NichelOdeon/InSonar & Relatives | INCIDENTI-Lo Schianto

NICHELODEON/INSONAR & RELATIVES

INCIDENTI-Lo Schianto (2021)

Snowdonia Dischi

 

“Sin da bimbo non sopportavo il sistema tonale. La mia percezione si animava solo in presenza di dissonanze”.

“Io faccio musica perché voglio ascoltare cose che non ho ancora sentito”. [Brevi stralci tratti da una conversazione privata con Claudio Milano (che ne ha autorizzato la diffusione)].

Ecco, è da concetti come questi che prende il via l’approccio ad un lavoro quale INCIDENTI-Lo Schianto, il nuovo album di Milano firmato con il nome di NichelOdeon/InSonar & Relatives.

Se a questo poi si aggiunge la presentazione dell’album sui generis fatta dalla Snowdonia Dischi [È con enorme rammarico che Snowdonia annuncia l’uscita di “INCIDENTI-Lo Schianto” di NichelOdeon/InSonar & Relatives. Un disco SENZA VALORE (titolo attribuito a ciascuna delle tracce): non è leggero e spensierato, non parla di rinascita nel “dopo-pandemia”, il cantante del progetto non è bono, non è pansessuale e non è ventenne. “INCIDENTI-Lo Schianto” è pronto per divenire il più grande fallimento di Snowdonia e Claudio Milano ne va fiero (ma senza montarsi la testa)] e, inoltre, si conosce già, almeno in parte, la produzione di Milano, allora quanto sta per schiudersi ai nostri occhi (e alle nostre orecchie) è qualcosa di semplicemente unico.

Irrazionale, alienante, estremo, almeno dieci passi oltre la linea che demarca la “normalità”: questo (e molto altro) è Claudio Milano, un alchimista che ha scoperto la sua pietra filosofale e che tramuta idee (semplici o geniali che siano) in stupefacenti opere surreali (o talmente reali da sembrare irreali).

E INCIDENTI-Lo Schianto (primo capitolo di un progetto sul crollo della civiltà occidentale) è, innanzitutto, un disco sul superamento della rabbia attraverso la sua indagine più livida e senza sconto alcuno, a sé stessi in primis. Come conquista personale ma non sociale. E questo superamento della rabbia avviene anche attraverso l’uso della rabbia stessa, che sia espressa dalla voce o dai suoni.

Non c’è un genere musicale cui è possibile far riferimento per “etichettare” la proposta di NichelOdeon/InSonar & Relatives: la sua natura di “collage avanguardistico e sperimentale” ne fa un’entità “altra”, fuori da qualsiasi classificazione settaria. In esso, innanzitutto, c’è la voce di Claudio Milano, incredibile, prodigiosa, non di questa terra, e lui è capace di plasmarla, tramutarla, violentarla come un Demetrio Stratos dei giorni nostri (per dirla in modo banale). E poi ci sono i suoni (ma anche altre voci): tutto è abrasivo, urticante, un fiume in piena (sommato a quanto offerto da Claudio) di genio e follia, due elementi che vanno a braccetto fondendosi in pura Arte.

Milano soffia contro la fiamma del conformismo, deforma tutto ciò che ha una fisionomia anche solo lontanamente riconoscibile mettendo sul piatto una sorta di “incoscienza controllata” che sublima nei testi (non tutti suoi, in realtà) che spaziano da temi sociali al ciclo di brani denominato “Legalizzate Olocausti” dedicato ai morti nel Mediterraneo e nei lager filosovietici per accusa di omosessualità. E le liriche sono qualcosa di magnetico, magico, unico: poesie ermetiche o esplicitamente dirette, ricchi di riferimenti culturali alti, labirinti di parole in cui è piacevole smarrirsi.

