Blue Morning – Blue Morning

BLUE MORNING

Blue Morning (1973)

Tomorrow

 

Primo ed unico disco per questa band romana nata come trio nel 1965, col nome di Guerrieri, e diventata Blue Morning nel 1972 con l’arrivo di Sandro Ponzoni (basso), Alvise Sacchi (percussioni) e Roberto Ciotti (chitarra) a dar man forte ai due “sopravvissuti” Maurizio Giammarco (sax, flauto, tastiere) e Alfredo Minotti (batteria).

Disco piuttosto “lineare”, ma non prevedibile, di ottima fattura jazz, con eccellenti individualità (batteria e fiati su tutti). Alcuni elementi rimandano ai Soft Machine, altri ai Napoli Centrale (soprattutto nell’utilizzo del sax). L’album è composto da cinque brani dai titoli molto particolari (vedi Danza dei palombari lottatori o Panini volanti).

La copertina, molto minimalista (non compare né il nome della band, né il titolo dell’album, ma solo un batterista rappresentato di spalle, stilizzato, seduto su un rullante, fermo a contemplare), è stata disegnata da Alvise Secchi. Nelle note del disco la band descriveva l’opera come risultato di una ricerca musicale condotta per molto tempo in modo del tutto autonomo e non senza sacrifici vari.

Danza dei palombari lottatori. Il solo titolo vale l’ascolto (e anche l’acquisto del disco). I primi tre minuti del brano sono di riscaldamento. È una sorta di jam-session tra amici, in cui ognuno prova il suo strumento. A seguire il brano prende più forma, con, in evidenza, la sezione ritmica e il sax di Giammarco. La seconda parte del brano è completamente occupata da un fitto dialogo tra batteria (con Minotti che fa la parte del leone) e chitarra.

Panini volanti. Anche in questo caso, per il titolo, vale quanto detto per il brano precedente. La batteria di Minotti continua il lavoro iniziato in Danza dei palombari lottatori, prima in compagnia del sax (che ritorna nel finale), poi della chitarra (in questo caso distorta, nel precedente era pulita). Tutto molto vivace, eccezion fatta per la parte finale. Davvero una piacevole creatura jazz.

In Farfalle nella pancia il dialogo musicale è tra flauto e batteria, con brevi inserti di chitarra e tastiere. Dai primi secondi quasi celestiali (nel senso di vicinanza alle opere dei Celeste), si passa poi ad una esecuzione sfacciatamente jazz, prima della calma finale.

Belmont Plaza. Dopo un primo minuto di “relax”, il brano decolla con le solite percussioni e il sax di Giammarco (raffrontabile con i virtuosismi di James Senese) in una nuova avventura dai soliti toni jazz. Il sax sarà poi scalzato da una nuova prova d’abilità della chitarra, ma tornerà di nuovo in scena dopo i sei minuti, quasi in solitaria (la batteria si limita a qualche colpo in sottofondo, solo nell’ultimo minuto del brano sarà presente “seriamente”) e con sprazzi di follia.

Una sera di luglio, in città, dopo una cena col morto. Anche in questo caso il titolo merita. Musicalmente assistiamo a un nuova “chiacchierata” tra sax, percussioni e chitarra.

Alcune curiosità: l’album è stato prodotto da Antonello Venditti, per la piccolissima etichetta Tomorrow, la quale ha prodotto solo un altro album, oltre al nostro (“Sud”del jazzista Mario Schiano, sempre nel 1973). Nello stesso anno Alvise Secchi realizzerà anche la copertina dell’album “L’orso bruno” dello stesso Venditti.

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