Latte e Miele – Passio secundum Matthæum – The complete work

LATTE E MIELE

Passio secundum Matthæum – The complete work (2014)

Black Widow Records

Hai per le mani un album, leggi sulla copertina “Latte e Miele – Passio secundum Matthæum” e pensi: non mi è nuovo… Poi ti soffermi meglio e noti la dicitura “The complete work”, la cover (completamente diversa dall’originale), e l’anno (2014), e allora inizi a comprendere qualcosa, ma è solo ascoltandolo che, infine, tutto si fa chiaro: i Latte e Miele son tornati alle origini donando una nuova “veste” al loro album d’esordio datato 1972.

Con l’ascolto ti accorgi subito di non essere di fronte ad una “operazione nostalgia” o ad una pedissequa riproposizione di un album di oltre 40 anni fa, ma noti che i membri storici del gruppo, Marcello Giancarlo Dellacasa (chitarra classica ed elettrica), Oliviero Lacagnina (piano, tastiere), Alfio Vitanza (batteria, voce) e Massimo Gori (basso, voce), quest’ultimo da sempre “uno di famiglia” (entrato però a far parte della band in un momento successivo all’uscita dell’album), hanno fatto davvero le “cose in grande”.

Tutto è partito da Lacagnina. In questi anni l’artista ha continuato a comporre i “capitoli” che un giorno avrebbero ampliato il racconto evangelico musicato dai Latte e Miele. Con gli amici di sempre, poi, il tutto è stato sviluppato, guidati dalla volontà di dare una nuova lettura all’opera (non al tema del concept, ovviamente), aggiungendo dunque i nuovi brani e “riadattando” alcuni degli originali, creando, infine, una “versione estesa” dell’album.

Le atmosfere sinfoniche, le cavalcate, i momenti emotivamente coinvolgenti, in poche parole i punti focali dell’opera nata in quel lontano anno, sono stati preservati ed emergono ancor più compatti e “puliti”, grazie anche ad un impeccabile lavoro di studio e di post-produzione e al prezioso contributo di un nutrito gruppo di amici/collaboratori.

Innanzitutto vanno menzionati tutti i narratori che hanno prestato la propria voce recitando i passi tratti dal Vangelo: Silvana Aliotta (Circus 2000), Paolo Carelli (Pholas Dactylus), Giorgio D’Adamo (New Trolls), Aldo De Scalzi (Picchio dal Pozzo), Sophya Baccini (Sophya Baccini’s Aradia), Alvaro Fella (Jumbo), Paolo Griguolo (Picchio dal Pozzo), Max Manfredi, Elisa Montaldo (Il Tempio delle Clessidre), Simonluca, Lino Vairetti (Osanna).

Poi va sottolineato e apprezzato il grande lavoro svolto dal quartetto d’archi dei Gnu Quartet, abili “ricamatori d’atmosfere”, e dal Coro Classe Mista di La Spezia, diretto da Sergio Chierici, nulla da invidiare ai Madrigalisti di Milano che hanno accompagnato Franco Battiato negli album “La voce del padrone” e “L’arca di Noè”.

Introduzione. È il vocalizzo di quello che sembra a tutti gli effetti un muezzin (si, proprio così) ad aprire la versione “2.0” di Passio secundum Matthæum. Scelta particolare. Poi la batteria marziale di Vitanza dà il via al primo segmento sinfonico davvero emozionante dell’album (teatralità ed efficacia degna di una composizione di Ennio Morricone). E a seguire il botta e risposta tra Lacagnina e Dellacasa, tra piano e chitarra, rende decisamente più veemente questa intro che, rispetto all’originale, ha una durata maggiore.

Molto dolce Il giorno degli azzimi, con i morbidi intrecci di chitarra, tastiere e archi e i cori solenni della parte finale. Il primo recitato dell’album è affidato a Paolo Carelli. Il brano del ’72 si concludeva con le parole dell’evangelista (“Quando fu sera, Gesù si mise a tavola insieme ai discepoli; e mentre mangiava disse:”) e di Cristo (“Uno di voi dopo mi tradirà”) che in questa versione, invece, ritroviamo nelle prime battute del brano seguente.

Il giorno degli azzimi sfocia in Ultima Cena. Il verso di Gesù sopraccitato muta l’atmosfera sonora che diventa più malinconica, ma è solo un breve frangente. Ecco che il tarantolato piano di Lacagnina lancia una vorticosa galoppata, un po’ alla PFM, la quale fa da supporto ai cori dei rattristati e “agitati” discepoli (“Son forse io, Signore?”). Si chiude con uno dei momenti chiave della storia evangelica (e con un cambio nella narrazione, con il testimone che passa ad Aldo De Scalzi): Giuda che lo tradiva disse: Son forse io, Signore?.

Un ordito più vivace di chitarra e piano apre Il pane e il sangue dell’alleanza, il primo dei brani inediti. È la voce di Elisa Montaldo ad introdurre la scena dell’eucaristia. Gli archi e la chitarra distorta che accompagnano poi il canto donano molta luce e pathos al brano. Dopo il secondo intervento della Montaldo, il brano diventa più corposo, anche grazie agli interventi corali dei Classe Mista che mettono in risalto la situazione drammatica, prima di re-illuminarsi nel finale.

