Pandora Snail – War and Peace

PANDORA SNAIL

War and Peace (2015)

ArtBeat

Il nuovo prodotto della sempre interessante scena attuale russa si chiama War and Peace, esordio discografico della band di San Pietroburgo Pandora Snail. Dietro tale nome si celano Ulyana Gor (tastiere), Oleg Gorgadze (chitarre), Kirill Klyushin (basso, contrabbasso), Artem Gareev (violino) e Igor Cheridnik (batteria, percussioni).

Nati nel 2008, i Pandora Snail, come altre band connazionali (vedi, ad esempio, gli ultimi lavori di Roz Vitalis e Inner Drive), intraprendono la via della musica strumentale, puntando tutto su atmosfere cangianti e ricche di particolari, offrendo melodie prive di “punti morti”, guidate di sovente dal violino di Gareev, e in cui a spiccare è sempre l’elemento eclettico e/o viscerale del quintetto.

Il titolo dell’album e la provenienza della band creano un “logico” nesso con l’opera “Guerra e pace” dell’autore russo Lev Tolstoj. Così non è. War and Peace può essere letto come una serie di quadri che descrivono in musica i diversi stati d’animo che la guerra e la pace provocano. Ad avvalorare questa chiave di lettura interviene la dualità rappresentata dall’artwork di Konstantin Nagishkin: se sulla cover distinguiamo una ragazza che guarda un paesaggio desolato, in cui si scorgono netti i segni della guerra in atto, sul retro la ragazza è diventata anziana e il paesaggio mostra la quiete e i danni che seguono il conflitto.

War and Peace prende il via con Dilemma. Gran protagonista del composito brano d’apertura è il violino di Gareev, abile nel destreggiarsi tra atmosfere luminose e “spensierate”, tra un Giusto Pio ed un Angelo Branduardi, nonostante sia in compagnia di un apparato ritmico piuttosto “ingombrante”. Nei frangenti in cui lo stesso Gareev cede la scena ai colleghi, interessanti risultano gli interventi policromi della tastiera, mentre batteria e basso continuano a martellare.

Più morbido e malinconico l’intro di By the Mountain River, col soffice intreccio di chitarra e violino che sembra provenire direttamente da “Passio secundum Matthæum – The complete work” dei Latte e Miele. E, dopo un guizzo vivace, il violino si affianca al piano guidando il brano verso lidi romantici, prima di un finale minimale.

L’anima più aggressiva e vivace dei Pandora Snail esce alla grande con To catch the wind. Il fuorviante tappeto “cosmico” che ci accoglie lascia ben presto la scena alle granitiche note emesse da chitarra, batteria, basso, tastiera e violino, un breve frangente scuro alla Thank U for Smoking di “Yomi”. Il brano poi si apre concedendo spazio ai soliloqui di basso e batteria (su tutti), in quella che è, a tutti gli effetti, un’atmosfera live.

L’introduzione e il finale di Submarine narrano una storia pacata, fatta di violini diluiti, una batteria compassata, un basso che pulsa nelle retrovie e chitarra e piano lasciati liberi di muoversi a proprio piacimento ma senza mai incidere più di tanto. All’interno del “libro”, però, il clima è decisamente diverso: Cheridnik inizia a battere con più “convinzione” e Gareev abbraccia nuovamente lo strumento alla Giusto Pio di “Legione straniera”. Anche chitarra e basso vivacizzano il proprio operato, ben assistiti dal piano della Gor.

La lunghissima James Pont è un multiforme “patchwork umorale” in cui i Pandora Snail racchiudono tutto: chitarre ruvide e nervose, violini multicolori, ritmiche sempre articolate e calzanti, tastiere retrò. E ancora: accelerate fulminee, momenti funky, frangenti esplosivi e altri lievemente più teneri, sino a regalare, poco oltre gli otto minuti, emozioni con il piano sfociando, infine, nella complessità esecutiva degli ultimi minuti, la quale si dispiega tra King Crimson e Accordo dei Contrari.

Mother’s tears. E dopo la “rabbia” la commozione. Il duetto piano/violino, soprattutto nelle battute introduttive, è da brividi e ricorda i lavori di Saint-Preux. Poi Cheridnik inietta nel brano un elemento di “disturbo” che va a diminuire l’emozione in cambio di ritmo e consistenza, anche se i due protagonisti iniziali non si daranno mai per vinti.

Briosa e tesa la breve Red rivers. Come spesso accaduto sinora, il trascinatore del brano è l’imprendibile violino di Gareev, con la sezione ritmica, la chitarra e il piano che quasi faticano a stargli dietro.

Anima un po’ folk per Stones’ names, soprattutto nei momenti in cui le percussioni di Cheridnik creano la base ritmica per il violino tzigano di Gareev e la chitarra balcanica di Gorgadze. Solo la tastiera di Ulyana Gor suona come “nota stonata” nel quadro sonoro.

Andatura spedita per Dance under the bullets, capitolo in cui ogni strumento mette al servizio del gruppo le proprie competenze in fatto di rapidità e operosità, realizzando un brano che non ha soste, tirato e ben costruito: dalle tastiere al basso, passando dal violino e dalla batteria, nessuno ha il “braccino corto” in fatto di note e colpi.

Cupa e a tratti triste After the war. Sono le soluzioni di chitarra e violino a creare, in più punti, questa “cappa fuligginosa” mentre Cheridnik alterna il suo battito. Si giungerà anche a frangenti che attingono a piene mani dal metal, con un particolare contrasto tra la chitarra corrosiva e il violino “affranto”, prima del caotico gorgo finale.

E con Satori i Pandora Snail mettono in scena l’ultima “giostra emotiva”di War and Peace. I protagonisti, ovviamente, non cambiano e, come ormai d’abitudine, la parte del leone la fa il mai domo violino di Gareev. Ottime le prove anche della Gor, che intesse atmosfere mutevoli grazie al suo piano e alle tastiere, di Gorgadze, sempre sul pezzo quando chiamato in causa, e del duo ritmico Klyushin/Cheridnik, costantemente pronto ad assecondare o trascinare i compagni.

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