E un’opera titanica del genere non poteva che compiersi attraverso la collaborazione di uno smisurato numero di artisti. Ecco allora, accanto a Claudio Milano [tutti i suoni vocali (tracce 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 13, 15, 16), suoni pre-vocali e introduzioni teatrali (tracce 11, 12), screaming (tracce 12), cori ed effetti vocali (traccia 8), diamonica e pianoforte (traccia 9), percussioni (tracce 4, 16), synth (6, 13), soundscapes (tracce 4, 9, 15), elettronica (13, 14, 15, 17)], comparire Paolo Siconolfi [editing, missaggio, mastering, sound designer (tracce da 1 a 17), elettronica (tracce 2, 4, 6, 8, 9, 13, 15), soundscapes (4, 11), Erica Scherl [violino (tracce 2, 4, 7, 8, 10, 11, 12, 15, 16)], Evaristo Casonato [oboe (tracce 2, 4, 7, 8, 15, 16), flauti (tracce 4, 7, 8, 16), sax contralto (tracce 7, 16) corno inglese (traccia 16)], Paolo Tofani Krishna Prema [IPad (tracce 3, 16)], Vincenzo Zitello [Theremin Moog (traccia 4)], Laura Catrani [soprano (tracce 1, 14)], Coucou Sèlavy [miriadi di voci/teatro (tracce 11, 12)], Dalila Kayros [voce estesa (traccia 15 dal 06.07.089 al 09.01.140), soundscapes (traccia 14)], Cinzia La Fauci [voci dei fantasmi (traccia 8 da 00.43.081 a 01.25.495)], Stefano Luigi Mangia [voce estesa (traccia 15 dal 06.09.782 al 07.12.642)], Massimo Silverio [voce solista (traccia 8), violoncello (tracce 8, 9), chitarra elettrica (traccia 9)], Paola Tagliaferro [voci di tutte le madri (traccia 8 da 0.11.371 a 0.32.362 e da 03.03.293 a 03.25.955), zither (tracce 8, 14)], Paola Tozzi [voce (traccia 17)], Vittorio Nistri [synth, elettronica (traccia 15, 17), chitarra classica (traccia 15), pre-edit (traccia 15)], Stefano Giannotti [synth (tracce 5, 9), piano elettrico (traccia 9), pianoforte preparato (traccia 7), batteria e percussioni (traccia 9), harmonium (traccia 9)], Gianni Lenoci [pianoforte preparato (traccia 5)], Camillo Pace [contrabbasso (tracce 13, 15)], Francesca Badalini [pianoforte a coda (tracce 4, 16), pianoforte preparato (traccia 4)], Andrea Grumelli [basso fretless, bassi (tracce 2, 4, 15)], Andrea Quattrini [batteria, percussioni, elettronica (tracce 4, 7)], Stefano Ferrian [chitarra elettrica (tracce 3, 15)], Raoul Moretti [arpa elettrificata (traccia 15)], Andrea Murada [percussioni autocostruite, percussioni da tutto il mondo (traccia 16)], Fabio Amurri [pianoforte (traccia 7)], Pierpaolo Caputo [ghironda elettrificata autocostruita (4-16)], Mimmo Frioli [batteria, percussioni, pre-edit, registrazione (tracce 3, 10, 11, 12)], Giovanni D’Elia [basso (tracce 3, 10, 11, 12)], Danilo Camassa [chitarra classica ed elettrica (tracce 10, 11, 12)], Mauro Corvaglia  chitarra elettrica autocostruita (traccia 3)], Domenico Liuzzi [sax tenore (tracce 3, 15), fagotto (tracce 15, 16)], Max Pieretti [synth – closing section (traccia 7)], Fulvio Manganini [stick (traccia 7)], Alessandro Palma [batteria (traccia 16)], Ulisse Tonon: fisarmoniche (tracce 7, 14), fisarmonica elettrificata (traccia 14), pianoforte preparato (traccia 14)], Sisto Palombella [fisarmonica (traccia 1)], Claudio Pirro [chitarre elettriche e acustiche (traccia 2)], Marco Lucchi [mellotron (traccia 8)], Luca Olivieri [glockenspiel (tracce 4, 15)], Lorenzo Sempio [chitarre, synth per chitarra, rumori &amp, effetti (tracce 1, 8)], Jody Bortoluzzi [synth, suggestioni (traccia 8)], Ivano Nardi [batteria, percussioni (traccia 15)], Franco Poggiali [synth (traccia 17)] e Daniele Onori [chitarre elettriche e acustiche (traccia 17)].

Dulcis in fundo, l’artwork: quattro dipinti realizzati da Claudio Milano con tecnica polimaterica e in rilievo su tavola, quattro immagini in cui rivivono il dolore e la follia, l’elemento surreale e quello più diretto di INCIDENTI-Lo Schianto (e di Claudio Milano). E ci sono anche quattro stickers che ribaltano in modo comico quanto raccontato dalla copertina ad accompagnare il tutto e che sono letteralmente da “Attaccare” (come suggerito dagli stessi).

