Intervista agli Ancient Veil

Diamo il benvenuto ad Alessandro Serri (A.S.), Edmondo Romano (E.R.), Fabio Serri (F.S.), Massimo Palermo (M.P.) e Marco Fuliano (M.F.): Ancient Veil.

Iniziamo la nostra chiacchierata con una domanda di rito: come nasce il progetto Ancient Veil e cosa c’è prima degli Ancient Veil nelle vite di Alessandro, Edmondo, Fabio, Massimo e Marco? Per esempio, in quelle di Alessandro ed Edmondo, ci sono gli Eris Pluvia…

A.S.: Io ed Edmondo ci siamo incontrati al Liceo Artistico nel 1983, io avevo 15 anni ed Edmondo 14. Probabilmente eravamo tra i pochi ad ascoltare musica non commerciale in tutta la scuola. Io suonavo la chitarra ed Edmondo, in quel momento, solo il clarinetto. Abbiamo deciso subito di provare a suonare assieme, e così coinvolgemmo anche altre persone. Cominciammo fin da subito a comporre brani nostri, e la musica era molto sperimentale. Comprai un flauto dolce contralto e inizialmente provai a suonarlo io, ma da lì a poco divenne lo strumento principale di Edmondo, nonché il nostro marchio di fabbrica, io invece cominciai a suonare il flauto traverso. Dopo diversi cambiamenti di formazione, in un giorno di pioggia, nella pausa delle prove con il gruppo, io ed Edmondo portammo il registratore nell’atrio del portone del palazzo della nostra “saletta” dove c’era un bel riverbero naturale e con il sottofondo della pioggia cominciammo ad improvvisare, io con il flauto traverso ed Edmondo con il flauto dolce contralto. Nacque così il brano “Eris Pluvia” che divenne il nome della band. Dopo diversi concerti, ma soprattutto performance teatrali create dai genitori di Edmondo, dove noi eravamo la colonna sonora dal vivo, nel 1986 io ed Edmondo prendemmo strade diverse. Verso la fine del 1988 finalmente ci ritrovammo e insieme a nuovi componenti rimettemmo su la band Eris Pluvia. Dopo che la nostra cantante decise di lasciare il gruppo, mi feci coraggio e cominciai a cantare, quasi per scherzo, ma mai mi sarei immaginato di diventare il cantante, anche perché ero molto timido e non avevo il coraggio neanche di avvicinarmi al microfono. Dopo alcuni concerti, e l’incontro con Maurizio Carità che divenne il nostro produttore, nel 1990 ci fu la nostra primissima pubblicazione: il demo tape “Pushing together” uscito in 100 copie esclusivamente su musicassetta. Dopo poco tempo mandammo il nostro materiale alla Musea in Francia e decisero di pubblicarci il primo album “Rings of earthly light” che vide la luce nel 1991.

E.R.: Con Alessandro, come ha già ricordato lui, ci siamo conosciuti e abbiamo formato il nostro primo gruppo, divenuto quasi subito Eris Pluvia, nei corridoi del Liceo Artistico, come avviene per i gruppi “veri”. Il percorso musicale è stato naturale, anche perché bisogna pensare che quando ci si conosce e si inizia a far musica così giovani, ci si nutre “assieme” delle stesse scoperte musicali, tutto è nuovo, questo fa nascere un’intesa e una sinergia creativa nuova molto più potente della scelta adulta di realizzare un progetto, sei pura energia con enorme voglia creativa. Il nome del nostro primo gruppo l’ho creato io con mio padre dopo aver ascoltato il brano con la pioggia citato da Alessandro. Sono cresciuto in una famiglia di artisti e mi sono sempre rapportato con loro per la mia parte creativa, oltre a collaborare spesso assieme (i testi di “Rings of earthly light” sono scritti da mia madre, mio padre e mio fratello, con la mia collaborazione e quella di Maurizio Carità; la copertina è un quadro di mio fratello Giovanni; le copertine degli Ancient Veil sono quadri di mia madre; io e Alessandro, a volte anche con Fabio, abbiamo sempre lavorato con loro per musicare gli spettacoli teatrali che creavano). Non è un caso che io oggi lavori tanto con il teatro ed abbia la Compagnia Teatro Nudo con Simona Fasano, la mia compagna.

F.S.: Ho iniziato a suonare molto presto, all’età di 5 anni, da autodidatta. Avevo una piccola tastiera su cui c’era una demo che ero riuscito ad imparare ad orecchio. Alessandro è il più grande dei due e ho sempre ascoltato i dischi che avevamo a casa, per fortuna direi. Già a 10 anni avevo imparato a suonare “Firth of fifth” dei Genesis. Tutto questo ha permesso di imparare ad amare un certo tipo di musica di cui, la maggior parte dei miei coetanei, non ne conosceva l’esistenza. Il mio ingresso negli Ancient Veil lo daterei al 27 Settembre del 1992, il giorno della prima di una serie di alluvioni che hanno colpito Genova, ci trovavamo a casa di Alessandro ed è nata “Night Thoughts”. Nell’estate successiva abbiamo iniziato le registrazioni di “The Ancient Veil” nel laboratorio della mamma di Edmondo, dove abbiamo arrangiato tutte le tastiere. È stato un lavoro intenso, il disco contiene molte parti, ogni brano contiene in media una quindicina di tracce tra pianoforti synth e organi.

M.P.: Ho iniziato a suonare, come spesso accade, con qualche compagno di classe, a prendere lezioni di basso e anche ad ascoltare dischi che mediamente non venivano ascoltati in radio… Era il periodo del jazz/rock (Jaco Pastorius, Wheather Report, Miles Davis, ecc.). È stato un periodo storico artisticamente molto creativo. La mia “entrata” negli Ancient Veil in realtà è molto più recente rispetto agli altri fondatori. Ho iniziato a suonare con loro nel 2017 per la registrazione del disco dal vivo “Rings of earthly… Live”.

M.F.: Grazie a mio padre, Mario Fuliano, ho avuto modo di potermi sedere dietro alla batteria all’età di 6 anni. Seguivo le prove del suo gruppo, gli Scalino Scaleno (band fondata da lui e Gianni Martini), in casa nostra e attendevo con molta ansia le loro pause per potermi sedere allo strumento e cercare di ripetere ciò che avevo appena sentito. Da lì in poi non ho mai più abbandonato le bacchette e sono cresciuto con un background molto vario, passando dai Nirvana ai Level 42, da Chaka Khan ai Dream Theater, da Miles Davis a Sting. Ho intrapreso la professione subito dopo il diploma di lingue e ho viaggiato per una decina d’anni in tour in Europa facendo da backing band a grandi nomi del panorama blues mondiale come Otis Grand, Jerry Portnoy, Andy Irvine, Kirk Fletcher, ecc.… Imparando negli anni, sempre grazie a mio padre, a buttare le mani su diversi strumenti quali basso e chitarra, ad oggi produco musica e insegno batteria nel mio studio personale. Anche io, come Massimo, entro a far parte degli Ancient Veil nel 2017, per la registrazione live di “Rings of earthly… Live”.

Eris Pluvia, appunto. Come mai la decisione di lasciare la band per lanciarsi in una nuova avventura (condivisa con Fabio)? E in cosa differiscono, inizialmente, i due progetti?

A.S.: Ho lasciato la band per problemi personali. Ho continuato a comporre ed ho mantenuto i contatti con Edmondo che continuava ad rimanere nel gruppo, ma anche lui dopo un po’ di tempo decise di lasciarlo per ricominciare a lavorare con me. Poco dopo, mio fratello Fabio, allora sedicenne, entrò a far parte della nuova formazione. Essendo i fondatori del gruppo dovevamo continuare a chiamarci Eris Pluvia, ma purtroppo gli ex colleghi ci giocarono un brutto scherzo registrando il nome e diffidandoci (tramite lettera di avvocato) dall’utilizzarlo. Con non poche sofferenze decidemmo quindi di chiamarci diversamente, e la scelta cadde su Ancient Veil (nome pensato da Edmondo). Si interessò a noi la Mellow Records e, grazie a Mauro Moroni e Ciro Perrino, decise di produrci il primo album come Ancient Veil intitolato appunto “The Ancient Veil”. Poco prima dell’uscita del nuovo album partecipammo con un brano al doppio CD tributo ai Genesis “A tribute to Genesis – The river of costant change” (Mellow Records), dove inserimmo una nostra personale rivisitazione di “The Lamia”. Per chiudere la parentesi dei primi anni, vale la pena ricordare che nel 1997, sempre per la Mellow Records, partecipammo con “Gioco di bimba” delle Orme al quadruplo CD “A tribute to Italian Progressive Rock of the seventies – Zarathustra’s revenge”. Questo particolare arrangiamento è stato realizzato interamente da me e Edmondo (abbiamo suonato tutti gli strumenti). I due progetti Eris Pluvia e Ancient Veil, secondo me, differiscono soltanto nell’apertura a molti collaboratori del secondo progetto che, comunque, nascendo dai due leader fondatori, manteneva le stesse caratteristiche spaziando anche in altri stili musicali, pur rimanendo nell’ambito del Progressive Rock.

