Semplice come una telefonata

«Ed ora il quiz “La parola in comune”!».
Era quasi ora di pranzo e Stelvio stava facendo zapping televisivo, in attesa che l’acqua nella pentola giungesse al punto di ebollizione, pronta per accogliere la pasta.
«Ed ecco le parole di oggi: colori, numeri, scommessa, carte, vincente» disse lentamente Lorella Carrè.
L’uomo, sessantotto anni, si fermò ad osservare la famosa presentatrice che, dopo oltre cinquant’anni di onorata attività, riusciva ancora a reggere il palcoscenico e la telecamera in modo impeccabile. Il suo caschetto biondo, il sorriso luccicante a trentadue denti, l’abito scintillante: tutto sembrava provenire dai tempi della TV in bianco e nero.
«Salve! Come si chiama?».
«Buongiorno Lorella. Il mio nome è Lucia».
«Buongiorno Lucia! Allora, mi dica, per tremila euro, qual è “La parola in comune” di oggi?».
«Secondo me è “gioco”».
«Lei dice “gioco”? Come mai? Ci spieghi il suo ragionamento».
«Sì. Gioco di colori; gioco con i numeri; un gioco è anche una scommessa; gioco con le carte; gioco vincente».
«Beh, non c’è che dire! A me sembra molto convincente la sua spiegazione! Vediamo se la luce sul forziere diventa verde! In tal caso lei porta a casa tremila euro!» affermò euforica la Carrè indicando uno scrigno multicolore posto su uno stallo e collocato al centro dello studio televisivo.
«Bah. Non credo proprio sia corretta. Secondo me è “codice”. È piuttosto semplice» ragionò ad alta voce Stelvio, dopo aver focalizzato per alcuni secondi il proprio pensiero su quella serie di parole.
L’uomo era ancora lì, incollato alla TV in attesa della soluzione. Intanto l’acqua nella pentola principiava a richiedere il suo intervento.
«Ha già qualche idea sul come spendere eventualmente il premio?» domandò sorridente la conduttrice mentre una musica pulsante accresceva la suspense in studio.
«Di sicuro un viaggio con mio marito. Poi qualche piccolo regalo ai figli».
«Allora glielo auguro con tutto il cuore di vincere!».
I suoni, nel frattempo, stavano aumentando d’intensità.
«Ci siamo! Ci siamo!».
E, improvvisamente, una tromba sguaiata prese il posto della tensione, accompagnando l’attivazione di una luce rossa sul forziere.
«Peccato Lucia! Sarà per la prossima!».
«Grazie lo stesso Lorella».
«Un piacere! E, mi raccomando, riprovi! Avanti con il prossimo! Chi c’è in linea?».
E, meccanicamente, il gioco proseguì con altri tre concorrenti, mentre il montepremi, ad ogni parola errata, aumentava di mille euro.
«Ma come fanno a non indovinare? Secondo me è tutto organizzato a tavolino per fare spettacolo».
E con questa amara riflessione, Stelvio si spostò in cucina e gettò la pasta nella pentola.

«Ed ora il quiz “La parola in comune”!».
Il giorno seguente, quasi inconsciamente, Stelvio sintonizzò il televisore sul programma della Carrè.
«Le parole sono sempre: colori, numeri, scommessa, carte, vincente. Via con la prima telefonata!».
«Vediamo se oggi riescono ad indovinarla» e si sedette a pochi metri dall’apparecchio. Al pranzo avrebbe pensato a gioco terminato.
«Poker» ipotizzò il primo concorrente.
«Lei dice “poker”, perché?».
«I colori delle carte da poker; i numeri delle carte da poker; quando si gioca a poker si fanno scommesse; le carte da poker; c’è sempre un vincente a poker».
«Non male come idea! Vediamo se la luce sul forziere diventa verde. In tal caso lei porta a casa settemila euro!».
«Ma che dici, Lorella. Non c’entra nulla!» commentò quasi stizzito Stelvio.
E, infatti, la luce fu rossa.
«Telefonate! Telefonate al numero in sovrimpressione! Non siate timidi! Vi attende un montepremi da ottomila euro!» incitò la presentatrice.
“E se provassi? Vista la pensione che ho, un gruzzoletto del genere non può che farmi comodo” pensò l’uomo immaginando che il consiglio della Carrè fosse diretto a lui.
S’approssimò al telefono fisso posto sullo stesso mobile basso in mogano che ospitava la TV e, alternando un’occhiata allo schermo e una al tastierino numerico, digitò le dieci cifre mentre Lorella dava il via ad una nuova conversazione.
«Le linee sono tutte occupate. Si prega di restare in linea per non perdere il diritto di precedenza» rispose una voce automatica.
“Immaginavo. Vabbè, pazienza” e riattaccò.