Non Esistono. L’accoglienza di INCIDENTI-Lo Schianto è di quelle che non ti aspetti (o ti aspetti, se hai compreso un minimo ciò che andrai ad ascoltare). Completa sperimentazione vocale offerta da Laura Catrani, con piccoli dettagli sonori e cambi d’ambientazione ben accostati alla camaleontica voce: Opus Avantra gettati un passo avant(r)i. Ma prima che il nuovo brano possa iniziare, un po’ di tensione elettrica che non guasta affatto. E il testo è pura e cruda poesia: Avevano dita più lunghe di Michelangelo, / voci d’arcangeli e camminavano danzando. / Han visto la luce in uno sparo, / forse mai dal mio grembo, / da cui di notte li strappasti, / Cecenia, dicendo: / “non esistono, / non esistono!” / No, non esistono, / più.

Il violino isterico di Erica Scherl, ottimamente aggrovigliato agli instabili oboe (suonato da Evaristo Casonato) e basso fretless (affidato a Andrea Grumelli), ci tendono le braccia in How Hard Tune!, prima che il padrone di casa inizi i suoi voli vocali mozzafiato (e pluristratificati) monopolizzando l’attenzione. Ipnotico. […] I cani squartino le tue viscere in sogno, / lasciando soli, i tuoi calzini a pois, / dono a chi, come te, mente.

Estraniante prende corpo Variations on The Jargon King (su testo di Peter Hammill), con Claudio che mette il suo “carico vocale da 90” esasperando il tutto. E quando anche le ritmiche pachidermiche, le chitarre granitiche e i fiati violentati entrano in scena, tutto si fa magicamente R.I.O. (quasi una sorta di Art Zoyd “calpestati” da bordate doom). E sempre più delirante si fa il prosieguo, con lo “strumento” di Milano spinto oltre i limiti del possibile e l’elemento sonoro che vive di vita propria, schizofrenico. Episodio caldo e stupefacente.

Una calma surreale pervade gli inizi de Il Barbiere degli Occhi, con una miriade di minuzie sonore che fanno accrescere lentamente l’angoscia (su tutti quello del pianoforte preparato di Francesca Badalini), mentre Claudio Milano quasi sussurra avvolgendo la sua voce all’arco di Erica Scherl. Dura più a lungo / quando li stacco con le pinze, / ma tagliarli col rasoio / regala il brivido più bello. / C’è chi dopo vede paradisi, / o fornaci di gloria, / qualcuno è rimasto cieco, / chi è nato / e chi infine si è ucciso, / ma sol perché, / piacere ne ha tratto […]. E tutto si fa vorticoso poco oltre, avanzando poi tra alti e bassi ritmici, con la sovrapposizione sonora (e vocale) sempre più spigolosa e magnetica che non lascia tregua. Ma c’è anche tempo per una dolcezza “altra” affidata allo stesso canto mellifluo di Claudio e a tocchi delicati di piano (e non solo). Coda fatata.

Atmosfera crepuscolare per Con Dedica, con il canto/parlato di Claudio protagonista totale e i piccoli tasselli fuligginosi a creare un contorno perfetto. In alcuni momenti sembra quasi di ritrovarsi in uno dei folli “quadri” di Juri Camisasca de “La finestra dentro”. […] Sappiamo tutti da chi o cosa farci consumare / non con chi creare […].

Solenne si apre Senza Ritorno, una sorta di coro gregoriano stravolto e milanesizzato. E sono le numerose voci di Claudio a portare scompiglio lungo tutto il tragitto con sovrapposizioni continue che non lasciano “rifiatare”. […] Non è illusione di cambiamento / Non è fuga dalla vita ma ricerca / Di una parte smarrita / Di un ricordo di essenza / Percepita e sfuggita senza ritorno (testo di Salvatore Lazzara).

Clima natalizio e bucolico nelle primissime battute de La Scatola, prima che Claudio inizi a dialogare, a modo suo, con il piano. […] C’è una scatola nera / tra le pieghe del mondo, / dove ogni volta che muoio, / c’è una dimensione che attende, me, / un labirinto dove passeggiare, respirando, / senza cercare uscita […]. Quanto segue vede lo stesso artista zigzagare con la sua voce, toccando anche momenti poetici alla De André, mentre da encomiare è anche il lavoro dei fiati di Evaristo Casonato. Ma anche gli archi, ben coadiuvati dalle ritmiche, tengono bene testa al vocalist, svariando senza sosta e “folleggiando” senza paura. E tutto si fa teatrale, quasi fonodrammatico (alla Il babau e i maledetti cretini) nella seconda metà del brano, prima di riprendere il tracciato iniziale e distendersi delicatamente.

