Quanah Parker – Suite degli Animali Fantastici

QUANAH PARKER

Suite degli Animali Fantastici (2015)

M.P. & Records

Trent’anni di attesa per il primo album, solo tre per il secondo: è questo lo “scherzetto” giocato dai Quanah Parker. E se con “Quanah!” la band “raccontava” la sua storia con un album antologico composto da brani del passato e nuove realizzazioni, con Suite degli Animali Fantastici i Quanah Parker ripartono dall’oggi e si proiettano nel futuro con un tema “antico” (sebbene un piccolo omaggio agli albori lo troviamo anche qui, con i brani Death of a Deer e Make Me Smile).

Perno dell’opera, che segna anche il ritorno di uno dei membri storici del gruppo, Alessandro Monti, già co-produttore di “Quanah!”, è la suite che dà il nome all’album. Il brano “centrale” di quest’album è stato ispirato dal mio amico (ed editore di molti dei miei libri di musica) Edward J. Shanaphy, che dopo aver ascoltato il nostro primo album Quanah! mi ha suggerito l’idea di scrivere una suite (nella più bella tradizione del Rock Progressivo) sull’affascinante soggetto degli “Animali Fantastici” (parole di Riccardo Scivales tratte dal booklet dell’album).

Riccardo Scivales, con le sue tastiere Casio Privia PX-300 e Synthesis Module Korg 05R/W, la voce di Elisabetta Montino, la batteria e le percussioni di Paolo Ongaro, le chitarre elettriche ed acustiche e il basso (negli ultimi tre brani) di Giovanni Pirrotta e Alessandro “Unfolk” Monti, addetto a basso (nel brano di apertura e nella suite), flauto dolce Moeck, campanelle, tabla, claves, triangolo ed effetti sonori (con Bebo “Best” Baldan e Andrea De Marchi), realizzano mondi in cui la scorrevolezza sonora, nonostante la ricchezza di complessità esecutive, e l’eleganza delle ambientazioni emergono nitide.

Un vero e proprio gioiello è l’artwork creato da Elisabetta Montino: dalle due iniziali del nome della band in copertina che sembrano provenire direttamente da codici miniati cenobitici (queste, nella prima edizione limitata a 500 copie, presentano anche inserti in lamina d’oro) ai disegni di creature fantastiche presenti all’interno, pare davvero di avere tra le mani un manoscritto medievale. E nella front cover, al vertice della lettera “Q” di Quanah c’è anche l’invenzione di un totem che con i suoi cinque occhi rappresenta lo sguardo dei cinque componenti della band sulla necessità del fare musica oggi: oltre che un modo di esprimersi, appunto, una necessità! (dall’intervista di Scivales rilasciata ad Athos Enrile).

Da buon “padrone di casa” è Riccardo Scivales ad accoglierci in From distant Lands, brano che apre l’album. Il suo morbido tocco fa da apripista ai giochi di Monti & Co. i quali creano un clima onirico, con un mix di atmosfere levantine e gilmouriane, e su cui si staglia l’inconfondibile voce seduttrice della Montino con le sue “liriche nascoste” fatte di vocalizzi e parole “dilatate”. “Occultato” tra le note di Scivales troviamo, a detta dello stesso musicista, una rielaborazione strumentale di “In volo” del Banco del Mutuo Soccorso.

Suite degli Animali Fantastici. La lunga suite che dà il nome all’album si articola in otto movimenti caratterizzati dai testi scritti da Alessandro Monti: Quello che mi interessava rendere con le parole, non erano le caratteristiche di un particolare animale, ma una sorta di sintesi di varie forme mitologiche, un “animale multiforme” appunto, ma che attraverso i sogni, fosse soprattutto una creazione della mente umana e che, dopo un lungo viaggio, potesse tornare alla mente; era l’uomo stesso ad identificarsi con l’animale fantastico e narrava in prima persona confondendo i ruoli, proprio come un interprete sulla scena. Nella mia visione originaria multiforme era l’animale ma anche la musica.

