Basta! – Elemento Antropico

BASTA!

Elemento Antropico (2017)

Lizard Records

Estate 2013, Alpi Apuane (Toscana), Antro del Corchia. Tutto nasce qui, in questo complesso di grotte sotterranee visitate in quell’occasione dalla formazione originale dei Basta!: Damiano Bondi (diamonica, tastiere), Andrea Tinacci (clarinetto basso, sax), Roberto Molisse (batteria) e Saverio Sisti (chitarre). Giacomo Soldani al basso arriverà in un secondo momento.

Antro del Corchia, dicevamo. È qui che germoglia il nucleo originale di Elemento Antropico, la suite in tre movimenti Entro nell’Antro/Entro l’Antro/Esco dall’Antro, inizialmente denominati in modo differente, che ricalca musicalmente il tripartito itinerario delle grotte: ingresso, cuore della montagna e uscita.

Tre brani, troppo poco. Ecco allora nascerne altri, altre storie che “vivono nell’antro”, luogo magico in cui incontriamo personaggi fantastici quali Samuel, Ritmini Strambetty, Rino Raudo, Lulù.

È così che, dunque, i ragazzi toscani danno seguito all’EP d’esordio “Oggetto di studio” (2013) mostrando di essere cresciuti qualitativamente (e anagraficamente, of course). Alcuni punti restano fermi, vedi le atmosfere multiformi e i testi narrati, ed è soprattutto nelle prime che si nota il “nuovo stadio” dei Basta!, in quelle costruzioni mai banali, piatte, scontate che fluttuano tra i generi senza mai “calpestarsi i piedi”.

E non sono soli i nostri cinque in quest’avventura, accanto a loro troviamo, infatti, Riccardo Sati (voce narrante), Alessandro Giglioli (solo in Schiacciasassi) e Fabio Zuffanti (voce in Intro).

É l’arpeggio circolare e claustrofobico di Sisti ad aprire Entro nell’Antro, il giusto sostrato per il racconto di Sati, un quadro che richiama quello offerto dalla rilettura dell’opera “Music Inspired by The Snow Goose” dei Camel fatta dai Magnetic Sound Machine. Il posto di Sati viene in seguito occupato dai leggiadri tasti di Bondi, seguiti a ruota dai restanti effettivi. Un flusso pacato e armonico che viene poi interrotto dalle sferzate di Sisti, i violenti colpi di Molisse e la tarantolata tastiera dello stesso Bondi, frangente che ha labili sentori di Riverside.

La vena più eclettica, più caleidoscopica, più folle dei Basta! emerge con tutta la sua forza ne Il muro di Ritmini Strambetty (e non sarà un caso isolato). Galoppate, brusche frenate, andature zigzaganti, scudisciate distorte, momenti melodici, ritmiche possenti, tastiere cangianti, fiati descrittivi, davvero tanta roba con richiami che si muovono da Accordo dei Contrari al prog metal. E a tratti sembra affiorare per poi sparire trai i flutti una sorta di linea guida sonora che lungo il percorso viene destrutturata, inglobata, rispettata, “pompata”.

Complessa e molto intrigante Doombo, l’elefante del destino (oltre ad avere un titolo che da solo vale l’ascolto!). Il passaggio acustico introduttivo è fuorviante, infatti, al crescendo ritmico che subentra poco oltre, segue uno schiaffone hard. Poi tra brevi “soste”, inserti fiatistici cinematografici, frammenti dal sentore canterburyano, assoli sofferti e riprese granitiche l’episodio scorre ottimamente.

L’indole ironica dei Basta! prende il sopravvento con Zirkus. Se, inizialmente, il clima che avviluppa la narrazione di Sati sembra cupo, molto presto il percorso si fa “saltellante” e allegro, senza essere intaccato dai frammenti più “seri”.

Con Entro l’Antro, secondo movimento della suite, torna la narrazione di Sati. In questa occasione il sottofondo è decisamente più vispo e ben presto il brano deflagra guidato dalla coppia Molisse/Seldani brillantemente seguito da chitarra e tastiere. Sprazzi vitali e violenti accompagnano il cammino, con il flusso che si regolarizza solo a tratti prima del commiato finale affidato nuovamente a Sati.

Giunge il momento della morbida ballata con B alla D. Il soffice ordito di chitarra acustica, diamonica e fiati che occupa i primi momenti è soave e malinconico. Col trascorrere dei secondi il brano acquista di spessore poetico e solo nel finale si fa “spensierato”.

Un ospite speciale, come detto in apertura, offre la sua voce in Intro: Fabio Zuffanti. Le parole della sua intensa narrazione, avvolta da un’atmosfera elettronica con influenze di stampo Depeche Mode, sono la versione dei Basta! del brano “Signor Farini” del cantautore canadese Ian Bell: Puoi ancora sentire il rumore della terra? / Riesci a vedere le persone laggiù, piccole come puntini? / Cercano il cielo con le spalle al muro, con le mani in tasca / Allungano il collo, ti seguono con lo sguardo / Sei tu che le fai volare, stanno volando con te / Per quel grammo di coraggio che ci manca / Per la sensazione del vento dietro di noi / Perché la nostra lingua pianga fuoco e passione / El niño Farini sta volando nel cielo, El niño Farini adesso è nel cielo. Poi sono le possenti chitarre di Sisti a impadronirsi del brano, come sempre ben sostenute e “assecondate” dalle ritmiche e dalle tastiere. Sul finire torna la voce di Sati.

Schiacciasassi. Il brano parte e pensi che mai titolo fu più appropriato. Suoni massicci, schiaccianti, un po’ tooliani, guidati dal solito Sisti, ottimamente assistito dai compagni, sono il preludio (e poi gli intermezzi) alla nuova follia dei Basta!, un canto profondo e inquietante dal testo ironico: Non mi scapperai / sassolino dove te ne vai? Vien vicino / No non fuggirai sasso bello / la fine farai del fratello / Io ripulirò tutto il mondo / io lo renderò tutto mondo / Tutto viene e va / gira in tondo come deve andar. La seconda metà dell’episodio si apre con il notevole assolo dell’ospite Alessandro Giglioli, prima che l’atmosfera si quieti relativamente (c’è anche un lieve “aroma” Klezmer) in vista dell’esplosione finale.

Countdown è il brano di Lulù: l’Ottava Meraviglia del Mondo, la Personificazione della Grazia, la Meraviglia del Secolo. Una pulsazione constante e continua è l’unica compagna di viaggio nella narrazione di Sati, prima dell’“intricato” finale d’ispirazione Gentle Giant.

Brano dalla doppia anima L’uomo cannone, un continuo alternarsi di luci e ombre. A passaggi violenti e articolati seguono frammenti luminosi e lievi, a capatine nel prog metal si affiancano marcette circensi e “carezze”, tutto ben costruito e “incastrato”. Ennesimo episodio notevole.

Numerosi sono i tasselli che compongono il complesso puzzle dal titolo Esco dall’Antro, chiusura della suite e dell’album. Ancora una volta l’abilità del quintetto viene fuori con una trama multiforme che raccoglie in poco più di sei minuti quanto di buono ascoltato lungo tutto il percorso denominato Elemento Antropico. È il prog dei Basta!: sanguigno, pazzo, violento ma anche delicato, con quei momenti, tra gli altri, che camminano in bilico sul sottile filo che separa l’hard prog dal prog metal. Un gran finale per un album da consigliare senza indugi.

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