Un tocco esoterico, magico, si percepisce nettamente in L’ultima Sigaretta (Fantasmi ad Argun), con i tappeti compositi (fatti di archi, ghironda elettrificata autocostruita, synth, zither e altro ancora, che torneranno spesso lungo il tragitto) che avviluppano completamente e morbidamente i nuovi giochi vocali di Massimo Silverio, Claudio Milano, Paola Tagliaferro (voce di tutte le madri) e Cinzia La Fauci (voce dei fantasmi), tanti tentacoli che avvinghiano stretti senza lasciare scampo. E l’elemento fatato si fa ancor più tangibile col trascorrere dei secondi, prima che il flauto incantatore di Casonato monopolizzi la scena, cedendola ben presto a nuovi momenti stregati.

“Vola basso” Idiota – Autoritratto (Tadzio’s Death), lenta, diluita, sinuosa, tra le spire “molli” di Claudio. A seguire un po’ di tensione che non guasta. Un breve episodio in vista del seguente lungo brano tripartito. La bellezza è il morbo / che piega il tuo sguardo / fino a leccare il fango. / La danza che sguscia / oltre l’eleganza a segnare il tempo / spegnendoti brichetto / ad ogni mossa. / Solo allora capisci / di non avere mai avuto / ciò che volevi / e che il nome a te degno / è idiota. / La bellezza è il morbo / che piega il tuo sguardo / spogliandolo.

Ho gettato mio figlio da una rupe / perché non somigliava a Fabrizio Corona / era tutto troppo, ma non era mai abbastanza, / non sapeva raccontarsi, solo esibirsi, / non sapeva stare al mondo, quando vivere è sbancare / e poi era didascalico […]. Così ha inizio Ho Gettato mio Figlio, la prima parte di Ho Gettato mio Figlio da una Rupe perché non Somigliava a Fabrizio Corona, con un delirio totale che si muove tra Magma, Einstürzende Neubauten e Fantômas, e con un Claudio  (ancora una volta) in stato di grazia. Superbo il lavoro delle ritmiche, camaleontiche quanto il canto, tra schizofrenia e marce a “differenti velocità”. E poi il padrone di casa impazzisce definitivamente, il canto smette di essere tale (in realtà, è il suo marchio di fabbrica, ma in questo frangente sembra andare oltre. Chapeau) e con una serie di estremizzazioni da brividi, sempre assecondate ottimamente dai suoni, avanza indisturbato, tra novità e riprese, con tanto di citazione di “The Smurfs Theme Songs La La La” di Mander & One T.

E avanzando, come sempre, “al buio”, ecco giungere Cento Vite, un altro momento ai limiti del bizzarro, con Claudio che si fa beffe del brano “Mamma mia dammi cento lire”, cucendogli addosso una sinistra musichetta da luna park di epoche passate e un canto beffardo. […] “Madre mia quali cento vite che all’inferno io voglio andar” / “Cento vite dato ti ho, all’inferno no, non si può” […].

Il Coro dei Critici all’ultima Sponda del Commiato. E sempre con un forte senso di disorientamento addosso, si aggiunge passo a passo nel nostro cammino, ritrovandosi quasi circondato da una serie di televisori sintonizzati su canali differenti, tante voci estranianti che raggiungono il cervello da ogni direzione, con musica/teatro realizzata da Coucou Sèlavy, rumorismo/concrete-industrial a cura della band e parole estratte dalle recensioni ad “UKIYOE (Mondi Fluttuanti)” di NichelOdeon/InSonar, scritte sul sito Progarchives.com, selezionate e assemblate in modo DADA da Coucou Sèlavy & Claudio Milano.

Completamente “fuori” Sabbia Scura con le sue stratificazioni vocali sempre più alterate e disturbanti e quei suoni che ne ricalcano le orme. Un flusso liquido, denso, che ti bagna i piedi, le caviglie, le ginocchia e sempre più su fino a ritrovarti impossibilitato a muoverti e a respirare. Claustrofobico.

La brevissima Del Mondo gli Occhi (New Moses) riporta in scena l’essenza opusavantriana del brano d’apertura, grazie soprattutto al sontuoso canto di Laura Catrani. Che le acque / con cui al buio / io ti germogliai / ti spalanchino del mondo gli occhi. / Che siano la mia voce / a cullarti di notte / e che il risveglio, / dalle tue ciglia, / faccia sbocciare.

[…] Non gettare le mie spoglie, / che tutto ha un costo, sai […]. Un nuovo carico di alchimie sonore mutevoli e alienanti li porta in dote Nyama (Gettarsi oltre), le camaleontiche atmosfere sonore conducono tra territori R.I.O., momenti favolistici, sprazzi canterburyani e musica da camera, con un eccellente lavoro degli archi e il solito Claudio sopra le righe. E tutto è strettamente avviluppato da un velo di tensione sempre palpabile.