E.R.: Allora… ho guidato gli Eris Pluvia sotto tutti gli aspetti: la produzione del primo disco nella fase organizzativa, ho seguito le registrazioni, mix, realizzato le grafiche, eventi e presentazioni ufficiali (tutti aspetti che continuo a curare anche ora, in un mio lavoro discografico o live seguo completamente tutti gli aspetti creativi ed organizzativi,). È vero che bisogna possedere le capacità per seguire tutti questi aspetti ma, principalmente, credo nel lavoro artigianale simile a quello che si faceva negli anni ’70 dove l’artista era attento ad ogni particolare della sua produzione. Comunque, una volta andato via Alessandro, la vena creativa del gruppo si è in parte spenta e modificata in qualcosa di più patinato e meno personale, più formale (d’altronde, a parte piccole cose, tutti i brani degli Eris Pluvia erano stati composti da Alessandro e me), ho quindi portato avanti la formazione per un anno circa ma sinceramente ricordo che un giorno, dopo una discussione accesa, ho deciso di lasciare il gruppo perché non più in linea con il mio percorso. Tornato a casa non avrei mai pensato che la mattina dopo gli altri del gruppo avrebbero registrato il marchio a mia insaputa. Avendo manifesti, locandine, articoli che testimoniavano la reale paternità del nome potevo anche portare avanti una causa, ma dopo una prima arrabbiatura pensai che non fosse il caso, non è il nome che dà valore ad un artista ma la sua creatività e decisi, anche se a malincuore, di lasciar stare. Oggi posso dire che ho fatto bene, quella è stata una piccola parentesi della mia vita musicale, non ne valeva la pena, tanto i fatti e le ultime produzioni del gruppo hanno dimostrato che avevo ragione. Tornando alla tua domanda, i due progetti differiscono in tutto, gli Ancient Veil sono “Rings of earhtly light”, cioè il percorso che all’epoca piacque moltissimo al pubblico Progressive perché figli di un progetto creativo. Un nome non basta per essere personali e creativi.

Ancient Veil: il nome della vostra nuova “creatura” è piuttosto affascinante. Come avviene la sua scelta?

A.S.: Il nome è stato scelto da Edmondo, dettato, appunto, dal fatto che non potevamo più utilizzare il nostro nome originale.

E.R.: Cercavo un nome romantico, scuro, delicato, che non avesse legami con creazioni letterarie o visive, un nome mai utilizzato sino a quel momento e l’ho creato velocemente, non ho letto o mi sono consultato molto (non esisteva la rete internet nei primissimi anni ’90) semplicemente mi piaceva, come mi piaceva Eris Pluvia o tanti altri nomi inventati nel mio creare.

Il 1995 è l’anno del primo lavoro targato Ancient Veil: “The Ancient Veil”. Vi va di narrare la genesi e il suo contenuto?

A.S.: Doveva essere il secondo lavoro degli Eris Pluvia e, infatti, alcuni dei brani presenti nell’album li suonavamo già in sala prove con il vecchio gruppo. Bisogna dire che il CD è stato preceduto da un demo tape intitolato “Morning after” stampato in pochissime copie e distribuito solo a qualche giornalista delle fanzine cartacee di quei tempi. “The Ancient Veil”, oltre al trio composto da me, Edmondo e Fabio, si avvale di una trentina di collaboratori. Condividere la mia musica con gli amici è sempre stato per me motivo di gioia. Ti racconterò il CD brano per brano.

La title track “The ancient veil” è una piccola suite che nasce poco dopo la mia uscita dagli Eris Pluvia, con un giro di basso iniziale in 11/8. All’epoca utilizzavo una batteria elettronica, la Alesis SR16, e già così, solo con basso e batteria “finta”, il brano funzionava. Nel CD Massimo Tarozzi alla batteria, Gianni Serino al basso e Marco Fadda alle percussioni, in questo brano creano una base ritmica molto ricca. Il solo di chitarra elettrica all’inizio e il sax soprano a seguire facevano esplodere il brano fin da subito, fino poi ad arrivare al primo cambio in 4/4 dove tutto si calmava, per poi tornare ad un forte incedere in 9/8 molto etnico, con un energico solo di clarinetto basso, e il tema suonato all’unisono dal flauto dolce e dalla chitarra, che risolve nel finale cantato nuovamente in 4/4. Con questo brano normalmente apriamo i concerti.

Il brano seguente si intitola “Flying”. La particolarità di questo brano è che comincia e finisce con una piccola vera orchestra composta da due violini, viola, violoncello, contrabbasso, oboe, flauto traverso e clarinetto. Il brano, composto da me e da Edmondo, vede l’arrangiamento orchestrale realizzato da Sirio Restani. La parte centrale diventa folk rock con il flauto di Edmondo e l’organo Hammond di Fabio che inizialmente fanno contrappunto alla chitarra classica, subito dopo parte un solo di flauto e, poco prima del finale, flauto e chitarra classica rimangono da soli, per poi lasciare spazio nuovamente all’orchestra questa volta con la melodia eseguita dalla voce.

Il terzo brano è lo strumentale “Feast of the puppets” composto molti anni prima e mai suonato con gli Eris Pluvia. Arrangiamento molto semplice con la batteria di Massimo Tarozzi, i flauti di Edmondo e basso e chitarre suonati da me. Anche qui la chitarra acustica ed il flauto sono protagonisti. Tutto il brano si sviluppa su un tempo di 5/4 ed i flauti eseguono la melodia talvolta all’unisono e talvolta armonizzando.

Nel demo tape aveva come titolo provvisorio “Morning after”, nel CD diventa “Creature of the lake”. Questo brano segnò l’inizio della nuova collaborazione tra me e Edmondo. Totalmente acustico con flauti chitarre e voce, basso fretless suonato da Pino Parello, tabla e percussioni suonate magistralmente da Marco Fadda.

Quinto brano decisamente più verso il jazz rock è “Gleam”. Le atmosfere ispirate a Pat Metheny che ascoltavo molto in quel periodo, hanno fatto ricadere la scelta degli esecutori su dei jazzisti. Infatti abbiamo Alberto Malnati al contrabbasso ed Alessio Menconi (noto chitarrista genovese, attualmente nel Trio Bobo con Faso e Christian Meyer di Elio e le storie tese) alla chitarra acustica solista. In questo brano io, oltre alla chitarra classica di accompagnamento, suono anche rullante e piatti con le spazzole. Poi sono presenti anche i flauti e il sax soprano di Edmondo nella parte centrale e l’oboe che esegue il tema insieme alla chitarra.

Dopo questa atmosfera jazz è la volta di un coro lirico di una ventina di elementi, che esegue “Walking around”. Questo brano molto breve, in realtà, faceva parte di un pezzo più lungo che si trovava nel demo tape degli Eris Pluvia ed era stato concepito solo per chitarra e flauto dolce contralto. Questa versione arrangiata e diretta da Sirio Restani (maestro collaboratore al Teatro Carlo Felice di Genova) prevedeva, oltre al coro, il raddoppio delle note dei bassi del coro dei quali facevo parte anch’io, con il contrabbasso suonato qui da Tomaso Olivari.

Settimo brano, “The dance of the elves” nasce per la colonna sonora di una performance teatrale di Francesca Ghizzardi e Rosario Romano, intitolata “La siepe”. Brano acustico con chitarre, flauti, organo Hammond, si aggiunge il basso fretless di Pino Parello, un set di batteria suonato da Marco Fadda e la viola suonata da Osvaldo Loi, praticamente gli Avarta, un gruppo di world music guidato da Edmondo. Questo brano è sempre presente nei nostri concerti.

“You’ll become rain part 2” per quartetto d’archi, eseguito dai Willow Quartet (Roberto Mazzola – violino, Sara Diano – violino, Alessandro Sacco – viola e Stefano Cabrera – violoncello). Anche qui l’arrangiamento è di Sirio Restani. Questa seconda parte del brano “You’ll become rain” presente in “Rings of earthly light”, vuole essere la continuazione del discorso che va dagli Eris Pluvia agli Ancient Veil. La suonavamo verso gli ultimi tempi con gli Eris Pluvia, ma qui ne abbiamo voluto fare una versione totalmente diversa a livello di arrangiamento. Vale la pena ricordare che “You’ll become rain” in italiano si traduce con “Sarai pioggia” ed in latino con “Eris pluvia”, questo significa che, sebbene siamo stati costretti a cambiare nome, siamo sempre noi. Abbiamo eseguito i due brani uniti in versione rock, dal vivo con la nuova band e la registrazione si può trovare nel live acustico “Unplugged live” che uscirà sempre per la Lizard Records nell’ottobre 2020.

Il nono brano si intitola “Can you feel me”. Presente anche nel demo “Morning after”, questa canzone è l’unica nel disco che non ci ha soddisfatto, probabilmente per la piega che ha preso l’arrangiamento nella realizzazione finale su disco, tanto è vero che non l’abbiamo neanche ripubblicata in “New – The Ancient Veil remastered” (Lizard Records 2018), se non con qualche piccolo accenno durante il “Medley”, brano finale di questa ristampa.