«Ed ora il quiz “La parola in comune”!».
Ancora una volta, puntuale, Stelvio accese il televisore e prese posizione a pochi passi dallo schermo.
«Non sono sicurissimo ma proverei con “cavallo”» propose il secondo concorrente del giorno.
Dopo la consueta richiesta di spiegazione, l’attesa e, infine, la delusione sancita dalla luce rossa sul forziere e dalla tromba sguaiata.
“Riprovo” pensò Stelvio e, guadagnato il telefono, digitò il numero che già conosceva a memoria.
«Le linee sono tutte occupate. Si prega di restare in linea per non perdere il diritto di precedenza» rispose nuovamente la voce automatica.
«Cavolo!» esclamò.
Attese in linea finché la Carrè non introdusse l’ultimo concorrente del giorno. Poi, sconfitto, riposizionò la cornetta.
“Domani proverò prima”.

«Linee non attive. Lo saranno dalle ore undici e trenta. Si prega di richiamare».
Erano da poco trascorse le dieci del mattino. “Un caffè con Lorella”, il programma della Carrè, come ogni giorno, sarebbe iniziato alle undici, il quiz “La parola in comune” solamente alle dodici.
“Ecco. Vabbè, riprovo tra poco”.
Con gli occhi fissi sull’orologio da parete e la cornetta stretta tra le mani, dalle undici e venti Stelvio seguì ogni singolo movimento rotatorio della lancetta dei secondi, ogni scatto percettibile di quella dei minuti e quelli quasi impercettibili, e, per l’occasione, inutili, delle ore. Appena scattate le 11.30 compose il numero.
«La sua chiamata è in coda. Attenda in linea» e, terminata la frase automatica, partì una musica che, secondo le intenzioni del centralino televisivo, avrebbe dovuto sortire un effetto rilassante, ma che, invece, per il sistema nervoso di Stelvio risultò estenuante.
“Speriamo bene”.
Iniziato il programma, e il gioco, però, cominciarono a scorrere, innanzi allo sguardo sempre più frustrato di Stelvio, uno ad uno tutti i concorrenti della giornata.
«Chi abbiamo in linea?».
«Stelvio!» urlò l’uomo.
«Antonio» rispose un’altra voce maschile.
L’uomo si guardò intorno, frastornato. Poi comprese che la voce della Carrè proveniva dalla TV e non dall’apparecchio telefonico e ne trovò conferma nella melodia che stava proseguendo senza sosta.
«Buongiorno Antonio! Allora, mi dica, per diciannovemila euro, qual è “La parola in comune”?».
«Futuro».
«Ma che cavolo di risposta è “futuro”?! Anche gli idioti riescono a prendere la linea e io, che ho già il premio in tasca, sto qui ad ascoltare questa musichetta di merda!» urlò furioso sbattendo con foga la cornetta sulla base dell’apparecchio.