Tra poesia e agitazione prende corpo La Montagna e il Trono, con il sublime intreccio di archi e Claudio Milano che tiene a freno il suo strumento principe. E sarà un continuo “battibecco” tra la voce, gli archi e le ritmiche, tra momenti violenti e calma ritrovata, con quel pizzico di essenza alla Aranis che non guasta affatto. […] Perché dunque, sono un punto nero / in mezzo a legioni di fantasmi, / che si muovono come piccioni, / vestiti a rondini? / Qual è, qui in mezzo, / quello sguardo che non ho saputo fermare? / Ho inseminato il mio percorso per te, / di petali di rose, / ma c’è sempre un orco/porco, / disposti a ingoiarli, / per farti suo […].

Solenne, a tratti morriconiana, si apre Out Let – Viae di (s) PHjga, prima di cambiare umore più volte e perdersi tra un miscuglio di suoni slegati tra loro ma che restituiscono, nel complesso, un senso di mistero e “apparecchiano la tavola” al canto poderoso di Paola Tozzi. Sopravvivere non tollero più, non tollero più / Sopravvivere non tollero più al male che ho / Sopravvivere non tollero più a ciò che non ho / Sopravvivere non tollero più a quello che so, / a quello è, a quello che siamo.

E quando l’ascolto termina e l’ambiente si fa silenzioso, istintivamente torni a premere play. E ancora.

 

ENGLISH VERSION

NICHELODEON/INSONAR & RELATIVES

INCIDENTI-Lo Schianto (2021)

Snowdonia Dischi

 

“Since I was a child, I couldn’t tolerate the tonal system. My perception only came alive in the presence of dissonance”.

“I make music because I want to listen to things I haven’t heard yet”. [Brief excerpts taken from a private conversation with Claudio Milano (who authorised its distribution)].

It is from concepts such as these that the approach to work such as INCIDENTI-Lo Schianto, Milano’s new album signed with the name NichelOdeon/InSonar & Relatives, begins.

If we add to this the “unusual” presentation of the album made by Snowdonia Dischi [It is with great regret that Snowdonia announces the release of NichelOdeon/InSonar & Relatives’ “INCIDENTI-Lo Schianto”. An album WORTHLESS (title attributed to each of the tracks): it’s not light and carefree, it doesn’t talk about rebirth in the “post-pandemic”, the singer of the project is not handsome, not pansexual and not twenty years old.”INCIDENTI-Lo Schianto” is poised to become Snowdonia’s greatest failure and Claudio Milano is proud of it (but without getting too big-headed)] and, moreover, you already know, at least in part, Milano’s production, so what is about to unfold to our eyes (and ears) is something simply unique.

Irrational, alienating, extreme, at least ten steps beyond the line demarcating “normality”: this (and much more) is Claudio Milano, an alchemist who has discovered his philosopher’s stone and who transforms ideas (as simple or as brilliant as they may be) into astonishingly surreal (or so real as to seem unreal) works.

E INCIDENTI-Lo Schianto (the first chapter of a project on the collapse of western civilisation) is, first and foremost, a record about overcoming anger through its liveliest investigation without any discount, to oneself above all. As a personal but not social conquest. And this overcoming of anger also occurs through the use of anger itself, whether it is expressed by voice or sound.

There is no musical genre to which it is possible to refer in order to “tag” the offer of NichelOdeon/InSonar & Relatives: its nature of “avant-garde and experimental collage” makes it an “alternative” entity, outside any sectarian classification. In it, first of all, there is the voice of Claudio Milano, incredible, prodigious, not from this earth, and he is able to shape it, transform it, rape it like a contemporary Demetrio Stratos (to put it in a banal way). And then there are the sounds (but also other voices): everything is abrasive, urticant, a river in flood (added to what Claudio offers) of genius and madness, two elements that go hand in hand merging into pure Art.

Milano blows against the flame of conformism, deforms everything that has a physiognomy that is even remotely recognisable, putting on the plate a sort of “controlled unconsciousness” that sublimates in the lyrics (not all written by him, actually) that span from social themes to the cycle of songs called “Legalised Holocausts” dedicated to those who died in the Mediterranean and in the pro-Soviet lagers for accusations of homosexuality. And the lyrics are something magnetic, magical, unique: hermetic or explicitly direct poems, rich in high cultural references, labyrinths of words in which it is pleasant to get lost.