Etereo è l’avvio di Risveglio onirico che si muove tra tastiere e vocalizzi. Poi uno “scatto” tipicamente prog, con Scivales/Nocenzi e Ongaro/Calderoni sugli scudi, muta il paesaggio anticipando il recitato di Elisabetta Montino adagiato su una base avvolgente e cangiante. E inizia il viaggio nel mondo degli Animali Fantastici: Onde gentili s’infrangono sull’isola in un mattino assolato e senza tempo, / mentre lontane figure misteriose oltrepassano la soglia del sonno, / e attraversando lo specchio dell’esistenza si materializzano davanti a me, / parte di un paesaggio onirico ma reale; / e lontana é la montagna d’allucinazione. / Odo il suono di strumenti scomparsi mai più ritrovati, / finzione e realtà sono una cosa sola, confondendosi sul palco dei miei giorni, / e già una notte stellata crea un cosmico sipario nel buio: / il frutto della mia immaginazione prende vita! Prende vita…

L’avvio di Danza di un mattino è di quelli che lascia il segno: un continuo rapido intrecciarsi di preziosismi dove ogni strumento (tastiere, batteria, basso, chitarra) non si sottrae al proprio compito (li ritroveremo anche nelle ultime battute del brano). Questo gioco di squadra “lancia” dapprima l’assolo dalle forti tinte metal di Pirrotta e poi il virtuosismo alla tastiera di Scivales, entrambi sempre ben sostenuti dalle vigorose ritmiche. Cambio d’umore netto nella seconda metà del movimento. L’atmosfera si fa più malinconica, con i giochi vocali della Montino grandi protagonisti: Sono apparso dai tuoi sogni, animale della fantasia, / Suoni elettrici nell’aria, e la scìa di una cometa, / Lucida follia, fonte di energia estatica… / Una luce abbagliante, e un silenzio assordante, / Illusione sensoriale, un enigma che vive senza età nell’anima…. Da apprezzare anche lo “sfogo” di Ongaro sul finire.

Interludio Notturno, la cui melodia (così come quella di From distant Lands) è stata ispirata da Giulia Scivales, è un breve frammento bartoccettiano, con la sua ambientazione scura fatta di campanelle, tastiere “nere” e canto maliardo con “rinforzo” sussurrato (Un raggio di luna illumina la notte, resto nascosto da un albero di ombre. / Io senza materia sono invisibile, un grande segreto si cela dentro me). Il tutto sfocia in Deja Vu Fantastico. Molto luminoso l’intro con le dita di Scivales un po’ premoliane (ma l’intero costrutto “profuma” di PFM). Come sempre la Montino dona un tocco di classe col suo canto (Echi di vite passate risuonano, / forme diverse indossate dentro e fuori di me… / Un movimento degli occhi rapido, / corpi celesti nel cielo come sfere lassù… / Pietre di luce nell’aria risplendono, / oltre i confini del mito mi spingo a te…). Buono il lavoro svolto dalla sezione ritmica e dallo stesso Scivales lungo il percorso, nonché quello della chitarra distorta alle prese con un nuovo solo. Una curiosità: lo spartito pianistico della prima parte di Deja Vu Fantastico è stato pubblicato come “Prelude to Sailor’s song (A Scottish landscape)” nella rivista americanta “Piano Today” dell’autunno del 2007.

Luci dagli Abissi. Morbido e romantico il quinto movimento affidato al tocco di Scivales. Molto delicata anche la seguente Cantico Marino, caratterizzata dai soffici intrecci di ritmiche, tastiere, chitarra e voce. Oltre il mare ho seguito la mia rotta, dimensione trasparente nell’oscurità, / Senza una dimora viaggio, non ho meta oramai finchè mi fermerò. / Io respiro le profondità del mare, illusione di esistenza e di eternità, / Meridiani e paralleli non esistono più nel mondo che verrà. / Una pietra nuda e luminosa stringo, rifrazione di colori, un corallo blu, / Questo mondo silenzioso come falsa realtà io lascio dietro me.