“Dance around my slow time” è un a canzone molto triste che parla di un amico di Edmondo scomparso prematuramente, il testo è stato scritto dall’amico comune Fabio Zuffanti. Brano molto intenso e difficile dal punto di vista vocale, si divide in due parti: a livello musicale la prima rappresenta la disperazione, la seconda rappresenta la speranza di rincontrarci, che trova la sua conferma nella frase finale del testo “We’ll wait for you” e, musicalmente, nella continuità dei momenti solisti senza interruzione, in cui la voce si fonde con l’oboe suonato da Antonella Trovato, la chitarra elettrica solista si fonde nuovamente con l’oboe che lascia il posto immediatamente al sax soprano di Edmondo. Tutto questo vorrebbe rappresentare la continuità della vita che si trasforma sempre in modo diverso. Degni di nota sono gli arrangiamenti di tastiere di Fabio che rendono il brano “moderno” rispetto al resto del disco.

Undicesimo brano è “Night thoughts” composto con Edmondo e Fabio il 27 settembre 1992, giorno in cui a Genova ci fu una terribile alluvione. Si tratta anche qui di una piccola suite con diversi momenti e stili musicali. Anche questo testo è stato scritto da Fabio Zuffanti.

In questo CD decidemmo di fare due piccoli esperimenti come “solisti”, infatti “Landscape and two” è un brano strumentale composto ed eseguito da Edmondo con cinque mohozeno, flauti della tradizione boliviana.

L’altro brano “solista” composto soltanto da me (testo e musica) è “New”. Si tratta di una canzone d’amore dedicata a mia moglie eseguita con pochi strumenti. Io alla chitarra e voce, Stefano Cabrera al violoncello, Antonella Trovato all’oboe, Pino Parello al basso fretless e Marco Fadda al triangolo.

Chiude il CD “Talking frame”, piccola suite dal sapore un po’ fusion soprattutto nella parte centrale. Questo è stato uno degli ultimi brani che ho scritto prima di lasciare gli Eris Pluvia e, infatti, lo suonavamo già assieme. Anche qui nel disco c’è un ottimo lavoro di ritmica da parte di Gianni Serino, Massimo Tarozzi e Marco Fadda. Il brano è cantato sia nella parte centrale che nel finale. Poco prima del finale c’è una parte in 27/8 molto particolare, il brano si chiude con un solo di flauto.

Come venne accolto da critica e pubblico l’album, in un periodo non proprio felicissimo per il progressive rock?

A.S.: Purtroppo siamo stati penalizzati dal cambio di nome, quindi non ci fu una grande considerazione da parte dei media di allora. Poi i giornalisti tendevano a paragonarlo a “Rings of earthly light” che, però, essendo un concept album, differiva totalmente da “The Ancient Veil”. Probabilmente per certi aspetti era un disco un po’ in anticipo con i tempi, tanto è vero che alcuni giornalisti, dovendo recensire la ristampa di “New – The Ancient Veil remastered” (Lizard Records 2018) hanno completamente cambiato idea rivalutandolo in maniera positiva.

E.R.: Il disco, in effetti, è uscito in un momento musicale generale di grande mutamento, avvertivo che il coraggio musicale dei precedenti anni si stava in qualche modo “piegando” a qualcosa di differente, cosa che mi sembra poi avvenuta. In più la realizzazione dell’album è stata per forza di cose più frammentata del nostro primo lavoro, visto il momento di trasformazione da band a trio. Abbiamo anche lavorato in un piccolo studio di Genova (che ho fatto conoscere anche ai più “giovani” amici Finisterre ed altri del genere) che, nonostante la buona volontà, non era però tecnicamente allo stesso livello del precedente e, nonostante la partecipazione di tanti bravi musicisti, il risultato sul CD è risultato essere meno lineare sotto molti aspetti, però ricordo quello come un momento creativo molto libero. Difatti, come dice Alessandro, la successiva riedizione ha dato giustizia a quel lavoro, un disco dove ci siamo anche spinti ad usare un coro, un quartetto d’archi, inserire elementi world (la musica nel mondo stava cambiando ed io ero già immerso nella nuova ondata World Music) e questo ci ha appagati creativamente, abbiamo continuato a ricercare, a mutare il nostro modo di comporre ed arrangiare, quello che un musicista deve fare. Un artista vuole differenziarsi non assomigliare, a cosa serve saper suonare come Gilmour o imitare i Pink Floyd, ci sono già loro, ci penseranno già in vecchiaia gli stessi Pink Floyd “ad imitarsi”. Sto parlando di un momento storico musicale dove il concetto di cover band come lo viviamo oggi non esisteva, all’epoca c’erano i gruppi che imitavano e patinavano (ripeto questo vocabolo) i grandi dell’allora recente passato, ma alla fine, in molti casi, erano cover band “in incognito”, cioè gruppi che imitavano spudoratamente gli ingredienti delle formazioni storiche, oppure creavano musica per nostalgici degli anni ’70. Beh, questa nostra crescita e questo nostro mutamento, forse, non sono passati in modo chiaro a giornalisti ed ascoltatori, forse si aspettavano un secondo capitolo simile del primo disco. La ristampa è stata compresa meglio mettendo in luce che in effetti… era un secondo capitolo.

Negli anni a seguire (sino al 2014) il progetto è messo in stand by. Come mai si giunge a questa drastica scelta? E cos’hanno fatto Alessandro, Edmondo e Fabio negli anni che li separano dalla ripartenza degli Ancient Veil?

A.S.: Non è stata una scelta. Le cose nella vita cambiano e sia Fabio che Edmondo hanno preso diverse strade in ambito musicale. Io, personalmente, ho continuato a comporre in tutti questi anni. Nel 2011 la Mellow Records voleva pubblicare dei CD tributo ai solisti dei Genesis così, nel primo dedicato a Peter Gabriel, “A tribute to Genesis solo career – Peter Gabriel – Family snapshot” (Mellow Records – 2013) a nome mio decisi di cantare “Wallflofer” ma, in realtà, le tastiere e l’arrangiamento sono a cura di mio fratello Fabio ed il mix è stato fatto da Edmondo, quindi, in pratica, c’è stato un primo riavvicinamento. Quasi in contemporanea, sempre nel 2011, questa volta a nome Ancient Veil, realizzammo la cover con arrangiamento acustico di “Over my shoulder” di Mike and the Mechanics che, però, uscì nel 2015 solo in formato digitale su Bandcamp “Genesis solos Tribute – In the land of geese, ghost and confusion” (Mellow Records). Prima di riprendere con il progetto Ancient Veil, nel 2012 mi sono unito ai Narrow Pass di Mauro Montobbio, con i quali, nel 2014, abbiamo pubblicato un album, “A new day”, uscito per la Musea con molti ospiti, tra i quali John Hackett, e due compilation, la prima “Tribute to Genesis solo careers: Steve Hackett – Steppes beyond the colossus”, per la Mellow Records e “Decameron – ten days in 100 novellas – Part II”, di nuovo con la Musea, dove abbiamo partecipato con un brano. Infine, nel 2014, ho collaborato come ospite al CD “Solar Eclipse” del gruppo All Light Orchestra del mio caro amico John Bickham, CD uscito soltanto negli Stati Uniti e che vedeva la partecipazione anche del tastierista Jon Gilutin (vincitore di un Grammy Award e collaboratore di musicisti del calibro di James Taylor, Linda Ronstadt, Aretha Franklin, Lady Gaga, Flora Purim e Airto Moreira, Julio Iglesias, Jackson Browne, Diana Ross, Joe Walsh, Cher, Ray Parker, The Coors, Bruce Hornsby, Billy Preston, Huey Lewis e Willie Nelson, solo per citarne alcuni) e di Dave Camp sassofonista in “The year of the cat” di Al Stewart. Recentemente, insieme a Fabio, ho collaborato con Tony Cicco, storico cantante e batterista della Formula Tre, unica band che accompagnò Lucio Battisti in concerto.

