraverso il lobo dell’orecchio. Il brano vuole denunciare la persecuzione degli omosessuali in Cecenia. Ventisette persone sarebbero state prelevate dalle proprie abitazioni ed uccise nella notte del 26 gennaio del 2016 senza essere formalmente arrestate. All’accusa di aver illegalmente allestito un vero e proprio campo di concentramento per i gay ad Argun, i rappresentanti delle autorità locali rispondono: “In Cecenia non ci sono gay!”

E come uno schiaffo violento in pieno viso arriva Telefonata a Putin. È Costa a “tirare il carro” inizialmente, con il suo preziosismo che si muove concettualmente tra Festa Mobile e Fabio Celi e gli Infermieri. E sul carro saltano quasi subito tutti gli altri compagni creando un brano tiratissimo, rovente, con Cecchini ispiratissimo e furioso. Ma, come da abitudine, con i Fufluns c’è da attendersi di tutto ed ecco che ogni cosa scompare tra le note diluite di Coloretti, un filo esile che si aggroviglia lievemente intorno a piano, voce e ritmiche. Tutto è più passionale ed esplode nuovamente poco oltre. […] Bestie al gabbio chiuse a chiave senza più dignità / Questa vostra inquisizione non ci estinguerà!!!.

È la voce dei bimbi di Aleppo nella Siria Settentrionale, caduti o sopravvissuti ai bombardamenti. Vittime di una strage senza fine passata al vaglio dal nostro occhio miope, in un barbaro silenzio di disumana indifferenza. Una vera e propria mattanza, un paese ridotto ad un ammasso di macerie e un popolo trasformato in una moltitudine di profughi. Le bombe non hanno risparmiato scuole, ospedali, mercati ed altri edifici civili. Bambini a cui è stata strappata via la propria infanzia e che, oltre a non poter giocare e sorridere, non sono più neppure in grado di piangere.

Canto dei Bambini Senza Voce. Il brano che chiude Refusés prende vita da un nuovo e incredibilmente emozionante frammento di piano, poi ben impreziosito dalla chitarra. Successivamente tutto si fa tenebroso, la tensione sale a livelli altissimi sino a sfociare in lande Metamorfosi, drammatiche e vulcaniche. Lascia senza parole l’interpretazione di Cecchini, mentre la coppia ritmica crea un sottobosco eccellente per le camaleontiche tastiere di Costa. Guarda in alto su nel cielo / Viene un corvo tutto nero / Sulle ali una bandiera / E una stella tutta nera / Scende un uovo tra le case / A macerie trasformate / S’alza in coro un gran lamento / Con la nebbia di cemento / Vedo impallidire i volti degli altri bambini intorno a me […]. È un continuo mutare quello che segue, tra alti e bassi, vuoti e pieni, sino a riprendere il discorso iniziale. Poesia a piene mani che conduce sino alla conclusione affidata al recitativo di Beppe Corna.

Non credo sia azzardato nominare Refusés album Prog dell’anno. Strepitoso.

 

 

ENGLISH VERSION

FUFLUNS

Refusés (2021)

Ma.Ra.Cash Records

 

Supergroup. There is no other word to introduce Fufluns, a combination of incredible talents ‘borrowed’ from bands such as Il Bacio della Medusa, Prowlers, Daal, Tilion, Mr.Punch, La Bocca della Verità, The Watch and Egoband. And when you find yourself in front of a supergroup you can (and should) only expect something super(b). And so it is.

But let’s proceed in order. First of all, introductions. Fufluns are Simone Cecchini (vocals, charango, acoustic guitar, harmonica), Alfio Costa (piano, mellotron, Moog Sub37, Hammond organ, Minimoog, Roli seaboard), Simone Coloretti (electric guitars, acoustic guitar, classical guitar), Guglielmo Mariotti (bass, bass pedal, electric mandola, 12-string electric guitar) and Marco Freddi (drums).

