Huminoita – All is Two

Huminoita (2015) All is Two

HUMINOITA

All is Two (2015)

Luova Records

Secondo lavoro in studio per i finlandesi Huminoita. Con All is Two, Ville Mäkäräinen (chitarra, flauto, voce, synth), Timo Keränen (chitarra, percussioni), Ville Mäkinen (basso), Jonne Ketola (batteria) e Matti Salo (sax, tastiere, voce, synth), proseguono il percorso iniziato con l’album d’esordio omonimo (2010) “rettificando” un po’ le idee, innanzitutto “perdendo” il cantato (in verità utilizzato relativamente poco nella prima occasione) in favore di più adatti giochi vocali, e accentuando altri aspetti più “riflessivi” ed evocativi che, alla lunga, diventano il marchio di fabbrica del gruppo.

Frangenti psichedelici, soluzioni “post” caratterizzate da suoni spesso “grezzi” e atmosfere dense che a tratti si muovono tra Red Sparowers, The Evpatoria Report, Caspian, Godspeed You! Black Emperor (ma anche Verdena), fanno di All is Two un intrigante viaggio lisergico da cui emergono, nella sua natura “strumentale”, anche i suggestivi vocalizzi “ammaliatori” forgiati da Mäkäräinen & Co.

Per ottenere il massimo profitto dalle proprie idee, il gruppo scandinavo si avvale, per la parte musicale, della collaborazione di Laura Lehtola (voce in The SheriffHymn 23 e The Pilgrim) e di Oula Karppinen (sassofoni, tromba in King of Hearts), mentre affida la sezione grafica, piuttosto rilevante nella lettura complessiva del lavoro, a Satu Wiinikka. La cover, piuttosto “ermetica” ad un primo sguardo, sembra racchiudere in sé l’essenza del titolo dell’album “tutto è due”: il messaggio di fondo è la dualità vita-morte rappresentata dalle due teste d’elefante e dalle loro “doppie” caratteristiche (bianco/nero e carne/ossa), e questo “ciclo binario” si perpetua all’infinito, come suggerito dalle proboscidi incrociate.

All is Two si apre con le dilatazioni chitarristiche evocative di The Sheriff, un mix tra della sana psichedelia e Jeff Buckley. La “presenza” di quest’ultimo diventa ancor più palpabile con l’ingresso dei magnetici vocalizzi stratificati cui partecipa anche Laura Lehtola. È un avvolgente crescendo d’intensità quello che si scorge col trascorrere dei secondi, grazie soprattutto all’ispessirsi delle chitarre (con assolo incluso) e delle ritmiche, che sfocia poi nella quiete malinconica dei momenti finali.

Fintamente “vacuo” l’avvio di Hymn 23 dove, sulla semplice base ritmica di Ketola, una delle due chitarre si muove “senza peso”, mentre Mäkinen al basso, in sottofondo, si mostra decisamente più vitale. Come nel brano precedente, anche in questo caso il tutto si addensa un po’ per volta, giungendo al nuovo intervento vocale corale, ottimamente fuso con le chitarre e il basso. Nell’ultima parte le distorsioni prendono il sopravvento in un’atmosfera intensamente avviluppante e quasi caotica, a tratti un po’ alla Verdena.

Goliath è un flusso continuo distorto, compatto e “seducente” che sviluppa una stessa melodia sotto varie forme sonore, prima di piombare in un temporaneo caos sinistro a metà percorso.

Con The Pilgrim, almeno nei primi minuti (e poi sul finire), gli Huminoita scelgono un’altra via, quella tenera ed acustica. Ed è sui lievi tocchi di chitarra e basso (a seguire anche la batteria di Ketola darà il suo “minimo” contributo), arricchiti da eterei vocalizzi, che veleggia la prima parte del brano. I primi mutamenti si hanno con l’ingresso del romantico sax di Salo e poi con l’aumento di “giri” e il tocco seventies del flauto di Mäkäräinen, sino alla drastica ed esplosiva virata in cui il clima si fa graffiante ed irrequieto.

King of Hearts. Dopo un avvio che potrebbe tranquillamente provenire dall’album “Doremi Fasol Latido” degli Hawkwind, entrano in scena i soliti cori incantatori che, intrecciati abilmente alla chitarra distorta, donano uno strano senso di smarrimento. A seguire è un fiume in piena di suoni e colori scuri e drammatici (una miscela di Red Sparowers e Marlene Kuntz), poi il “vuoto”: una sola chitarra (poi due) accarezza l’aria creando un sinuoso percorso ipnotico. Il “risveglio” è affidato alle pelli di Ketola, dapprima tumultuose, poi regolari, e alle evocazioni sonore di Mäkäräinen, Keränen, Mäkinen e Salo, in cui ritornano prepotentemente i nostri Verdena.

Hymn 24. Drammatico il commiato di All is Two affidato alle “dolenti” chitarre di Mäkäräinen e Keränen: malinconiche, avvolgenti e “imperscrutabili”, le loro note tendono l’ultimo ombroso velo su un lavoro suggestivo, da ascoltare più volte per poter essere assimilato nel modo giusto.

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