E.R.: Sì, è stata una naturale pausa dovuta ai personali percorsi musicali. Io mi sono totalmente concentrato sul mio percorso e come si dice “ho fatto quello che volevo fare da piccolo, il musicista e il compositore”. Sono molto grato alla musica che mi ha permesso di girare il mondo, di poter condividere il palco con moltissimi musicisti che ho amato da adolescente, di poter girare in tutti i più importanti teatri nazionali grazie alle mie note scritte per il palcoscenico, di collaborare con il mondo del cinema, tutto questo vivendo della mia musica e guidando sempre miei progetti originali. Ho registrato circa 140 CD e suonato negli anni  in numerose colonne sonore cinematografiche in collaborazione con Pivio e Aldo De Scalzi, musicato reading poetici per e con Adonis, Fernanda Pivano, Mario Macario, Maurizio Maggiani, Don Andrea Gallo, Ugo Volli, Sebastiano Lo Monaco, Dario Vergassola, Aldo Ottobrino, Carla Peiroleiro, Laura Sicignano, Enrico Campanati, Paola Bigatto, Emanuele Conte, Igor Chierici, La Compagnia del Suq, Chicco Alcozer, Amedeo Romeo, Michelangelo Pulci & Alessandro Bianchi, Enrique Balbontin, composto musiche teatrali per Laura Curino, Lina Sastri, Teatro Cargo, Teatro della Tosse, Teatro Archivolto, Stabile di Catania, esibendomi con numerosi musicisti in Italia, Europa, Asia, Sud America, condividendo palco ed esperienza discografica con Vittorio De Scalzi, Mauro Pagani, Picchio dal Pozzo, Mario Arcari, Ares Tavolazzi, Antonio Marangolo, Ingrid Chavez, Yo Yo Mundi, Armando Corsi, Tony Esposito, John Hackett, Cristiano De Andrè, Aldo Tagliapietra, New Trolls, PFM, Renanera, Lino Vairetti, Clive Bunker, Beppe Barra, Gino Paoli, Alberto Fortis, Marco Beasley, Marco Fadda, Elias Nardi, Max Manfredi, Arup Kanti Das, Filippo Gambetta, Maurizio Martinotti, Franco Lucà, Roberta Alloisio, Federico Sirianni, Paolo Bonfanti, Gnu Quartet, Rebis, Luca Falomi, Birkin Tree, Liguriani, Gianfranco De Franco, Edward Neill, Loris Lombardo, Tina Omerzo, Zibba… ottenuto ottimi riscontri negli anni con i miei progetti Avarta e Orchestra Bailam e collaborato con varie formazioni (Le Vijà, Orchestra TradAlp, Finisterre, Charta De Mar, Comunn Mor, Piccola Banda di Cornamuse, Fabio Zuffanti, Höstsonaten). Ho curato, insieme a Simona Fasano, la Compagnia Teatro Nudo che ha dato vita ai Luna Quart, e ho prodotto, infine, due album da solista: “Sonno Eliso” e “Missive Archetipe” e sto realizzando un nuovo album dal titolo “Religio”.

F.S.: Non ho mai smesso di suonare, ho continuato a fare serate con cover band in giro per l’Italia fino al 2000, anno in cui mi sono trasferito a Milano e ho cominciato la collaborazione con il Mas, uno dei centri di formazione per lo spettacolo più grandi d’Europa con il quale collaboro ancora oggi. Mi occupo di produzioni discografiche in ambito pop come produttore artistico, compositore e autore per alcuni artisti tra i quali Lodovica Comello, come turnista per l’album “Non vale tutto” di Nicolò Agliardi, sono direttore musicale di alcuni musical prodotti in Italia (Priscilla, Ghost, Gypsy, Hair, Rent, 50 Sfumature, Stand up a Gospel Revolution), autore e direttore musicale di alcuni family show di grande successo in tutta Europa (Winx Power, Winx on Ice, Scooby Doo Live on Stage, Hello Kitty, Ben 10 Live, Il mondo di Patty, Geronimo Stilton nel regno della fantasia, Madagascar a Musical Adventure), direttore musicale di trasmissioni televisive: Cd Live su Rai 2 e Wanna Dance su Boing. Ho, inoltre, curato la direzione musicale dei primi due tour italiani di Marco Carta. Dal 2015, sono direttore artistico di Music Academy sempre al Mas.

E poi arriva, appunto, il 2014 e il progetto riparte. Qual è stata la spinta che vi ha convinti a tornare in pista?

A.S.: Proprio la realizzazione di quello che inizialmente doveva essere il mio primo album solista, per il quale mi ero comunque appoggiato a Edmondo e a Fabio, che rimangono sempre i miei punti di riferimento. Quando proposi la mia musica a Loris Furlan della Lizard Records, gli piacque molto ed anche lui mi suggerì di ripartire con il progetto Ancient Veil. In effetti penso che sia stata una decisione saggia.

E.R.: Alessandro mi chiamò per un nuovo lavoro discografico e io iniziai subito a scegliere con lui i brani che mi sembravano più interessanti tra le molte composizioni che aveva scritto nel corso degli anni. Lentamente questi divennero i brani del successivo disco degli Ancient Veil.

F.S.: Il progetto Ancient Veil mi è sempre stato molto a cuore e l’idea di ripartire dopo tanti anni mi entusiasmava. Lavorare di nuovo con Alessandro ed Edmondo è sempre motivo di crescita e, nonostante il mio lavoro mi porta ad affrontare altri generi musicali, il Progressive rimane sempre il genere a cui sono più legato.

Il 2017 è l’anno del vostro secondo album: “I am changing”. Il lavoro, come detto poco fa, ha una genesi piuttosto particolare in quanto, in pratica, nasce come raccolta di composizioni create da Alessandro negli anni “senza Ancient Veil”. A parte l’input di Loris Furlan, quando arriva davvero il momento in cui senti che le tue creazioni sono pronte per essere “condivise”? Ti va di spendere qualche parola sui singoli brani?

A.S.: Il momento arrivò proprio quando decisi di concretizzare quei lavori in un album. Nelle mie composizioni sono sempre stati presenti gli strumenti suonati da Edmondo e da Fabio, comunque loro avrebbero partecipato anche ad un CD uscito a mio nome, quindi è avvenuto tutto in maniera spontanea. Sono molto contento che anche loro siano stati entusiasti di ripartire con un progetto interrotto un po’ bruscamente. Tra l’altro io avevo interrotto i concerti nel 1990 e dopo ventisette anni sono stato “costretto” a riprendere dai miei colleghi. Gliene sono molto grato. “I am changing” è un album con undici brani molto diversi come stile. Ogni brano ha una sua storia e nasce in un periodo storico diverso. Possiamo provare a parlarne seguendo l’ordine in cui sono stati messi sul CD, che non è chiaramente cronologico.

1) “Bright autumn dawn”

Composto a settembre 2012, è un brano strumentale che comincia acustico, diventa elettrico, ritorna acustico con l’orchestra ed il pianoforte e finisce elettrico. Vuole rappresentare un mattino luminoso d’autunno, dove gli stati d’animo si rincorrono, quindi si può trovare la tranquillità dell’inizio, l’agitazione nelle parti rock, la nostalgia nella parte orchestrale e la gioia nel finale.

2) “If I only knew”

Composta il 24 gennaio 2005, è una canzone che parla dell’amore perduto con il rimpianto del “se solo avessi saputo…”. Il testo è stato scritto insieme a Massimiliano Bet e rispecchia molto l’atmosfera di nostalgia mista a tristezza del brano, che culmina in uno struggente assolo di chitarra elettrica.

3) “You will see me (intro)”

Introduzione del trittico “You will see me” che richiama, con il solo uso dell’orchestra e del pianoforte, alcuni momenti del brano che arriverà soltanto dopo altri due brani, un po’ come un’ouverture richiama le melodie di un’opera. Mi è piaciuto molto scrivere questa parte, e comunque è sempre stato il mio sogno sentire un mio brano suonato da un’orchestra anche se lo avevo già realizzato nei brani “Flying” e “You’ll become rain pt II” in “The Ancient Veil”.

4) “I am changing”

Title track composta all’incirca nel 1996, nasceva dall’idea di fare una nuova suite sulla scia di “Rings of earthly light” ma alla fine il brano, pur mantenendo la struttura della suite, ha la durata di un brano normale. Il testo è stato scritto da me in italiano, mentre la versione in inglese presente nel CD è stata curata da Richard Harris.

5) “Only when they’re broken”

Composta all’incirca nel 1997, è una canzone che nella sua struttura semplice non rinuncia all’utilizzo dell’orchestra. Il testo è stato scritto da me insieme a Richard Harris. La seconda voce è di John Bickham, la chitarra classica solista è eseguita da Mauro Montobbio. Oltre all’orchestra c’è un piccolo intervento di English Concertina suonata da Sirio Restani.

6) “You will see me”

Composta il 9 gennaio 2009, parte centrale del trittico dove risuonano le melodie sia dell’intro che del finale. Dopo un’introduzione strumentale, si passa ad una parte cantata a due voci (la voce maschile è la mia e la voce femminile è affidata ad Anna Marra). Non si può parlare di un classico duetto perché le due voci eseguono melodie completamente diverse che si sovrappongono come in un contrappunto. La storia parla di due persone che si trovano ai lati opposti di un muro di due paesi confinanti. Si conoscono soltanto attraverso le voci, e questo è bastato per farle innamorare. Cercano in tutti i modi un modo per raggiungersi e, anche se alla fine non ci riescono, continuano comunque ad amarsi. Il testo è stato scritto insieme a Massimiliano Bet.

7) “Fading light”

Composta il 6 febbraio 2009, brano rock strumentale con il pianoforte che mantiene una melodia ostinata in minore e le chitarre che, oltre ad accompagnare, eseguono la melodia che dapprima è molto triste, ma al passaggio in maggiore si rallegra e le chitarre passano a supportare il moog che esegue la linea melodica.

8) “The fly”

Composta all’incirca nel 1996, brano completamente acustico dove ci sono praticamente solo chitarre suonate da me, la batteria (Daviano Rotella) e le percussioni (John Bickham) ad accompagnare le mie voci cantate sempre all’ottava. Anche in questo caso il testo è stato scritto da me in italiano, mentre la versione in inglese presente nel CD è stata curata da Richard Harris. Si tratta di un viaggio alla ricerca di se stessi dove, ad un certo punto, il protagonista comincia a volare. La frase finale dice “Guarda dentro di te qualche volta, anche tu potrai cominciare a volare”, significa che se guardiamo sempre al di fuori di noi non riusciremo a migliorare, mentre se guardiamo dentro di noi non ci sono limiti alle nostre possibilità.