The title of the work, instead, is inspired by Beppe Corna’s “Refusés” (who also lends his voice in the final track), seventeen sculptures made of earthenware, cloth and acrylic paint. They represent manhood’s social exclusion, looking like lonely masks with grotesque shapes. They wear clothes quite similar to straitjackets, forced by the strict society they live in. They are those who are outsiders by nature, silent and stubborn, celebrating their own kind of outcry. And these “refused” characters are transposed by the Fufluns in reality, through cruel lyrics (written by Cecchini) that deal with current issues, real, guilty forgotten by all (or almost), with a high-level alternation of violence and poetry, anger and melody. In “Refusés” you breathe the same air as the characters narrated, you feel their pain… you smell the stench of truth… there is blood… flesh… life and death (Simone Cecchini, words taken from the exclusive interview with Fufluns. Read it here in Italian).

And, as for the lyrics, also the musical aspect, which is developed through the exceptional performances of Costa, Coloretti, Mariotti and Freddi, exudes pain and, compared to the debut “Spaventapasseri”, is more instinctive, more impetuous, but without missing the harmonious and poignant side. And, again, as for the lyrics, given the concept of the album, at a superficial and not very careful analysis, this last “antithetical” characteristic could seem at first sight out of tune, but it is, in fact, a crucial element that makes the whole even more credible and extraordinary, a perfect piece of a perfect album.

Listening can now begin.

The lyric focuses on children’s exploitation inside Sierra Leone’s diamond mines. This “Blood Crystals” market encourages guns trafficking and children pay the price, as usual, of this endless war. The well known “a diamond is for ever” theme seems to turn into the sentence “a mutilation is for ever”. At the end of the song, the main character’s dream to become a soccer player breaks down into a hospital bed.

Sierra Leone. The first few minutes of the opening track are all (mostly) in Costa’s hands. Initially it is the piano that embroiders a delicate but unconsciously tense melody. Then it’s the synth that messes up the plans, finally replaced by the mellotron and excellently supported by rhythms and distortions. And the piece advances at a rapid pace until Cecchini’s theatrical voice appears, a guarantee, and the atmosphere becomes incandescent, close to Il Bacio della Medusa. The “bumpy” sound path that accompanies the singing is sensational and gets hotter as the seconds go by until it launches an astonishing turbulent and black segment (which is repeated shortly afterwards). And Coloretti’s solo dampens the mood a bit, before resuming throwing “stones” violently.  And there’s still room to “rewind” the tape with the return of the romantic piano, this time enhanced by Cecchini’s chilling singing. A start to be framed. Venite bimbi in mezzo al fango / Oggi a scuola non ci andrete è chiusa! / Il sole in alto è un compasso / Pianta il puntello e gira sulla schiena curva / Come un topo sulla pancia sento la fame e la stanchezza… / Scava! Scava! Scava! […] / Venite Bimbi alla battaglia / Oggi al circo non ci andrete… è chiuso / Forza imbracciate la mitraglia / Questo è il gioco della guerra / Quella Vera… Vera / Spara! Spara! Sparerà! […].

On October 12, 2007, after been found guilty of keeping some cannabis plants inside his home in Pietralunga (PG), Aldo Bianzino got arrested and locked up in Capanne’s jail. There, he was later found dead. His son Rudra and wife Roberta were only allowed to see Aldo’s body until after his autopsy.

Dodici di Ottobre sorge ora il sole / Sono entrati in cinque fanno un gran rumore / Rudra abbraccia il padre che non tornerà…. […]. A black cloak immediately descends at the start of Martirio d’un Falegname, amidst Sabbathian distortions and an Antonius Rex-like atmosphere. The final explosion comes with the violent entry of Cecchini. Then space is given to touching poetry with the voice/piano duet, a bit like Banco. Gooseflesh. Everything changes a little further, ranging between Kraut electronics and Battiatian experimentation, before returning to the initial path. And there is still time for another moving moment before tiptoeing away.

Iris, alias Italia Donati, was an italian teacher who got slandered, leading her to commit suicide. She didn’t support the countless sexual proposals made by Porciano’s village major, where she worked. The whole community considered her as a loose woman. For this reason, in the night of May 31, 1886, she walked in the dark to the old mill near Remaggio’s river, stopped her long skirt with two pins to avoid public humiliation from being found with open legs, jumped in the water and drowned.

