Gleemen – Oltre… lontano, lontano

Gleemen (2013) Oltre…lontano, lontano

GLEEMEN

Oltre… lontano, lontano (2013)

Black Widow Records

È con non poca emozione che ci si appresta a parlare di Oltre… lontano, lontano, album che sancisce il ritorno sulle scene di una grande band, una delle prime in Italia ad avere intrapreso un discorso musicale “diverso”, i Gleemen, e che contiene l’ultimo regalo lasciatoci da “Bambi” Fossati.

È il 1970 e i Gleemen pubblicano il loro primo ed unico album (omonimo) in cui convivono psichedelia, prog, blues, beat, un mix sonoro che “sa di nuovo” nel nostro paese, prima di tramutarsi in Garybaldi. Oggi tornano con lo spirito free di un tempo, a dimostrare che il tempo non ha intaccato minimamente l’animo di chi, oggi come ieri, porta il marchio “Gleemen” stampato sul cuore.

Il discorso dei Gleemen si è interrotto nel 1970 ma, covando sotto la cenere come un fuoco che non si spegne, è tornato a bruciare con insospettata forza, come un ponte verso il futuro, così Maurizio Cassinelli (voce, batteria, percussioni, chitarra acustica, tastiere, armonica) nelle note del disco. È lui, insieme ad Angelo Traverso (basso) e Pier Nicolò “Bambi” Fossati (chitarra, voce), e su impulso di Massimo Gasperini e della Black Widow Records, a ridar luce al progetto.

Tanti gli amici, alcuni dei quali oggi sono parte integrante del progetto, che hanno preso parte alle registrazioni dell’album: Marco Zoccheddu (chitarre, organo hammond, piano, tastiere), Mauro Culotta (chitarre), Gianpaolo Casu (chitarre, voce), Alessandro Paolini (basso, contrabbasso, chitarra elettrica, iphone moog, elaborazione elettronica, effetti sonori), Daniela Piras (flauto), Pino Nastasi (voce), Luciano Ottonello (chitarra elettrica), Roberto Piga (violino), Fabrizio Nuovibri (basso), Carlo Olivieri (batteria), Martin Grice (sax).

Prima di passare all’analisi dell’album è necessaria una precisazione: non si tratta di un disco progressive rock, siamo dinanzi ad un rock blues molto sfaccettato, spesso e volentieri rapido ed elettrico, alternato a morbide ballate.

È un album passionale e sentito, si tocca quasi con mano la gioia e l’energia dei protagonisti. Sapiente il lavoro di studio (ma con professionisti di tale calibro non c’è da stupirsi), così come quello di post-produzione. I suoni emergono nitidi, su tutti quelli delle chitarre elettriche: quest’ultime risultano essere sempre esplosive e ben calibrate all’interno del “contenitore sonoro”.

E per non spezzare minimamente il legame col passato, la cover ripresenta il mostruoso pesce di boschiana memoria come minaccia del potere contro il quale la cultura deve combattere sempre. Da notare anche il ricco contenuto del booklet dove, tra l’altro, troviamo una cospicua collezione di foto d’epoca.

Anima di gomma. Le prime battute sono un buon biglietto da visita per l’intero album: puro rock blues, con le chitarre molto flessuose in primo piano. Il canto di Cassinelli e il testo (Ho una blusa dentro un cassetto chiusa / che non metto per malinconia / perché non ho bisogno / di risvegliare quello che sta chiuso dentro un sogno / La mia donna ha un’anima di gomma / e due grandi occhi celesti e furbi / Per mettermi nei guai / vuol cancellare le mie idee come su un foglio fai […]) ci proiettano verso l’album d’esordio, così come i cori newtrollsiani seguenti. Poi largo spazio alle evoluzioni chitarristiche di Casu, Culotta e Zoccheddu (in successione) e allo splendido intervento al flauto di Daniela Piras. È facile immaginare le facce sorridenti dei musicisti in studio durante la registrazione del brano.

Le prime sognanti note de La grande carovana sono fuorvianti, infatti, poco dopo i Gleemen spingono sull’acceleratore del rock, trascinati dalle ritmiche di Cassinelli e Paolini e dalla chitarra di Casu. Indicativi i primi due versi del brano (La grande carovana ti apre la mente e il cuore / sembra così lontana ma sta arrivando qua) in cui rivediamo la grande “carovana” dei Gleemen che torna a regalare musica ed emozioni dopo oltre quarant’anni. Interessanti, tra gli altri, i giochi vocali disseminati lungo il percorso e gli interventi di hammond di Zoccheddu.