9) “Chime of the times”

Composta all’incirca nel 1985 con il titolo “Walking around” e completata nel 1988 con la parte introduttiva. Questo brano era compreso nel demo-tape degli Eris Pluvia. Inizialmente la voce doveva essere la mia, ma poi con Edmondo abbiamo deciso di farla cantare a Valeria Caucino (voce di “Sell my feelings” in “Rings of earthly light”). Il testo è stato scritto da me insieme a Richard Harris.

10) “You will see me (finale)”

Capitolo finale del trittico, e l’organico si riduce e diventa sempre più essenziale, infatti, gli strumenti sono soltanto il pianoforte a coda suonato da Massimo De Stefano ed il Moog suonato da me.

11) “A mountain of dust”

Composta all’incirca nel 2010. Anche questo brano ha la struttura di una suite. Sono stati utilizzati diversi strumenti a fiato, tra i quali spicca, oltre all’oboe ed al flauto traverso, la French Pipe suonata da Edmondo Romano. I cori sono stati realizzati da John Bickham e da Anna Marra. Il testo è stato scritto insieme a Massimiliano Bet. Alla fine di questo brano, dopo qualche secondo, è presente una ghost track che consiste in un’improvvisazione di pianoforte solo, eseguita da Massimo De Stefano.

L’unico brano creato “a quattro mani” con Edmondo è “Chime of the times”, composizione nata addirittura nel 1985 con il titolo “Walking around” e, come raccontato da Alessandro nella risposta precedente, compresa nel demo-tape degli Eris Pluvia. Perché la scelta di riprendere questo specifico brano? E attraverso quale processo lo si è reso “attuale”?

A.S.: In realtà è rimasto molto simile all’originale del 1985, è stata, però, aggiunta un’introduzione ed una parete cantata che composi nel 1988 ed è stata rimossa la parte finale presente nel demo tape. La parte chiamata “Walking around” di questo brano è la stessa fatta per coro e contrabbasso uscita nell’album “The Ancient Veil”.

E.R.: Per me queste operazioni sono sempre ben accette, trovo una bella cosa dare giusta voce e risalto adeguato a brani belli del passato.

Edmondo e Fabio, come avete “assecondato” Alessandro in “I am changing”?

E.R.: Io, come sempre, ho seguito tutte la parte di realizzazione, dalla cura delle registrazioni, in parte effettuate nel mio “Eden Studio”, alla verifica di quelle fatte nelle varie sedi di registrazione coinvolte, ho realizzato i mix e curato le grafiche. Io e Fabio abbiamo poi curato anche delle parti di arrangiamento. Anche se è un lavoro quasi interamente di Alessandro, il risultato sotto molti aspetti è forte grazie ad un lavoro corale e sinergico da parte di tutti.

F.S.: Come avvenne per “The Ancient Veil”, io ed Edmondo abbiamo integrato parti di arrangiamento alle pre-produzioni che Alessandro aveva già realizzato, aggiungendo un po’ della nostra personalità. Le voci sono state registrate da Alessandro con Edmondo presente in studio ed io da Milano, via Skype, seguivo e dirigevo artisticamente la sessione di registrazione.

Tra caratteristiche sonore dell’opera, brani recuperati e collaboratori, forte è la presenza dell’anima “Eris Pluvia” in “I am changing”. Ma quanto è davvero importante quell’esperienza nella vita artistica degli Ancient Veil?

A.S.: Come dicevo all’inizio di questa intervista, siamo molto legati alle nostre origini. Pur essendoci riappacificati con i due componenti non fondatori del vecchio gruppo, è rimasto un grande dispiacere di fondo, così in “I am changing” abbiamo voluto ospitare Martino Murtas, batterista degli Eris Pluvia in “Rings of earthly light”, Valeria Caucino, voce solista in “Sell my feelings” sempre di quel disco, Mauro Montobbio, chitarrista degli Eris Pluvia che mi sostituì quando io me ne andai dal gruppo e Daviano Rotella, batterista nel secondo album degli Eris Pluvia, il primo senza me e Edmondo (che comunque conteneva molte nostre idee), un lavoro scritto quasi totalmente dal compianto Paolo Raciti.

E.R.: Un normale percorso di crescita, niente di più. Le tue creature nascono e muoiono in continuazione.

Con “I am changing” entrate nell’orbita della Lizard Records. Come nasce il rapporto con la sempre attenta etichetta di Loris Furlan?

A.S.: Ho contattato Loris Furlan grazie a Fabio Zuffanti, ci siamo sentiti, gli ho mandato i brani da ascoltare ed ha accettato di produrre “I am changing”. Ci siamo trovati subito bene con Loris, è veramente una bella persona.

E.R.: Io sono molto contento del lavoro e del rapporto con Loris Furlan, persona presente e attenta che ha sempre creduto ed investito nel nostro progetto dedicando alle nostre uscite discografiche passione e consigliandoci sempre nel migliore dei modi. Sono aspetti non scontati in questo mondo. Aggiungo anche una grande intesa e condivisione nella visione della realtà musicale di oggi e di ieri, insomma un produttore vero e non un semplice esecutore o distributore intento solo a guadagnare qualcosa dalla tua arte.

I vostri due album vedono la presenza di un gran numero di collaboratori. Come cade la scelta su di loro, di volta in volta? E come si gestisce, in fase di composizione/registrazione, questo cospicuo gruppo di musicisti?

A.S.: In fase compositiva inserisco gli strumenti che mi piacciono di più, poi i nostri ospiti sono praticamente tutti amici che una volta contattati hanno deciso di partecipare senza compenso, per il piacere di fare musica insieme. Ovviamente faccio anche io la stessa cosa se mi viene richiesto, come è capitato per esempio con il CD di John Bickham.

E.R.: Pensiamo sempre per strumenti orchestrali, abbiamo sempre amato i suoni acustici e quindi non è cosa strana per noi ragionare per una vera e propria piccola orchestra, lo facciamo anche quando utilizziamo solo i nostri strumenti, io spesso sovraincido due o tre strumenti suonati da me quando l’arrangiamento lo richiede. Poi il grande e onorevole baratto è una nobile arte applicata ancora dai musicisti nel mondo della musica, dove noi suoniamo con piacere nei dischi di amici e loro suonano nei nostri. Baratto non sempre applicato, però, e anche giustamente, perché suonare è un lavoro e quindi il suo riconoscimento passa anche attraverso il denaro, come per ogni lavoro.

Nel 2018 donate una nuova “veste” al vostro primo lavoro con “New – The Ancient Veil remastered”. Come si svolge l’operazione e dove nasce l’esigenza di “riformulare” l’album?

A.S.: Dopo l’esperienza positiva di “I am changing” siamo stati contattati da un distributore tedesco, Jens Deneke, che ci ha chiesto più volte se eravamo interessati a fare una ristampa del nostro disco omonimo del 1995 edito dalla Mellow Records. A noi avrebbe fatto piacere ristamparlo ed era un desiderio che avevamo da anni ma che continuavamo a posticipare. Grazie a Jens Deneke, che ha deciso di farsi totalmente carico della produzione, il nostro desiderio si è potuto concretizzare, anche grazie alla preziosa disponibilità di Mauro Moroni della Mellow Records e alla consolidata collaborazione con Loris Furlan della Lizard Records, alla cura nella distribuzione digitale di Beppe Greppi della Felmay e dal tempo messo a disposizione dalla produzione Eden nella persona di Edmondo. Abbiamo, però, deciso di modificare in maniera sostanziale l’intero lavoro sotto tutti i punti di vista. Per prima cosa abbiamo deciso di eliminare quattro brani che, pur piacendoci, secondo noi erano poco coerenti con il resto del disco. In quasi tutti i pezzi abbiamo fatto delle aggiunte migliorative, mettendo strumenti nuovi come chitarre acustiche, elettriche, basso, flauti, clarinetti, sax e tastiere. Oltre a questo, Edmondo ha eseguito un mastering migliorativo che ha dato miglior suono e maggior volume al tutto. Sempre Edmondo ha pensato a delle nuove grafiche basandosi, come per “I am changing”, sui quadri di sua madre, Francesca Ghizzardi, che tra l’altro è stata autrice di alcuni testi di “Rings of earthly light”. A chiudere il tutto, Edmondo ha ripescato i quattro brani eliminati e li ha messi in un medley, composto anche attraverso l’utilizzo dei soli suoni naturali e di rumori di varia natura, una piccola suite “collage”. Vengono qui riproposte quasi per intero due composizioni storiche dei primissimi Eris Pluvia, due improvvisazioni registrate su Ampex che risalgono ai primi anni ottanta: “Eris pluvia”, una presa diretta per due flauti e vera pioggia registrata nel portone della prima sala prove del gruppo, improvvisazione che, come dicevo all’inizio di questa intervista, è all’origine di tutto il nostro percorso musicale del nostro primo gruppo nel 1985, e “Sarai pioggia”, per voce e pianoforte, naturale conseguenza musicale, incisa qualche mese dopo dalla prima cantante del gruppo, Cinzia Nucera. Cinzia purtroppo non c’è più, è mancata nel 1993 a soli 26 anni, ed inserire un brano cantato da lei in questo disco, per noi è significato averle reso un doveroso omaggio.