And such a titanic work could only be accomplished through the collaboration of an immense number of artists. Here then, alongside Claudio Milano [all vocal sounds (tracks 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 10, 13, 15, 16), pre-vocal sounds and theatrical introductions (tracks 11, 12), screaming (track 12), choirs and vocal effects (track 8), diamonica and piano (track 9), percussion (tracks 4, 16), synth (6, 13), soundscapes (tracks 4, 9, 15), electronics (13, 14, 15, 17)], appear Paolo Siconolfi [editing, mixing, mastering, sound designer (tracks 1 to 17), electronics (tracks 2, 4, 6, 8, 9, 13, 15), soundscapes (4, 11), Erica Scherl [violin (tracks 2, 4, 7, 8, 10, 11, 12, 15, 16)], Evaristo Casonato [oboe (tracks 2, 4, 7, 8, 15, 16), flutes (tracks 4, 7, 8, 16), alto sax (tracks 7, 16) English horn (track 16)], Paolo Tofani Krishna Prema [IPad (tracks 3, 16)], Vincenzo Zitello [Theremin Moog (track 4)], Laura Catrani [soprano (tracks 1, 14)], Coucou Sèlavy [myriad voices/theatre (tracks 11, 12)], Dalila Kayros [extended voice (track 15 from 06. 07.089 to 09.01.140), soundscapes (track 14)], Cinzia La Fauci [voices of ghosts (track 8 from 00.43.081 to 01.25.495)], Stefano Luigi Mangia [extended voice (track 15 from 06.09.782 to 07.12. 642)], Massimo Silverio [solo voice (track 8), cello (tracks 8, 9), electric guitar (track 9)], Paola Tagliaferro [voices of all the mothers (track 8 from 0.11.371 to 0.32.362 and from 03.03.293 to 03.25. 955), zither (tracks 8, 14)], Paola Tozzi [vocals (track 17)], Vittorio Nistri [synth, electronics (tracks 15, 17), classical guitar (track 15), pre-edit (track 15)], Stefano Giannotti [synth (tracks 5, 9), electric piano (track 9), prepared piano (track 7), drums and percussion (track 9), harmonium (track 9)], Gianni Lenoci [prepared piano (track 5)], Camillo Pace [double bass (tracks 13, 15)], Francesca Badalini [grand piano (tracks 4, 16), prepared piano (track 4)], Andrea Grumelli [fretless bass, basses (tracks 2, 4, 15)], Andrea Quattrini [drums, percussions, electronics (tracks 4, 7)], Stefano Ferrian [electric guitar (tracks 3, 15)], Raoul Moretti [electrified harp (track 15)], Andrea Murada [self-made percussion, percussion from all over the world (track 16)], Fabio Amurri [piano (track 7)], Pierpaolo Caputo [self-made electrified hurdy-gurdy (track 4-16)], Mimmo Frioli [drums, percussion, pre-edit, recording (tracks 3, 10, 11, 12)], Giovanni D’Elia [bass (tracks 3, 10, 11, 12)], Danilo Camassa [classical and electric guitar (tracks 10, 11, 12)], Mauro Corvaglia self-made electric guitar (track 3)], Domenico Liuzzi [tenor sax (tracks 3, 15), bassoon (tracks 15, 16)], Max Pieretti [synth – closing section (track 7)], Fulvio Manganini [stick (track 7)], Alessandro Palma [drums (track 16)], Ulisse Tonon accordions (tracks 7, 14), electrified accordion (track 14), prepared piano (track 14)], Sisto Palombella [accordion (track 1)], Claudio Pirro [electric and acoustic guitars (track 2)], Marco Lucchi [mellotron (track 8)], Luca Olivieri [glockenspiel (tracks 4, 15)], Lorenzo Sempio [guitars, guitar synth, noises &amp, effects (tracks 1, 8)], Jody Bortoluzzi [synth, suggestions (track 8)], Ivano Nardi [drums, percussion (track 15)], Franco Poggiali [synth (track 17)] and Daniele Onori [electric and acoustic guitars (track 17)].

Dulcis in fundo, the artwork: four paintings made by Claudio Milano with polymateric technique and relief on wood panel, four images in which pain and madness, the surreal element and the more straightforward one of INCIDENTI-Lo Schianto (and of Claudio Milano) come to life. And there are also four stickers that comically overturn what the cover says, and which are literally “to be stuck on” (as suggested by the stickers themselves).