A spiritual atmosphere, almost Camisasca-like, pervades the first moments of Canzone per Iris. Then the rhythms of Freddi and Mariotti change the register of the track, giving verve to the episode, with Cecchini throwing himself headlong into the new “picture”. But it’s a Fufluns song and so the continuous “change of clothes” is a must, and so it is that the opening segment returns with a slightly different character, especially on the doubled vocal side. Then it starts again with passion but it’s a non-stop emotional up and down, and so it will be until the end. […] Prendete questo corpo / Su cui pensate il torto / Punite chi mi rovinò / Possa il mio buon nome / Lavarsi del lerciume / Di colui che lo insozzò… […].

Omar Roberto Venturelli Leonelli was one of the priests who led the “Mapuche” community to Chile to conquer some lands given to European settlers, for this reason he was suspended “a divinis” by bishop Bernardino Piñera from his charge. He got married afterwards and became teacher to the Temuco’s Catholic University. On September 16, 1973, he got arrested after Pinochet’s coup, since then nobody got any news about him anymore.

Desaparecido Italiano shows itself initially with a magmatic hard prog. Strong rhythms, volcanic keyboards, explosive guitars: an exceptional moment. The pace drops when Simone’s theatrical and unique voice appears, but the dark atmosphere, even if changed, remains tangible thanks to Coloretti’s strings. In alto i calici cari compagni di rivoluzione / Siano rimesse le terre come noi ce le riprendiamo dal nostro oppressore / Col nostro sangue non sia mai più fatta la Sua volontà… / Ma quale Dio vorrebbe mai / Il male che ci fate? / Ma quale Dio darebbe / Ai figli suoi questa povertà? […]. Between Deep Purple and Black Sabbath what follows, angry and leathery. Halfway through, everything falls into a “cosmic void” that is gently filled by Coloretti with his ethereal, classical, Mediterranean touch. And the crescendo that closes the track is chilling.

On November 9, 1993, Croatian troops destroyed the ottoman bridge of Mostar city in Bosnia-Erzegovina. The Stari Most bridge was a symbol of union between the two parts of the city, populated by various ethnic groups. While hatred and death seem to rule above all, a child was born, becoming hope for a future renaissance. This child grows up and with him Mostar city returns to its ancient beauty. He’s the Stari Most diver, who’ll stand on the edge of the rebuilt bridge with a gesture of triumph.

The start of Il Tuffatore dello Stari Most is a bit oriental and a bit new wave, advancing with no obstacles, enveloping and hypnotic, until Cecchini’s vocal explosion. Rosa che sboccerà / Dopo la semina dei mortai / Ridipingerà / Di rosso sangue ad Est la città… / Grandine su di noi / Di schegge e vetro giù dai solai / L’odio non avrà / Il figlio che oggi lei partorirà… […]. The path changes slightly until the singer himself, well assisted by his faithful companions, guitar above all, changes the background atmosphere, making it sweet and painful at the same time (as he will do again towards the end), before resuming the leaden route. Nasce un bambino nel giorno in cui il ponte crolla sotto i colpi del cannone / Ma lui vedrà ancora lo Stari Most… […].

Speaking of herself in this song is the spirit of the kurdish fighter Asia Ramazan Antar. She drew worldwide attention when, in 2015, a reporter took some pictures giving her the nickname of “the kurdish Angelina Jolie”. A lot of media also used these pictures only to talk about the similarities with the spanish actress Penelope Cruz. When Asia died on the battlefield, they reported the news with the title: The kurdish Angelina Jolie is dead”, continuing to point out the physical resemblance between the two woman and barely speaking about Asia’s battle against ISIS. Supporters of the kurdish side strongly condemned all this. Lyrics of the song take also inspiration by the poem “ I go, Mother” of the kurdish poet Abdullah Goran: “I go, Mother. If I don’t come back I will be a flower of this mountain, a fragment of soil for a world bigger than this. I go, Mother, if I don’t come back the body will explode where it tortures itself and the ghost will scourge, like a hurricane, every door. I go, Mother, if I don’t come back, my soul will become word to all poets.”