E, sempre nello stesso anno, esce anche “Rings of earthly… Live”, lavoro che ripercorre i trent’anni di carriera della formazione con brani tratti da “Rings of earthly light” (degli Eris Pluvia), “The Ancient Veil” e “I am changing”. Qual è, dunque, il primo bilancio di questi trent’anni (e oltre) di attività?

A.S.: “Rings of earthly… Live” è il nostro primo live di cui vado molto fiero. Come si può intuire, si tratta di un gioco di parole che rimanda sempre alle nostre origini. Il CD, in 73 minuti di musica, ripercorre i trent’anni di carriera della nostra formazione, proponendo dal vivo alcuni brani entrati a far parte della storia del “New Progressive” Italiano. Il disco parte con sei brani tratti da “The Ancient Veil” (Mellow Records, 1995), come detto, oggi nuovamente edito con il titolo “New – The Ancient Veil remastered” (Lizard Records 2018), prosegue con le composizioni di “Rings of earthly light” (Musea 1991) e termina con tre estratti da “I am changing” (Lizard Records 2017). Il live è stato registrato durante due concerti realizzati nel 2017 nel bellissimo spazio de “La Claque” di Genova del “Teatro della Tosse”. Il primo si è svolto il 12 maggio durante il lungo live che ha visto protagonisti anche Valeria Caucino, nel brano “Sell my feelings” (voce originale di “Rings of earthly light”), e due componenti dei Finisterre, Fabio Zuffanti e Stefano Marelli, alle chitarre acustiche che hanno suonato nel brano “In the rising mist”. Il secondo concerto si è svolto l’11 novembre, in formazione acustica completata dalla presenza di Marco Gnecco all’oboe. Il mix è stato curato da Simone Carbone, le riprese live da Massimo Calcagno e Patrick Simonetti. I dipinti in copertina e all’interno sono di Francesca Ghizzardi. Nonostante l’interruzione di parecchi anni, il bilancio per quello che mi riguarda è assolutamente positivo.

E.R.: La realizzazione del live ci affascinava da tempo, eravamo maturi per registrare e il risultato, a mio avviso, è stato davvero ottimo. Abbiamo dedicato molta cura ad ogni particolare e in questo devo davvero ringraziare la passione messa a disposizione dal tecnico/musicista e amico Simone Carbone. Anche il libretto che raccoglie elementi storici del gruppo come manifesti, recensioni di fanzine passate, ritagli di appunti per i mix del 1991, ecc. è ben curato e mi piace molto. Un live è sempre bello perché le esecuzioni dal vivo sono più accese, più vive. Oramai anche in studio, dove è possibile, cerco sempre di far registrare tutti i musicisti in presa diretta, il risultato è completamente differente se confrontato con un lavoro realizzato registrando gli strumenti traccia per traccia, ma purtroppo non sempre questo tipo di operazione è possibile.

 “Rings of earthly… Live” vede anche l’ingresso in formazione di Massimo e Marco. Qual è la strada che vi porta ad incrociare gli Ancient Veil? E, per Alessandro, Edmondo e Fabio, com’è cambiato il progetto con il loro arrivo? Con la nuova formazione a cinque avete finalmente trovato una sorta di “stabilità” definitiva?

M.P.: Sono stato contattato da Fabio con cui c’è un rapporto di reciproca stima professionale e umana da diversi anni. Mi hanno chiesto se conoscessi un batterista che potesse entrare in questo progetto e per me è stato un grosso piacere poter chiamare Marco. Abbiamo quasi subito iniziato a provare con tutti, i brani che dovevamo registrare per il primo live erano abbastanza impegnativi.

M.F.: Ho ricevuto con immenso piacere, la chiamata alle armi da Massimo, il quale era un carissimo amico di mio padre. Pensa che io e Massimo ci conosciamo da quando io avevo 10\11 anni. Ci perdemmo di vista pochi anni dopo e, passati quasi venti anni, abbiamo avuto modo di incontrarci nuovamente per poter suonare insieme. Anche questo è stato importante per la mia scelta di abbracciare il progetto, ritrovare Massimo, persona della quale ho una stima sconfinata musicale ed umana, legato poi a cari ricordi adolescenziali.

A.S.: Fabio ha contattato Massimo Palermo, sapevo già che fosse un bravissimo bassista, ed il solo fatto che avesse accettato di partecipare mi rese già molto felice, anche perché, pur conoscendoci da tanti anni, non ci era mai capitato di collaborare. Massimo parlò con Fabio di Marco Fuliano, e Fabio mi disse di andarlo a sentire su YouTube in un brano registrato per il suo gruppo: mi ha convinto subito! Ed anche lui, fortunatamente, accettò di partecipare al nostro progetto. Provare con loro è stato fantastico, considerate che non suonavo da 27 anni. C’è stata un’intesa immediata. Mi hanno aiutato, sostenuto ed incoraggiato. Sono veramente degli ottimi professionisti. Colgo l’occasione per ringraziarli tutti e quattro.

E.R.: Questo disco e i concerti dal vivo non sarebbero riusciti così bene senza la bravura e la serietà di Marco e Massimo, musicisti di lunga esperienza sempre in continua crescita e che dedicano la loro vita alla musica. La stabilità è data spesso anche dalla presenza e partecipazione dei componenti e dalla dedizione “piena” alla propria passione. Gli Ancient Veil sono un gruppo formato quasi esclusivamente da professionisti che vivono solo di musica, che dedicano il loro tempo completamente alla musica, il “mestiere” del musicista non è un secondo lavoro o un hobby, questo è un aspetto importante per la riuscita di un progetto e principalmente per la sua crescita. Oggi è davvero un privilegio riuscire a vivere solo della propria arte, specialmente in Italia dove non esiste una seria distinzione tra musicista amatoriale e professionista e dove le leggi non sono pensate per i tutti i lavoratori dello spettacolo ma solo per alcune fasce fortunate, come gli orchestrali fissi che lavorano in una struttura e quindi, per forza di cose, tutelati da un contratto, o per grandi nomi conosciuti. Questa non è la sede per addentrarmi troppo nell’argomento ma credo che il mondo della musica, e in gran parte anche quello del Rock Progressive, dovrebbe porsi delle domande. Molti gruppi o musicisti di band, pur di suonare ed apparire, accettano di esibirsi gratuitamente o quasi, questa pratica a lungo andare danneggia i professionisti che vengono quindi visti malamente quando giustamente chiedono un normalissimo cachet. Questo instaura un pericoloso percorso di chiusura verso l’innovazione, la ricerca musicale, perché una realtà che pullula di musicisti non professionisti crea un circuito chiuso di persone nostalgiche che, in maniera amatoriale, ripropongono per svago i loro idoli, utilizzando sempre gli stessi schemi amati dagli appassionati del genere, cancellando così ogni forma di crescita in un genere musicale, bandendo, con il rifiuto del cachet, anche il diritto di poter vivere di musica a chi desidera farlo. Un mondo di idraulici non pagati creerà un mondo di idraulici poco capaci che per vivere faranno altro, è semplice. Per questo con gli Ancient Veil abbiamo deciso di suonare poco, per scelta, perché il rispetto per il nostro lavoro è il rispetto per noi stessi e se qualcuno non è disposto a pagare per il nostro lavoro significa che non ha rispetto per la nostra musica. Quindi un grazie enorme ai cari nuovi amici Marco e Massimo che con coraggio e rispetto vivono con noi questa nostra storia.

F.S.: Credo che l’aspetto live per una band sia fondamentale ed indispensabile. Come ha già detto Edmondo, ho contattato Massimo Palermo con cui collaboro da quasi quindici anni, un bassista che ho sempre stimato molto. Abbiamo chiesto a lui quale fosse il batterista con cui avrebbe preferito suonare, Massimo ci ha dato qualche opzione fra cui Marco. Quando abbiamo sentito alcuni video, non abbiamo avuto alcun dubbio che Marco Fuliano sarebbe stato quello giusto. Credo fortemente che questa formazione sia il giusto equilibrio fra tradizione e innovazione, le diverse estrazioni musicali creano un mix a mio avviso molto efficace.

Anche il 2019 vede la vostra firma con “Eris Pluvia & Ancient Veil: 1991/1995 Rings of earthly light and other songs”, opera che contiene la prima ristampa ufficiale di “Rings of earthly light” degli Eris Pluvia e brani inediti e storici degli Ancient Veil realizzati in quel periodo. Questo “richiamo alle origini” sempre più forte è da leggere come un possibile ritorno sulle scene con gli Eris Pluvia?

A.S.: Anche in questo caso, per la ristampa dobbiamo ringraziare Jens Deneke. Non credo sia possibile un ritorno sulle scene con gli Eris Pluvia, anche perché loro hanno preso una strada completamente diversa rispetto al progetto originale che era composto nella quasi totalità da me e da Edmondo, ma questo CD ripubblicato a doppio nome quanto meno rappresenta una tregua in quella che è stata una “guerra fredda” per il nome.