Più rapida e aggressiva Animale Multiforme. Protagoniste le numerose e camaleontiche tastiere di Scivales. Gran lavoro anche per la pulsante batteria di Ongaro e la chitarra corposa di Pirrotta. Brava la Montino la quale passa dal recitato al canto senza patemi: […] Mille sono i miei piedi e sulle mie mani artigli dorati, / Corno sulla mia fronte, come tentacoli muovo i capelli. / Volo con le mie ali oltre le nubi e le galassie, / Corro lasciando tracce nel labirinto della tua mente. / Piume sulle mie ali, spicco il mio volo sull’orizzonte, / Agito la mia coda e un arcobaleno nasce nell’aria. / Striscio, galoppo, nuoto, muto il mio corpo in tre dimensioni, / Corno sulla mia fronte, sciolgo i capelli di una Medusa. / Branchie per respirare dentro agli abissi della memoria, / Agito la mia coda e un arcobaleno nasce nell’aria. / Corro lasciando tracce nel labirinto della mia mente, / Mille sono i miei piedi e sulle mie mani artigli dorati.

Ritorno alla Mente. La vellutata e a tratti malinconica voce della Montino è la protagonista del movimento finale (Le foglie secche colorate mi accompagnano scricchiolando intorno a me, / E il sentiero giallo ocra si apre già, dolce autunno dentro me. / Ma qualcosa sembra non andare via, illusione di realtà, / I pensieri sparsi si rincorrono, pioggia cade su di me. / Una storia antica io racconterò, tra le righe leggerai, / La trasformazione del mio spirito è qui davanti agli occhi tuoi! / Le foglie secche colorate mi accompagnano, dolce autunno dentro me, / E tra i rami spogli si riflettono la mia immagine e il mio Io… / e il mio Io… ed il sonno mi accarezzerà!). La struttura sonora che la sorregge è modellata su essa e, come la voce, va in crescendo. Come sempre riconoscibilissimo il tocco multicolore di Scivales. Apprezzabilissima la scelta di alcuni suoni che provengono direttamente dai ’70.

È il piano virtuoso e nocenziano (e non poteva essere diversamente…) ad introdurci in A Big Francesco, brano dedicato al grandissimo Francesco Di Giacomo e scritto di getto da Scivales in seguito alla notizia della tragica scomparsa dell’artista. Una volta segnato il percorso, Pirrotta (sia in chiave di bassista sia di chitarrista) e Ongaro lo seguono senza “batter ciglio”. Episodio ricco di pathos.

Piuttosto articolata la lunga Death of a Deer che vede il ritorno della voce (in inglese) di Elisabetta Montino. Poco più di un minuto luminoso per “sviare”, poi la graffiante chitarra di Pirrotta impone un cambio netto e il brano decolla grazie alle ritmiche e al solito Scivales. Dura poco. Ecco giungere un breve intermezzo “diluito” e idealmente floydiano, prima che tastiera e batteria marziale riprendano il cammino, cui poi s’unisce la chitarra. Saranno Scivales e Pirrotta a dar vita ad un serrato “duello” sonoro nei minuti seguenti, con le ritmiche che fungono da “arbitro imparziale”, e interrotto solo dal ritorno della “minacciosa” voce. Il brano proviene direttamente dagli anni ’80 (precisamente 1981), come il seguente, ed è stato rielaborato per l’occasione con un nuovo testo originale (incentrato come dice il titolo su una caccia al cervo), una nuova “doppia Intro” strumentale e cantata, un breve recitato e due nuovi temi strumentali inframmezzati ai nuovi assolo di tastiere e chitarra (dall’intervista di Scivales rilasciata ad Athos Enrile).

L’album si chiude con Make Me Smile, brano in cui Ongaro impone il suo ritmo “deciso quanto basta” sul quale si sviluppa dapprima il canto avviluppante della Montino e poi una nuova “tenzone” tra chitarra e tastiera.

Lavoro che conferma, qualora ce ne fosse bisogno, le qualità tecniche e compositive di un progetto che sta recuperando in fretta il “tempo perduto”.

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