Very tender acoustic ballad Rosa del Deserto. Cecchini leads the group, his singing is warm and engaging, while the acoustic guitar advances undisturbed before receiving help from the other members. Then Costa decides it’s time to change the cards on the table and with his piano launches the transformation, perfectly captured by the irregular rhythms of Mariotti and Freddi and by Coloretti’s solo (the same keyboard player uses other keys, decidedly more “dense”). And Cecchini doesn’t hesitate to give his contribution and does so, as always, in a magnificent way, throwing his heart and breath before “closing the circle”.[…] Certo anch’io mi pitturavo gli occhi neri di Jackal / Ma non pensatemi… care non fatelo mai… come voi / Qualcuno avrà fantasticato su noi donne in uniforme / Ma non credeteci dal cuore fragile… non lo saremo mai / Chi ci ha chiamato amazzoni o col nome d’una attrice /Ma non siamo come voi… Non siamo come voi […].

This song is a tribute to Friar Claudio Canali (main singer, flutist of the historical italian prog band “Biglietto per L’Inferno”) who decided to take a break from his musical activity to follow a religious life through the Hare Krishna movement. He said: “Here I found what I was meant to be, I freed myself from what I should have been.”. On the day he died, his spiritual brothers left this message to remember him: “Friar Claudio’s journey on Earth has ended. He now lies between Holy Mary’s arms.” The “ocean blue” colour is a pigment made by lapis lazuli used to paint Mary’s garments during medieval renaissance era.

Lascio la vita su cui voi edificate / Con tanto affanno mausolei / Di Fango e vanità… […]. Like a velvety caress comes the electric mandola (played by Mariotti) of Blu Oltremare. A long moment of calm continues with Costa’s touching piano and Cecchini’s tender voice. The continuation is really exciting with Coloretti that adds little “scratches” without affecting the feeling. But something is in the air and the path becomes more and more loaded, fiery, but without exceeding with useless preciousness. The last minutes are the ones that express more anger, among distorted guitars, drum solos and lively keyboards. But, in the end, Costa gives us another delicious taste of his piano, well “seduced” by Coloretti.

The sentence “Zvonok Putinu” means “a call to Putin” translated into russian security service common slang. This cruel torture tecnique consists of a dynamo that electrocutes the whole body passing through the earlobe of the prisoner. This song speaks out against homosexual harassment made in Chechnya. 27 people were taken from their homes and killed in the night of January 26, 2016, without being officially arrested first. Representatives of the local authorities, accused of having set up a concentration camp for gay people in Argun, replied saying: “There are no gays in Chechnya”.

And like a violent slap in the face comes Telefonata a Putin. It is Costa who initially “pulls the cart”, with his preciosity that moves conceptually between Festa Mobile and Fabio Celi e gli Infermieri. And almost immediately all the other bandmates jump on the “cart”, creating a very tight, red-hot song, with Cecchini inspired and furious. But as usual, with Fufluns you can expect anything and everything disappears among the diluted notes of Coloretti, a thin thread that gets slightly tangled with piano, voice and rhythms.  All is more intense and explodes again shortly afterwards. […] Bestie al gabbio chiuse a chiave senza più dignità / Questa vostra inquisizione non ci estinguerà!!!.

This is the voice of Aleppo’s children, in the north side of Syria that have died or survived to the bomb attacks. They are victims of an endless massacre almost ignored by everyone in the world, under a shameful silence. It’s a real tragedy, a whole country reduced to rubble with its citizens that are now refugees. Bombs destroyed schools, hospitals, markets and many other civil buildings. Those children, whose childhood was ripped off, can’t play or smile, not even cry anymore.

Canto dei Bambini Senza Voce. The final track is brought to life by a new and incredibly moving piano fragment, then nicely enriched by the guitar. Subsequently, everything becomes dark, the tension rises to very high levels until it flows into the dramatic and volcanic Metamorfosi lands. Cecchini’s performance leaves you speechless, while the bass and drums create an excellent undergrowth for Costa’s chameleonic keyboards. Guarda in alto su nel cielo / Viene un corvo tutto nero / Sulle ali una bandiera / E una stella tutta nera / Scende un uovo tra le case / A macerie trasformate / S’alza in coro un gran lamento / Con la nebbia di cemento / Vedo impallidire i volti degli altri bambini intorno a me […]. What follows is a continuous mutation, among highs and lows, full and empty spaces, until the initial theme is resumed. A full-blown poem that leads to the conclusion assigned to Beppe Corna’s recitative.

I don’t think it’s an exaggeration to nominate Refusés as Prog album of the year. Astonishing.

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