E.R.: Ho dedicato molto tempo a questo disco perché frutto diretto del mio lavoro e di Alessandro, come quello che lo contiene. Ho ripassato tutti i DAT originali per avere un suono di partenza meno filtrato e più pulito possibile. Su un possibile romantico ritorno posso solo dire che gli Eris Pluvia di oggi, per forza di cose, fanno altra musica, le loro produzioni non hanno nulla a che vedere con il lavoro discografico citato, sinceramente non sento il bisogno di fare passi indietro nel mio percorso, sto lavorando a tre nuovi dischi e alle musiche di un nuovo spettacolo teatrale, mi interessa questo oggi.

Cambiando discorso, il mondo del web e dei social è ormai parte integrante, forse preponderante, delle nostre vite, in generale, e della musica, in particolare. Quali sono i pro e i contro di questa “civiltà 2.0” secondo il vostro punto di vista per chi fa musica?

A.S.: Penso che di positivo ci sia l’estrema velocità di diffusione e la possibilità di avere contatti con persone che prima era difficilissimo se non impossibile conoscere. Purtroppo, con i download non ufficiali si svilisce e si vanifica il lavoro di chi fa musica ed impiega anni prima di riuscire a pubblicare qualcosa. In tutti i modi la musica preferisco averla su un supporto originale come il CD, al limite la converto per ascoltarla sull’IPod o sullo smartphone.

E.R.: Domanda dalla risposta lunga e articolata. Mia figlia di vent’anni ascolta la musica tramite Spotify, ascolta dischi per me importanti degli anni ’60 ’70, ’80, ’90… che conosco a memoria perché legati a momenti significativi della mia vita, quindi musica di ogni genere ed epoca, ma tra me e lei ci sono due fondamentali differenze. Io possiedo i dischi fisici (vinile, CD o anche solo HD) della musica che lei sente e per conoscere quelle note mi chiudevo al buio nella mia camera, con quelle note volevo viaggiare, emozionarmi, da adolescente risparmiavo i soldi per comprarmi quei dischi che tanto mi affascinavano. Lei non vuole possedere nulla, neanche un HD con i suoi brani preferiti in mp3, vuole poter sentire tutto in streaming, senza pesi da portarsi dietro e ascolta questa musica per distrarsi, perché è piacevole da sentire mentre studia o fa dell’altro. Mi direte “ma tu sei un musicista e lei una ragazza, è normale che sia così”. Non è proprio vero, tutti noi ci siamo evoluti profondamente con la musica che ci arrivava tramite la radio o che ci attraeva, tutti conosciamo la storia dei nostri idoli musicali, tutti noi siamo stati influenzati dal loro modo di essere, di vivere, di vestire. Mia figlia è colta, ha studiato per anni pianoforte e danza, è cresciuta in una casa di artisti sempre piena di attori, registi, musicisti, la sua natura non è superficiale ma vive un modo totalmente differente di porsi verso il mondo dell’arte e del suo “utilizzo”. Logicamente questa cosa non avverrà per tutti i ragazzi di oggi, questo vuole sole essere un esempio chiaro di come oggi viene vissuta la realtà dai giovani, una realtà che comunque abbiamo creato noi quarantenni, cinquantenni… Siamo stati e siamo noi nella stanza dei bottoni, non i ragazzi, loro assorbono il mondo intorno e la mercificazione della musica l’abbiamo creata noi nel tempo. Questo abbiamo fatto con il digitale forsennato e lo streaming incontrollato della musica (cosa diversa per il mondo dei film che è stato capace di gestire meglio i diritti) ed ora ci lamentiamo con loro del fatto che non sanno più ascoltare buona musica o che sono superficiali, come degli anziani autistici. Anche qui, iniziamo a porci delle domande sul nostro operato, su cosa abbiamo sbagliato e su come non siamo per niente stati lungimiranti in questo ambito. In ogni caso ascolto moltissima musica nuova senza limiti di genere, tutto mi incuriosisce e tutto mi stimola, logicamente scelgo poi cosa approfondire. Per questo ringrazio in parte il mondo digitale che mi permette di accedere a moltissima musica anche se i miei diritti d’autore, grazie alle piattaforme digitali, non esistono più e hanno impoverito me, i miei colleghi e i miei discografici facendo ingrassare di denaro solo le realtà più forti, ma siamo sempre lì, chi ha impoverito l’arte e l’artista? I ragazzi che usano Spotify? Direi di no.

E quali sono le difficoltà oggettive che rendono faticosa, al giorno d’oggi, la promozione della propria musica tali da ritrovarsi, ad esempio, quasi “obbligati” a ricorrere all’autoproduzione o ad una campagna di raccolta fondi online?

A.S.: La vera difficoltà sta nel fatto che facciamo un genere considerato di “nicchia”, promuovere questo tipo di musica è veramente difficile, ma soprattutto è difficile trovare il modo per suonare dal vivo in maniera non gratuita. Penso che anche qui, di fondo, manchi la cultura per capire che chi suona e chi compone spende anni della sua vita a studiare ed a lavorare sulla musica e per la musica, non è giusto che tutto questo venga svilito non dando il giusto compenso a chi invece se lo meriterebbe. Per quanto riguarda la produzione, fino ad oggi siamo stati fortunati perché, a parte “Rings of earthly light”, dove ci siamo auto tassati, per tutti gli altri lavori c’è sempre stato un produttore disposto a farsi carico delle spese.

E.R.: Chi lavora con capacità, coscienza, serietà e ricerca nuova, differenziando il proprio messaggio, il proprio suono dal resto del mondo che lo circonda, comunicando un messaggio profondo, rispettando il suo lavoro anche nella materia contributiva ed economica, a mio avviso riesce sempre ad avere risultati migliori e più professionali di chi lo fa per hobby o come ritaglio di tempo, questo avviene quasi sempre. Un percorso continuo per forza ha risultati maggiori di un percorso svolto a singhiozzo, a meno che tu non sia un genio, ma quelli sono pochi e rari. Ho la fortuna di lavorare da molti anni sempre in totale libertà con discografici seri che tutelano tutte le mie opere dalla stampa ai diritti fisici, digitali, video… Se pratichi un percorso di crescita, l’autoproduzione viene vissuta come una scelta o una possibilità in più non come un ripiego.

E qual è la vostra opinione sulla scena Progressiva Italiana attuale? C’è modo di confrontarsi, collaborare e crescere con altre giovani e interessanti realtà?

A.S.: Non saprei, siamo talmente tanti che, a momenti, ci sono più persone che fanno Progressive che persone che lo ascoltano. Io comunque sono sempre aperto al confronto ed alle collaborazioni.

E.R.: Sinceramente sarò impopolare ma ora sono stimolato da scritture musicali più orchestrali o di sperimentazione che dalla musica Progressive che mi sembra si stia un po’ ripetendo da un po’ di tempo a questa parte, noto una spinta minore verso la ricerca della propria personalità. Mi ripeto ma le mie antenne si alzano quando sentono originalità in un artista. Nessuno si sognerebbe di dire che i Jethro Tull assomigliano agli Yes o ai King Crimson o Gentle Giant, PFM Banco, ecc. Quindi perché molti gruppi oggi si assomigliano?

Esulando per un attimo dal mondo Ancient Veil e “addentrandoci” nelle vostre vite, ci sono altre attività artistiche che svolgete nella vita quotidiana?

A.S.: Non tutti i brani che scrivo finiscono per essere fatti per gli Ancient Veil, diciamo che la composizione, pur non essendo un professionista della musica, è la mia attività principale. Poi ho studiato lirica per tanti anni e ho cantato in un coro lirico sia come corista che come solista comprimario in diverse opere. Sono un basso baritono. In questo momento ho un attimo messo da parte questa attività per concentrarmi meglio sul progetto Ancient Veil.

E.R.: In gran parte ho già risposto prima a questa domanda. Da professionista della musica io scrivo, suono, arrangio sempre nella mia giornata, anche quando cammino per strada, in ogni momento penso sempre alla musica, alla copertina del CD che sto realizzando, al video musicale che sto montando, alle prove da fare, al suono del dato spettacolo. È come mangiare, nutrimento per il corpo, tu potresti non mangiare per tre giorni? Dopo un po’ moriresti.

F.S.: Mi occupo di musica quotidianamente, dalla formazione accademica alla produzione, allo scouting, avendo appena fondato un’etichetta discografica indipendente.

M.P.: Insegno musica in due scuole private (a Genova, che è la mia città, e a Milano) e nel corso degli anni ho collaborato con diversi artisti sia nel live che nei vari dischi.

M.F.: Sono turnista in ambito italiano e internazionale. Insegno nel mio studio in società con Simone Carbone, fonico di spicco del panorama ligure, il quale, peraltro, ha mixato “Rings of earthly… Live”. Con lui seguiamo produzioni di diversi generi musicali.

E parlando, invece, di gusti musicali, di background individuale (in fatto di ascolti), vi va di confessare il vostro “podio” di preferenze personali?

