Ologram – La nebbia

OLOGRAM

La nebbia (2022)

Autoproduzione

 

Forte di un’esperienza più che trentennale, e già fondatore di Ydra e Anèma, recentemente Dario Giannì ha deciso di iniziare un cammino in solitaria. Ecco allora Ologram.

Costituito da materiale scritto per gli Anéma (ma la fine del progetto ha cancellato ogni possibilità di vederli tornare con un nuovo album) e nuove composizioni, l’esordio di Ologram, La nebbia, varia musicalmente su diversi fronti progressivi, dal classico anni ’70 al neo-prog sino al prog metal, tutto condito da tocchi melodici, mutamenti umorali, sonorità policrome e un “parco voci” davvero niente male. E anche le liriche scritte dal Lorenzo e Dario Giannì, le quali parlano del viaggio dell’uomo alla ricerca del significato della propria vita, non sono affatto banali e scontate.

Ad affiancare Dario (basso, fretless, tastiere, Mellotron, Moog, Fender Rhodes, Hammond, Arp 2600) troviamo una numerosa schiera di musicisti, tutti provenienti dalla scena siracusana: Fabio Speranza (voce in La nebbia, Vetro di rame e Mediterraneo), Lorenzo Giannì (chitarre, Moog solo in Una rotta verso est), Roberto Giannì(tastiere, Moog solo in  La nebbia), Giovanni Spadaro (batteria), Matteo Ceretto (batteria in La nebbia, Strane voci e Una rotta verso est), Giuseppe Arrabito (batteria in Mediterraneo, Straniero e Il ritorno), Matteo Blundo (violino, viola in La nebbia, Vetro di rame, Mediterraneo e Straniero), Cristiano Sipione (voce in Straniero e Una rotta verso est), Andrea Campisi (voce in Strane voci), Danilo Fontana (batteria in Vetro di rame) e Marco Blandini (voce in Mediterraneo).

Interessante anche l’azzeccato artwork di Vittoria Gallo che accompagna il disco.

Intro. Passi fugaci sul bagnasciuga, poi solo onde leggere. Una calma che un forte elemento orientalizzante infrange di netto, lanciando un momento tribale e denso, con l’arco di Matteo Blundo quale ciliegina sulla torta. La nebbia può iniziare.

Già la sera aspira il mare / saturo di eterni sali / Lo ritorna minimo / in vapori lucernari […]. A pieni giri parte La nebbia, con la sua essenza prog metal ben sviscerata dalle frustate distorte e dalla potenza ritmica. Il cambio netto delle corde crea lo spazio utile per l’ingresso in scena della voce di Fabio Speranza, un po’ alla Simone Pesatori (e anche il momento richiama i Sintonia Distorta). Poi largo spazio al solo ispirato di Lorenzo Giannì. Lo stesso chiama dietro sé un’atmosfera celestiale, ben retta dalle ritmiche di Dario Giannì e Matteo Ceretto. E poi di nuovo a passo spedito sino al gran soliloquio di Moog di Roberto Giannì. Finale lovecraftiano. […] Prestito di anime / di sei colpe avide / Debito di codardia / Credo di malattia / La valuta è fuor di oro / Non c’è conio del peccato / La memoria è carne avorio / Qui la nebbia ha già iniziato.

Intensa e malinconica la partenza di Vetro di rame, con bei giochi di chitarra distorta in evidenza. E poi il brano si accende ripiombando, in seguito, in una sorta di “calma vivace”. Da evidenziare il gran lavoro vocale di Speranza, sempre perfetto sulle variazioni umorali del brano. E nella seconda parte tutto si fa magmatico, con un tocco di Spettri, prima dell’assolo gilmouriano di Lorenzo Giannì, immerso in un clima floydiano. […] Te, sei ci sei squarcia l’apnea / Valvola stretta alla marea / chiusa da un dio che non sa più / come uscirne […].

Melodia ariosa quella delle prime battute di Mediterraneo, ben arricchita in seguito dagli interventi vocali e dalla batteria. Interessanti i momenti di stacco tendenti al prog metal e l’intensità soprattutto vocale (avvolta da archi passionali e ben architettati) acquisita in seguito. E l’anima “nera” mostrata solo in parte, emerge sul finire, prima di ricondurci, o quasi, al punto di partenza. […] Lo diceva anche mia madre / In un posto vuoto serve il cuore pieno […].

Anche Strane voci parte avviluppante, morbida, lasciando ampio spazio al canto viscerale di Andrea Campisi. E poi le distorsioni entrano prepotentemente in scena e tutto cambia, anche grazie al solito ottimo lavoro delle ritmiche. E questa altalena si ripete travolgendoci poi, a tratti, prima di acquisire luce, quietarsi e deflagrare per l’ultima volta.

Buona andatura per Straniero, nella sua fisionomia cantautoriale, alquanto distante da quanto ascoltato sinora, con la voce di Cristiano Sipione perfetta per l’occasione. Ed è con questa indole che scorre quasi totalmente il brano, con una divagazione “stordente” prima di chiudere.

Intenso e in crescendo la prima parte di Una rotta verso est, principalmente affidata alla calda voce di Sipione. Intorno a lui i suoni emergono per poi nascondersi, lo avviluppano per poi lasciarlo condurre in solitaria. E dopo una “sosta” favolistica-mediterranea, chitarre e ritmiche imprimono tutt’altra forza al brano, colorandolo di tonalità scure e imprevedibilità. Poi torna il canto, con forza, prima di lasciare spazio al solo sofferto di Lorenzo Giannì, sostituito in seguito dal Moog (suonato dallo stesso musicista) e da una nuova trama avvolgente e corvina.

Il ritorno. Teso e un po’ eighties l’avvio del brano che chiude La nebbia. Il basso di Dario Giannì svolge un gran lavoro nelle retrovie, mentre chitarre e tastiere costruiscono orditi quasi new/dark wave, interessanti. E l’episodio, con un’esplosione Prog metal nel finale, scorre via mettendo la parola fine al tutto.

Una piacevole sorpresa.

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