Catharsis – 32 Mars

CATHARSIS

32 Mars (1973)

Galloway Records

 

Si può conciliare l’elemento tecnico, serio, con quello ironico e “commerciale” e creare un prodotto valido e al tempo stesso udibile anche dall’ascoltatore non incline al prog psichedelico? È ciò che i francesi Catharsis riescono a realizzare in 32 Mars, il loro terzo album.

Va precisato fin da subito che l’anno 1973 è solo quello di pubblicazione del disco, mentre i brani furono registrati due anni prima. Infatti, la band registrò una serie di brani nel 1971, pubblicandoli poi scaglionati nel tempo. Le due versioni di 32 Mars e Les Chevrons vennero registrate presso lo Studio Davout nel mese di dicembre, mentre Masq presso lo Studio ETA nel mese di marzo. Il tutto fu mixato nel novembre dell’anno successivo presso lo stesso Studio ETA.

La formazione che prese parte alle sessioni di studio era un settetto: Roland Bocquet (organo, piano), Niles Brown (chitarra, violino, campane), Charlotte (violino, sonagli, campane), Yves de Roubaix (chitarra, sonagli), Charles Eddi (percussioni), Allain Geoffroy (charango, piano) e Patrick Moulia (chitarra, tamburo, armonica, sonagli). Tutti, ad eccezione di Eddi, prendono anche parte ai cori.

Massiccia è l’influenza del disco Ummagumma dei Pink Floyd sulle registrazioni effettuate in quell’anno.

32 Mars è un album piuttosto breve (dura infatti poco più di ventitré minuti). In esso si alternano atmosfere solenni e quasi orchestrali a motivetti semplici e divertenti. Da segnalare l’assenza di parti cantate, sostituite da cori che a tratti fungono da strumenti aggiuntivi, e l’organo che la fa spesso da padrone.

I brani Masq e Les Chevrons sono due versioni alternative delle title tracks dei due album precedenti. La prima è stata abbreviata e un po’ “ripulita”, la seconda non ha subito importanti modifiche.

Il disco è aperto da 32 Mars, brano dalle mille anime con una struttura che si può definire sperimentale. Breve partenza con arpeggi incrociati di chitarra, piuttosto vivaci, e batteria, poi l’organo di Bocquet, molto “divertente” e psichedelico, prende in pugno la situazione. Nuovo cambio poco dopo: entrano in scena dei cori relativamente tetri (siamo molto distanti da quelli degli Annexus Quam). A seguire attimi di tensione creati da un piano pulsante e ripetitivo, mentre dal fondo un altro piano più dolce e a tratti malinconico, gradualmente, s’innalza e riesce a “sconfiggere” il precedente. E ancora: momenti che sembrano quasi un mix tra improvvisazione e la world music degli Aktuala, da cui emergono soprattutto sax sguaiato e percussioni (le quali resteranno protagoniste solitarie dopo gli otto minuti, in qualcosa che sa pienamente di tribale). Finale molto particolare. Questo brano è la summa delle capacità tecniche, della stravaganza e dell’ironia della band.

Masq. Su delle percussioni “galoppanti” e un gioco di organo, un’eterea voce femminile (è quella di Charlotte) ci delizia con le sue evoluzioni vocali (sembra un po’ Jenny Sorrenti o Donella Del Monaco). Quest’area solenne e quasi sinfonica è frantumata dallo spiazzante segmento seguente, dove il sottofondo diventa molto più allegro e subentra anche un coro maschile a far compagnia alla cantante. Questo brano ebbe un buon successo in patria e fu utilizzato nella trasmissione “C’est ma planète” in onda su Europe 13.

Les Chevrons è il brano di Bocquet. Il suo possente organo fa la parte del leone per l’intera composizione. Alcuni momenti ricordano da vicino i Metamorfosi. Nell’ultimo minuto anche i cori danno man forte. Molto trainante quest’ultima parte del brano.

Il brano 32 Mars che chiude l’album è una sorta di bignami del brano omonimo che apre il disco (è stata ideata proprio come versione short, una sorta di singolo promozionale). Sono riproposti il segmento di organo iniziale (che ritroviamo qui anche come chiusura) e quello con i cori.

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