A.S.: Facilissimo, pronto a confessarmi, l’unica cosa è che sul podio li metterei tutti sul gradino più alto: Genesis, Pink Floyd, Jethro Tull, Steve Hackett, Yes, Gentle Giant, Deep Purple, Pat Metheny, Allan Holdsworth… per non parlare della musica classica e lirica dove mi limiterò a citarne solo alcuni: Verdi, Puccini, Rossini, Bach, Mozart, Stravinsky…

E.R.: Devo premettere che io sono cresciuto negli anni ‘70 con genitori giovanissimi che ascoltavano tutti i dischi che uscivano nel momento, amanti della classica, Prog, rock, contemporanea, jazz… Da bambino nel podio c’era tutta la musica classica che ritenevo essere l’unica vera musica da ascoltare e che considero essere ancora oggi la più alta espressione musicale raggiunta dall’uomo. Poi, verso gli 11 anni, ho iniziato ad ascoltare tutti i dischi di mio padre, quindi il podio era dei Pink Floyd, King Crimson, Beatles, Jethro Tull, Rolling Stones, Dylan, ELP… Subito dopo si è aggiunto tutto il restante mondo Progressive in tutte le sue diramazioni, il minimalismo, l’ambient music, sperimentale, dark, pop di qualità, punk, jazz, fusion… Successivamente tutto il pianeta colto e attento alle tradizioni, con particolare passione per le colonne sonore che sono diventate per me grande fonte d’ispirazione, la world music sotto tutte le sue forme, la musica folk, le musiche di contaminazione. Suono molti strumenti a fiato di molte tradizioni del mondo e ho studiato ed abbracciato negli anni molti generi musicali differenti, questo mi porta ad essere sempre curioso verso la musica di ogni genere. Oggi non esiste un podio preferito, tutto ciò che è originale e personale mi rapisce, ciò che ripete la musica del passato o ciò che viene creato appositamente per vendere mi annoia e lo considero tempo sprecato. La musica deve stimolarmi, ho le braccia aperte verso tutti i generi nuovi, ascoltare sempre le stesse cose è come mangiare sempre lo stesso cibo, perdi la capacità di valutare e gustare i piatti.

F.S.: Essendo il fratello minore, ho, per mia grande fortuna, ereditato la musica da Alessandro. Fin da subito, ho apprezzato i Genesis, ma il mio primo grande amore sono stati i Pink Floyd, in seguito i Deep Purple. Crescendo ho scoperto Sting, Pat Metheny, Toto, Dream Theater, per citarne alcuni, tutti progetti che hanno profondamente segnato il mio modo di suonare.

M.P.: Come dicevo prima, il mio approccio alla musica di un certo valore artistico è stato con il jazz/rock e la fusion anche se ho sempre apprezzato anche il pop di una verta qualità, mentre Il mio rapporto con il Prog è nato, a dire il vero, successivamente.

M.F.: Fare una classifica mi è davvero difficile. Come detto nella prima risposta data, il mio background è sempre stato abbastanza eclettico. Posso dire con fermezza di amare moltissimo la nuova branca del Prog, quella alternative metal, che vede spiccare gruppi come i Karnivool, i TesseracT, i Leprous, i Periphery. D’altro canto, amo fortemente la musica black come il neo soul di Robert Glasper, Erykah Badu, Chris Dave, D’Angelo. Ma nella mia rotazione musicale puoi trovare anche colonne sonore di Sakamoto e Zimmer, il pop di Dua Lipa, Justin Timberlake, Bruno Mars, anche, però, la fusion moderna degli Snarky Puppy e Larnell Lewis, artisti molto soft e introspettivi come RY X, Banks, James Blake. Insomma, davvero difficile creare un podio!

Restando ancora un po’ con i fari puntati su di voi, c’è un libro, uno scrittore o un artista (in qualsiasi campo) che amate e che consigliereste di approfondirne la conoscenza a chi sta ora leggendo questa intervista?

A.S.: Ci sarebbero molti nomi da citare in ogni campo artistico e letterario. Per quanto riguarda il libro, se proprio devo citarne uno, anche se l’idea può far sorridere, consiglierei di leggere “Pinocchio” nella versione originale di Collodi: chi non lo ha ancora letto rimarrà sorpreso da quanti insegnamenti di vita si possano trovare in questo libro “per bambini”. Per quanto riguarda l’arte sono molto appassionato, ma le maggiori emozioni, trovandomi davanti ad una loro opera, le ho provate con Caravaggio e Van Gogh.

E.R.: Mi sento di consigliare alcuni compositori e lavori a me ultimamente cari: le ultime produzioni del compositore tedesco Max Ritcher; gli ultimi due dischi dei bravissimi musicisti turchi Taksim Trio; tutta la produzione del compositore Stephan Micus; l’opera completa dei Quartetti per archi di Beethoven eseguiti da Alban Berg Quartet; “The epic” di Kamasi Washington; “Aria” di Irish Hond; il “Lacrimosa” di Zbigniew Preisner… e sedersi a lungo in silenzio nella sala centrale del primo piano del museo Belvedere di Vienna ad osservare “Il bacio” di Gustav Klimt.

Tornando al giorno d’oggi, alla luce dell’emergenza che abbiamo vissuto (e che stiamo ancora vivendo), come immaginate il futuro della musica nel nostro paese?

A.S.: Al di là dell’emergenza, vedo sempre meno musica e sempre più stereotipi. Non si compone più, si tende ad utilizzare quello che già è stato fatto, mi riferisco alle citazioni ed ai campionamenti, per non parlare del proliferare delle tribute band, che in alcuni casi posso trovare anche piacevoli, ma che purtroppo stanno soppiantando le band con idee originali. A noi è capitato in un Festival Prog di avere solo quaranta minuti di tempo per suonare contro l’ora di una band tributo ai Genesis e addirittura l’ora e mezza di una band tributo ai Pink Floyd. Non è neanche del tutto vero che la colpa sia del pubblico, perché in quell’occasione ho parlato con molte persone che si sono lamentate di questa situazione.

E.R.: Condivido quello che dice Alessandro, ma da persona ben addentrata ed informata della realtà degli artisti, oggi mi viene da aggiungere semplicemente che se non vengono riviste immediatamente tutte le regole che “non tutelano“ il mondo degli artisti professionisti come musicisti, attori, tecnici… riconoscendo loro gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori in questo paese, regole applicate in “tutti gli altri paesi europei”, il nostro stato vivrà un momento molto ma molto buio in un futuro vicino. L’unico modo per migliorare la vita sociale di un paese è fornire alla popolazione gli strumenti per renderla colta e preparata, renderla capace di vedere e saper vivere il bello e per far questo ci vuole cultura. L’arte si basa sulla creazione e quindi sulla lungimiranza e anticipa sempre i tempi, la politica, invece, sul consenso e quindi vive quasi solo di presente e fatica a rapportarsi con il mondo degli artisti. Purtroppo l’Italia vive di politica in ogni campo e l’italiano medio continua a vedere gli artisti come dei simpatici intrattenitori e non come lavoratori e padri di famiglia con diritti uguali agli altri lavoratori.

F.S.: Credo che stiamo vivendo un’epoca buia e la musica, essendo lo specchio della società, rispecchia a pieno questo stato di assopimento artistico, la vita quotidiana corre molto veloce, la gente non si emoziona più con la Musica, ma ha bisogno di ascoltare cose che impegnano poco. Facendo un paragone culinario, la gente preferisce mangiare ogni giorno al fast food, costa poco, sazia e ha un sapore che mette d’accordo più o meno tutti, dimenticando però che ci sono un mucchio di piatti dai sapori più raffinati. Il nostro palato sembra non essere più abituato a certi sapori.

E per chiudere: c’è qualche novità sul prossimo futuro degli Ancient Veil che vi è possibile anticipare?

A.S.: Il nuovo CD “Unplugged live” quasi del tutto acustico prodotto da Massimiliano Bet, Loris Furlan e Eden Production. Bet è anche autore, tra l’altro, di alcuni testi degli ultimi lavori. Stiamo già pensando al prossimo lavoro di inediti. Abbiamo già molto materiale ma ne stiamo facendo anche di nuovo. Spero poi che sia di nuovo possibile tornare a fare concerti, perché quando poi si ricomincia, diventa difficile smettere!

E.R.: Abbiamo deciso di completare il capitolo live con un nuovo CD dal vivo dove sono presenti i brani acustici non inseriti nel primo lavoro. Un disco più di ascolto, morbido, completo di brani inediti sino ad oggi eseguiti solo dal vivo e con due pezzi suonati anche con la formazione completa. In questo caso ci sono anche registrazioni effettuate all’inizio del 2019 a “La Casa di Alex” a Milano, luogo di un gran bel concerto che ha visto la sala completamente gremita e dove abbiamo realizzato tre video promozionali che saranno pubblicati sul nostro canale YouTube quando il CD sarà in vendita.

Grazie mille ragazzi!     

A.S.: Grazie a te!

E.R.: Grazie a te!

F.S.: Grazie a te e VIVA LA MUSICA!!

M.P.: Grazie a te… al prossimo disco!

M.F.: Grazie mille a te e al VIVA LA MUSICA di Fabio, aggiungo E LA SINERGIA FRA I MUSICISTI!

(Settembre, 2020 – Intervista tratta dal volume “Dialoghi Prog. Il Rock Progressivo Italiano del nuovo millennio raccontato dai protagonisti“)

 

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