Non Esistono. The welcome of INCIDENTI-Lo Schianto is one of those you don’t expect (or expect, if you have understood a little of what you are going to listen to). Complete vocal experimentation offered by Laura Catrani, with small sonic details and changes of setting well matched to the chameleonic voice: Opus Avantra thrown a step ahead. But before the new track can begin, a little electric tension doesn’t hurt at all. And the lyrics are pure, raw poetry: Avevano dita più lunghe di Michelangelo, / voci d’arcangeli e camminavano danzando. / Han visto la luce in uno sparo, / forse mai dal mio grembo, / da cui di notte li strappasti, / Cecenia, dicendo: / “non esistono, / non esistono!” / No, non esistono, / più.

Erica Scherl’s hysterical violin, excellently entangled with the unstable oboe (played by Evaristo Casonato) and fretless bass (played by Andrea Grumelli), stretch their arms in our direction in How Hard Tune!, before the host starts his breathtaking (and multi-layered) vocal flights monopolizing the attention. Hypnotic. […] I cani squartino le tue viscere in sogno, / lasciando soli, i tuoi calzini a pois, / dono a chi, come te, mente.

Variations on The Jargon King (on a text by Peter Hammill) takes shape in an alienating way, with Claudio putting his maximum “vocal load” exasperating the whole thing. And when also the pachydermic rhythms, the granitic guitars and the raped horns enter the scene, everything magically becomes R.I.O. (almost a sort of Art Zoyd “trampled” by doom broadsides). And the continuation becomes more and more delirious, with Milano’s “instrument” pushed beyond the limits of the possible and the sound element living its own life, schizophrenic. A warm and amazing episode.

A surreal calm pervades the beginnings of Il Barbiere degli Occhi, with a myriad of sonic minutiae that slowly increase the anguish (Francesca Badalini’s prepared piano above all), while Claudio Milano almost whispers, wrapping his voice around Erica Scherl’s bow. Dura più a lungo / quando li stacco con le pinze, / ma tagliarli col rasoio / regala il brivido più bello. / C’è chi dopo vede paradisi, / o fornaci di gloria, / qualcuno è rimasto cieco, / chi è nato / e chi infine si è ucciso, / ma sol perché, / piacere ne ha tratto […]. And everything becomes whirling a little further on, advancing between rhythmic highs and lows, with an increasingly sharp and magnetic sound (and vocal) overlay that leaves no respite. But there is also time for an “other” sweetness entrusted to Claudio’s own mellifluous singing and delicate touches of piano (and more). Enchanted coda.

A twilight atmosphere for Con Dedica, with Claudio’s singing/speaking as the absolute protagonist and the small sooty pieces creating a perfect contour. Sometimes it almost seems as if we are in one of Camisasca’s crazy “pictures” from “La finestra dentro”. […] Sappiamo tutti da chi o cosa farci consumare / non con chi creare […].

Senza Ritorno opens solemnly, a sort of Gregorian chorus distorted and Milaneseised. And it is Claudio’s many voices that wreak havoc all along the way, with continuous overlaps that do not let you “breath”. […] Non è illusione di cambiamento / Non è fuga dalla vita ma ricerca / Di una parte smarrita / Di un ricordo di essenza / Percepita e sfuggita senza ritorno (lyrics by Salvatore Lazzara).

There is a Christmas and bucolic atmosphere in the very first notes of La Scatola, before Claudio begins to dialogue, in his own way, with the piano. […] C’è una scatola nera / tra le pieghe del mondo, / dove ogni volta che muoio, / c’è una dimensione che attende, me, / un labirinto dove passeggiare, respirando, / senza cercare uscita […]. What follows sees the artist himself zigzagging with his voice, even touching on poetic moments in the style of De André, while Evaristo Casonato’s woodwind work is also to be commended. But even the strings, well assisted by the rhythmic elements, stand up well to the vocalist, wandering incessantly and fearlessly. And everything becomes theatrical, almost phonodramatic (like Il babau e i maledetti cretini) in the second half of the track, before resuming the initial layout and gently relaxing.

An esoteric, magical touch is clearly perceived in L’ultima Sigaretta (Fantasmi ad Argun), with the composite carpets (made of strings, self-made electrified hurdy-gurdy, synth, zither and more, which will often return along the way) that completely and softly envelop the new vocal games of Massimo Silverio, Claudio Milano, Paola Tagliaferro (voice of all the mothers) and Cinzia La Fauci (voice of the ghosts), many tentacles that cling tightly without leaving any escape. And the fairy element becomes even more tangible as the seconds pass, before Casonato’s enchanting flute monopolises the scene, soon handing it over to new bewitched moments.

