Plus 33 – Open Window

 

PLUS 33

Open Window (2020)

Autoproduzione

 

Il compositore e pianista/tastierista francese Didier Grillot, dopo l’esperienza Outside e il trasferimento a Newcastle, negli ultimi anni ha indirizzato le proprie forze verso un nuovo progetto: Plus 33.

Primo “frutto” di questa nuova esperienza è Open Window, un lavoro che l’ha visto impegnato per quattro anni e che affonda le proprie radici in un mix di prog, jazz e classica. Open Window è il risultato di una profonda esplorazione della mente, dell’inconscio, dei ricordi perduti e della loro interazione con il mondo esterno. Un viaggio all’interno del proprio “Io”, della propria vita e dei propri ricordi quello di Grillot, che parte dalle prime immagini dell’infanzia, da un giorno piovoso di novembre, e prosegue attraverso la scoperta della musica, dell’arte, sino a giungere ai dubbi che costellano la vita di un uomo (sulla felicità, sul benessere, sul lavoro, sulla famiglia, sulla scelta tra l’“avere per essere” o semplicemente “essere”).

Suddiviso in quattro parti (più un epilogo), l’album, grazie anche alla presenza di Lloyd Wright (chitarre), Paul Susan (basso), Dave Wilde (sassofono, flauto), Adam Sinclair (batteria, percussioni) e i figli di Didier Grillot Yann (batteria in Being) e Lucas (chitarra in Being), esplora il “sottobosco” di influenze summenzionato attraverso una serie di brani policromi e descrittivi, articolati ma mai ridondanti, con le tastiere quale filo conduttore che lascia, però, ampia libertà di espressione agli altri strumenti, tutto arricchito, qui e là, da quell’essenza “rilassante” alla Sigur Rós, da pennellate suggestive e carezzevoli alla Watcher of the Trees di “Fireflies in the Wood” e da qualche elemento teutonico e canterburyano.

Molto particolare e suggestivo l’artwork che accompagna l’opera realizzato da Elisabeth Cieplik (Atelier Plik) il quale, in copertina, illustra “concettualmente” i quattro segmenti sonori dell’album, mentre al suo interno (e sul retro) rappresenta, grazie ad un sapiente utilizzo dei colori e del tratto grafico, diversi paesaggi, stati d’animo, ricordi.

Part 1 – Water (riferita al liquido amniotico, la liquidità dell’inconsapevolezza, l’inizio e la fonte di ogni cosa).

La prima parte della suite, Conjunction of Raindrops, appare al nostro cospetto carezzevole, avvolta stretta alla lenta andatura, un po’ jazzy, della batteria di Sinclair e al piano leggiadro e poetico di Didier Grillot. È tutto soffice, distensivo, magnetico, finché, a metà percorso l’atmosfera, grazie anche al tocco “lento” di Wright, muta lievemente la sua fisionomia assumendo un’aurea a tratti floydiana, prima di “riavvolgersi” su se stessa.

Leggera e spensierata si apre Crawling through elastic Time, un momento rilassante che prepara la strada al sax di Dave Wilde. Senza mai esagerare, il musicista svolazza libero, con il piano di Grillot che gli “protegge le spalle” e con un sottofondo denso ma distante. E, a seguire, lo stesso Wilde cambia fiato e con il flauto si lancia verso paesaggi bucolici (sempre “marcato stretto” dai tasti dei Didier), un po’ canterburyani, prima di tornare a spingere con il sax.

La breve Perhaps, I Am Not Ordinary è tutta nelle mani di Grillot, il suo piano avanza indisturbato tra fraseggi classicheggianti e accelerate scure alla Boccuzzi della Festa Mobile. E l’amore provato per lo strumento appare “mascherato” già nel titolo. Basta seguire le maiuscole…

Decisamente più corposa Sounds, Paths, Crossroads, con il suo incedere ricco e articolato, con tastiera e chitarra che, come due serpenti, s’aggrovigliano e combattono tra loro (ma senza intenti letali), mentre la coppia ritmica ne sostiene la “lotta” con un passo deciso ma non serrato. E poi Grillot prende il largo con i suoi suoni sintetici, muovendosi tra Franco Battiato e Flavio Premoli.

Dopo tanti sforzi si “cade” in Contemplation e nella sua aurea kosmische musik. Tutto è etereo, pacato, sino all’ingresso della destabilizzante chitarra di Wright che introduce un elemento di tensione il quale, però, viene “spazzato via” ben presto dalle tastiere.

Part 2 – Earth (riferita all’aspetto concreto della vita e anche a tutto ciò che proviene dal suolo).

Molto vivace nella sua andatura jazz trascinata dalla batteria di Adam Sinclair e dal basso di Paul Susan, si apre At Odds with the Norms, con il piano che si esalta sui colpi consistenti dei due. Prendendo esempio dai compagni, Dave Wilde non si fa pregare e si getta a capofitto nel brano con il suo sax, spostando il tutto, grazie anche agli altri musicisti, verso territori Soft Machine. E anche Lloyd Wright, infine, partecipa alla festa, subentrando egregiamente al fiato. E questa è solo la prima metà del brano. Poi tutto si fa più sognante e compatto, con la stratificazione di tastiere ad occupare prevalentemente la scena e Grillot che si lascia andare.

Douce Ivresse è affidata al flauto di Dave Wilde, un po’ Martin Grice e un po’ Elio D’Anna. Il musicista avanza libero, tra tocchi poetici e scatti improvvisi, senza mai eccedere troppo, avviluppato dai tappeti eterei di Grillot.

L’incedere lento, quasi sofferente, dell’acustica di Lloyd Wright che apre You, Us, Them lascia una sensazione strana sulla pelle, un pizzico di angoscia che sembra aumentare con il velo nero posto dai tasti di Grillot, ma che viene dipanata dal celestiale flauto di Wilde. E quando quest’ultimo termina il suo lavoro, il piano di Didier subentra e tiene “accesa la luce”.

Part 3 – Fire (in riferimento alla distruzione e all’energia pura).

Più inquieta e rockeggiante Building Layers of Bricks affidata ai graffi distorti di Wright e alle ritmiche battenti di Susan e Sinclair. Dalle retrovie, poi, lentamente si fanno spazio le tastiere sintetiche di Grillot che esplodono definitivamente nella seconda parte dell’episodio.

E con Entropy’s Win? si viene catapultati direttamente nel caos, un turbinio di suoni neri, con le ritmiche che colpiscono incessantemente, le tastiere “deliranti” in sottofondo e la chitarra alienante di Wright che regna incontrastata. Sino alla conclusione del brano non ci sarà via di scampo.

Part 4 – Air (riferita a ciò che non è materiale, ma che è sfuggente, che vola e viaggia senza limiti).

Dopo lo sfogo precedente, Plus 33 si concede il meritato riposo con Realising, dove le dita di Grillot si dividono tra stratificazioni impalpabili e un “carillon” cullante.

Romanticamente si sviluppa Being, brano in cui compaiono i figli di Didier Grillot, Yann e Lucas, rispettivamente alla batteria e alla chitarra. Tutto è soffice, dall’intelaiatura ritmica che avanza morbidamente ai giochi chitarristici che non oltrepassano mai i limiti. E tutto è “protetto” dall’avvolgente figura paterna.

Part 5 – Epilogue

E, in coda, Plus 33 pone la poetica Open Window, poco più di cinque minuti in cui Grillot si lascia trasportare placidamente dal suo piano.

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