Molto arioso l’avvio di Getzemani. Le soffici trame di chitarra, tastiera, batteria e archi sono un gran bel tappeto sonoro per la voce di Gori. Stacco netto e scuro intorno ai due minuti e ancora una grande fuga per Lacagnina. Il clima torna sereno poco avanti grazie ai giochi di synth e archi, sempre ben sostenuti da Vitanza alla batteria, sino a giungere al finale corale ed “ecclesiastico” che accorpa il brano “Il processo” del 1972.

Le due parti de “I testimoni” presenti in origine, “ripuliti” di tutta la parte strumentale che segue il cantato e arricchito di ulteriore testo e musica, sono diventati il brano I falsi testimoni. Dopo le parole di Roberto Tiranti (il primo dei tre narratori di questo episodio, con Paolo Griguolo e Simonluca), ecco un gran gioco di voci che personifica i testimoni, una via di mezzo tra New Trolls e Giganti. Musicalmente più composita e dura la risposta del sommo sacerdote. Continui i cambi umorali che contraddistinguono i vari recitativi e gli “spazi” tra gli stessi. Grande prova.

Il pianto. Molto soave la struttura fatta di archi e chitarra su cui si adagiano il delicato canto e il morbidissimo piano. Una riproposizione piuttosto fedele dell’originale.

Il rinnegamento di Pietro – Il mantello. La figura di Pietro è musicata in modo grandioso in questo che è il secondo brano inedito dell’album, in cui troviamo Simonluca e Giorgio D’Adamo a fungere da evangelisti. Dapprima il suo rinnegare è sottolineato dai continui colpi di batteria. Poi il suo rimorso e il suo pianto sono evidenziati magistralmente dagli archi e dal piano, a seguire anche da chitarra e organo. Sul finire i cori, con archi e batteria, accentuano ancor più il “tormento”.

Altro brano nuovo è Il prezzo del sangue. Anche il pentimento di Giuda vede una “progettazione musicale” davvero notevole, ricco di atmosfere mutevoli che descrivono ottimamente lo stato d’animo del traditore per antonomasia. Tutto è ben curato, dagli interventi tastieristici di Lacagnina, ai cambi ritmici di Vitanza e Gori, sino al pregevole uso di archi e cori. In questo caso la narrazione è affidata a Max Manfredi.

Giuda ricalca piuttosto fedelmente il brano originale con l’alternanza di esplosioni hard (meno ruvide del passato) e il canto quasi derisorio.

Leggermente più lineare rispetto ai precedenti, ma con la medesima qualità esecutiva, è Il re del Giudei. Dopo l’introduzione di Silvana Aliotta, il brano si sviluppa dapprima accentuando le parole del recitativo (“Taceva Gesù davanti a Pilato; disse soltanto: sei tu che lo dici… tu che lo dici!”), poi scorrendo con un segmento sintetico e un solo ispirato di Dellacasa.

La breve Barabba, altro inedito, vede protagonisti la voce di Sophya Baccini, avvolta da un clima “minimal-tensivo”, e i cori imponenti che ricordano la scelta del popolo: Barabba.

Toccata per organo. Il lungo soliloquio di Lacagnina all’organo è una “prova di forza” personale ed è uno dei frammenti presenti nella prima parte de “Il calvario” del 1972. Interessanti alcuni passaggi che si muovono tra Doug Ingle degli Iron Butterfly e Rick Van Der Linden degli Ekseption.

Il Calvario. Uno dei momenti più delicati e toccanti dell’episodio evangelico è ricreato in modo solenne e coinvolgente dai Latte e Miele. Dopo i recitativi di Simonluca e Giorgio D’Adamo, ecco i cori, gli archi che accentuano i colpi delle ritmiche, la chitarra “lancinante”: tutto è costruito per emozionare, riuscendoci.

Aria della croce (inedito). Per il momento della crocifissione i Latte e Miele si affidano soprattutto alle parole cantate da Gori. La struttura del brano è meno complessa del solito, piuttosto uniforme, quasi un brano dei Pooh, ben suonato ma senza eccessivi “fronzoli”.

Molto densa La spartizione della tunica, anch’essa una nuova composizione, introdotta dalle parole di Lino Vairetti. Il botta e risposta tra soldati (Latte e Miele) e “coscienza” (cori) è molto rapido e coinvolgente, grazie anche, tra gli altri, a batteria, organo e archi. Nel finale i cori riprendono il toccante canto de Il pianto (con testo diverso).

La breve e “minimalista” Dall’ora sesta all’ora nona si basa solo su archi e chitarra acustica, oltre alla voce di Silvana Aliotta, e ripropone l’ultima parte dell’originale “Il calvario”. Lo stato d’animo che si vive è ricorda “Cantico dei drogati” di Fabrizio De Andrè.

Si riprende a correre con Il velo del tempio – Dies Irae. A farla da padrone la rapidità di batteria, basso ed organo, con interventi di chitarra distorta e i cori sempre presenti e corposi. La voce profonda che introduce il brano è di Paolo Carelli.

Come un ruscello che… La prima parte dell’ultimo capitolo di Passio secundum Matthæum – The complete work è molto dolce e riprende “Il dono della vita” del ’72, arricchendola con i cori e con le parole introduttive di Alvaro Fella e Paolo Griguolo. Il finale chiude il cerchio: torna l’atmosfera sinfonica che ha aperto l’album.

Da segnalare, infine, la doppia dedica dell’opera: il progetto grafico, ricco di rappresentazioni simboliche cristiane, a Storm Thorgerson; l’album a Don Gallo.

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