Idiota – Autoritratto (Tadzio’s Death) “flies low”, slow, diluted, sinuous, among Claudio’s “soft” coils. This is followed by a bit of tension, which doesn’t hurt. A short episode in view of the following long tripartite track. La bellezza è il morbo / che piega il tuo sguardo / fino a leccare il fango. / La danza che sguscia / oltre l’eleganza a segnare il tempo / spegnendoti brichetto / ad ogni mossa. / Solo allora capisci / di non avere mai avuto / ciò che volevi / e che il nome a te degno / è idiota. / La bellezza è il morbo / che piega il tuo sguardo / spogliandolo.

Ho gettato mio figlio da una rupe / perché non somigliava a Fabrizio Corona / era tutto troppo, ma non era mai abbastanza, / non sapeva raccontarsi, solo esibirsi, / non sapeva stare al mondo, quando vivere è sbancare / e poi era didascalico […]. This is how Ho Gettato mio Figlio begins, the first part of Ho Gettato mio Figlio da una Rupe perché non Somigliava a Fabrizio Corona, with a total delirium that moves among Magma, Einstürzende Neubauten and Fantômas, and with Claudio (once again) in a state of grace. The rhythmic work is superb, as chameleon-like as the singing, between schizophrenia and marches at “different speeds”. And then the host definitely goes crazy, the singing stops being so (actually, it’s his trademark, but here he seems to go further. Chapeau) and with a series of mind-blowing extremes, always well supported by the sounds, he goes on undisturbed, between novelties and reprisals, even quoting “The Smurfs Theme Songs La La La” by Mander & One T.

And advancing, as always, “in the dark”, comes Cento Vite, another moment on the edge of the bizarre, with Claudio who mocks the song “Mamma mia dammi cento lire”, sewing on it a sinister carnival music from past eras and a derisory song. […] “Madre mia quali cento vite che all’inferno io voglio andar” / “Cento vite dato ti ho, all’inferno no, non si può” […].

Il Coro dei Critici all’ultima Sponda del Commiato. And always with a strong sense of disorientation on us, it adds step by step to our journey, finding ourselves virtually surrounded by a series of televisions tuned to different channels, many alienating voices reaching our brains from every direction, with music/theatre made by Coucou Sèlavy, noise/concrete-industrial by the band and words extracted from the reviews to “UKIYOE (Mondi Fluttuanti)” by NichelOdeon/InSonar, written on the website Progarchives. com, selected and assembled in DADA style by Coucou Sèlavy & Claudio Milano.

Completely “out” Sabbia Scura with its increasingly altered and disturbing vocal layers and those sounds that follow in its footsteps. A liquid, dense flow that wets your feet, ankles, knees and more and more until you find yourself unable to move and breathe. Claustrophobic.

The very short Del Mondo gli Occhi (New Moses) brings back the opusavantrian essence of the opening track, thanks above all to Laura Catrani’s sumptuous singing. Che le acque / con cui al buio / io ti germogliai / ti spalanchino del mondo gli occhi. / Che siano la mia voce / a cullarti di notte / e che il risveglio, / dalle tue ciglia, / faccia sbocciare.

[…] Non gettare le mie spoglie, / che tutto ha un costo, sai […]. A new load of shifting and alienating sonic alchemy is brought to us by Nyama (Gettarsi oltre), the chameleon-like sound atmospheres leading between R.I.O. territories, fairytale moments, flashes of Canterbury and chamber music, with excellent string work and the usual Claudio over the top. And everything is tightly enveloped by a veil of tension that is always palpable.

La Montagna e il Trono takes shape amid poetry and agitation, with its sublime interweaving of strings and Claudio Milano keeping his main instrument in check. And it will be a continuous “bickering” among the voice, the strings and the rhythms, with violent moments and a new-found calm, with that touch of Aranis essence that doesn’t hurt at all. […] Perché dunque, sono un punto nero / in mezzo a legioni di fantasmi, / che si muovono come piccioni, / vestiti a rondini? / Qual è, qui in mezzo, / quello sguardo che non ho saputo fermare? / Ho inseminato il mio percorso per te, / di petali di rose, / ma c’è sempre un orco/porco, / disposti a ingoiarli, / per farti suo […].

Out Let – Viae by (s)PHjga opens solemnly, almost Morriconian, before changing mood several times and getting lost in a mixture of unrelated sounds that, on the whole, convey a sense of mystery and “set the table” for Paola Tozzi’s powerful singing. Sopravvivere non tollero più, non tollero più / Sopravvivere non tollero più al male che ho / Sopravvivere non tollero più a ciò che non ho / Sopravvivere non tollero più a quello che so, / a quello è, a quello che siamo.

And when the listening ends and the room becomes silent, you instinctively go back to pressing play. And again.

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