La dolce ballata Canzone dei cuori semplici è una piccola (non in durata, visti i suoi sette minuti ed oltre) perla romantica ben costruita. Oltre all’intensa prova alla chitarra acustica di Cassinelli e alla sua voce ricca di pathos, ottimi appaiono tutti i particolari sonori che s’incontrano lungo il cammino e che arricchiscono la composizione: dagli inserti elettronici di Paolini al “caos vocale”, passando dalla whammy guitar di Zoccheddu.

Si torna ai suoni hard con Skizoid Blues (brano nato per l’album “La ragione e il torto” pubblicato da una delle varie “reincarnazioni” dei Garybaldi). È “Bambi” Fossati il padrone indiscusso della scena: il suono della sua chitarra è un infinito graffio che lacera le carni, il suo tocco, hendrixiano e personale allo stesso tempo, resta inconfondibile negli anni. A dar man forte in questo brano “preso direttamente dai ‘70”, troviamo la secca e precisa batteria di Cassinelli e Traverso al basso.

Un lieve velo di malinconia avviluppa Il venditore di palloni, evidenziato dai suoni acustici e dal tono di Cassinelli, nonché dal testo: Ora il venditore di palloni se n’è andato / e la donna dei banchetti non ha più canditi […] / L’uomo del banco dei pegni non ha più un quattrino / ed un taxi dà un passaggio a un vecchio contadino […]. Un forte plauso va al violino di Roberto Piga e al contrabbasso di Alessandro Paolini, un tocco di classe davvero emozionante.

Altra “bomba” è In una stanza. Anche in questo caso è la chitarra di “Bambi” Fossati a regnare, ma non è sola: la voce “incazzata” dello stesso “Bambi” rende il tutto ancor più duro e il suo tono è ben spiegato dal testo: In una stanza persa / tra alcool ed eroina / in un albergo ad ore / dove il tempo non cammina / perché lì c’è scritto nel sangue del perdente / demone di un mondo / che non perdona niente […] / Ma cosa diamo in cambio / di una vita disperata / solo quanto basta ad uccidere / i morsi del presente / E mentre il tempo piange / una vita così breve / la grande mietitrice / danza e beve / e l’uomo che non vede perché non vuol vedere / e l’uomo che non sente / perché non vuol capire. Ancora una volta Paolini svolge un gran lavoro al contrabbasso, stemperando i toni “duri” del collega.

Stelle di vetro sembra uscire direttamente da “Gleemen”. La sua leggerezza, la freschezza, i suoni, il testo: tutto richiama l’opera d’esordio.

Sulla scia del brano precedente si sviluppa anche Nel mio cortile. Composizione briosa con interventi pregevoli (vedi, ad esempio, i soliloqui di Martin Grice al sax e di Mauro Culotta alla chitarra). Il tono “spensierato” è soprattutto restituito dal testo: Ora la città ha gli occhi chiusi e un rospo nella mano / Quando se ne accorgerà domani lo getterà lontano […] / Il Comandante in Capo ha un segreto, una cosa proprio da niente / una coda vera, un amuleto, una coda come il serpente / ma il suo sarto ha parlato col prete / e ridevano come matti nel mio cortile […] / Col sorriso di chi ha mal di denti Piero il matto fa la carte / guarda dritto in faccia i suoi clienti, facce stanche, annoiate a morte […].

Solo Amore. Brano “doppio”. La prima parte, dopo un avvio blueseggiante, vede la voce di Casu come protagonista, ben sorretto da chitarre, batteria, basso e violino. Un senso di dolcezza pervade l’atmosfera e anche il testo poetico aiuta a creare tale sensazione. Cesura netta intorno ai quattro minuti. La “scarica” di Cassinelli dà il via alla parte più dura del brano, dove la chitarra di Culotta sale in cattedra, mentre le voci ripetono È uno strano sentimento, è una strana sensazione / è un avvertimento: solo amore / Tutto cambia in un momento sulla scia di un’emozione / ora quel che sento è solo amore. Gran finale.

Oltre…lontano, lontano. Un blues tout court chiude l’album. Sono “Bambi” Fossati, Cassinelli, Traverso, Zoccheddu, Casu e Paolini ad offrire quest’ultimo dono. La libertà d’espressione è massima e l’atmosfera è quasi di festa. Lo spirito di gioia che ha pervaso l’intero album qui raggiunge la sua massima espressione. Negli ultimi minuti, a mo’ di ghost track, troviamo Per un solo istante. Un morbido duetto creato dalla chitarra acustica di Casu e il canto dolce di Cassinelli.

Questo album non è altro che un atto di amore verso il nostro pubblico, e verso noi stessi (Cassinelli).

E molto presto torneranno anche i Garybaldi

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