“Quasi le undici e mezza. Ritentiamo” e raggiunse il telefono.
Compose più volte il numero ma nessun suono si udì nel ricevitore. «Ma che cavolo hai?» domandò aspro all’oggetto inanimato che stringeva tra le mani.
Allora pigiò più volte i tasti, a casaccio, sperando in una risposta dell’apparecchio. Nulla.
«Dannazione! Vuoi vedere che ieri l’ho danneggiato?».
Bloccatosi, trovò la soluzione in un lampo: il vecchio telefono a rotella.
Si spostò celermente verso il ripostiglio e prese a rovistare tra gli scaffali colmi di scatole. Il tempo trascorse rapidamente ma dell’apparecchio nessuna traccia.
Solo alle 11.50 lo individuò. Frettolosamente collegò il cavo alla presa e compose il numero.
«Cavolo!» imprecò dopo aver inserito per due volte il numero errato.
Erano quasi due decenni che non utilizzava quello strumento e l’abitudine della rotella era completamente venuta meno tra le sue “abilità”.
«Ed ora il quiz “La parola in comune”!».
La voce di Lorella Carrè giunse, infine, a mettere la parola fine al suo tentativo giornaliero.
Mestamente l’uomo lasciò il telefono e si spostò davanti alla TV.
Quando il gioco ebbe inizio, Stelvio cadde in preda al panico. Il non poter anche solo essere ipoteticamente in lizza per partecipare al concorso, lo gettò in uno stato d’ansia spaventoso. Si sedette solo per pochi istanti, poi s’alzò e iniziò a camminare avanti e indietro tenendo sempre incollato lo sguardo sullo schermo, portandosi alternativamente le mani alla bocca e massacrandosi le unghie, mordicchiandole senza sosta.
Ad ogni telefonata vedeva minata la sua possibilità di vincita. Cominciò a sudare freddo.
Infine, dopo il quarto concorrente, e la quarta luce rossa, i nervi dell’uomo si sciolsero.
E, mentre la Carrè proseguiva con il suo programma, Stelvio indossò le scarpe e la giacca ed uscì di casa.
Vi fece ritorno meno di un’ora dopo. Tra le mani un nuovo apparecchio telefonico.

«Prima di iniziare con il quiz, ci terrei a dire una cosa. Negli ultimi giorni, in redazione sono giunte diverse lettere inviate da telespettatori che lamentano le lunghe attese al telefono e l’impossibilità di riuscire a prendere la linea per partecipare al gioco. Siete tanti, migliaia e migliaia ogni giorno. Non è semplice arrivare alla diretta, vi comprendo» disse con tono solenne, e un filo contrariato, Lorella Carrè.
“Parla di me” e Stelvio sorrise compiaciuto mentre, avvinghiato alla cornetta, nella sua mente scorreva la solita musica d’attesa.
Era passata una settimana dall’acquisto del nuovo telefono e, stanco della serie di attese infruttuose, con la frustrazione che proseguiva nella sua crescita esponenziale, tre giorni prima dello “sfogo” della presentatrice, aveva deciso di inviare una lettera di rimostranze al programma, in cui puntava il dito sulla mancanza di chiarezza relativa al funzionamento del centralino automatico e alle modalità di partecipazione al gioco. Consegna celere.
«Ed ora via a “La parola in comune”!».
E via alla nuova sofferenza, al nuovo calvario che avrebbe portato la sua pazienza, ancora una volta, ai limiti estremi.
L’attesa vana, ormai divenuta routine in quel frammento quotidiano, priva, però, di una reale presa di coscienza da parte di Stelvio, si manifestava attraverso l’immagine di un essere mitologico, metà uomo e metà telefono, ipnotizzato dalla melodia proveniente dal centralino televisivo e dalla voce della conduttrice, in perpetua sospensione tra l’ipotetica possibilità di partecipare al programma e un altro giorno privato dell’opportunità di mettere le mani sul montepremi che diveniva sempre più corposo.
E, ancora una volta, tutto svanì dopo la quarta telefonata.

«Salve. Il suo nome, prego».
Erano le 11.31 e una voce maschile lo colse impreparato.
«È in linea? Il suo nome, prego» ripeté piatto.
«S-sì, sì. Salve, il mio nome è Stelvio Attini» rispose incredulo.
«E chiama da?».
L’operatore proseguì ponendo qualche altra domanda generica, poi concluse dicendo: «La sua telefonata è in lista d’attesa. Prego, resti in linea».
«Certo, certo».
E prese il via la solita musica.
Stelvio chinò su un lato il capo, incastrando per alcuni secondi la cornetta tra orecchio e spalla e strofinandosi le mani pronto alla sfida.
«Ed ora il quiz “La parola in comune”!».
L’annuncio di Lorella Carrè giunse, come sempre, puntuale alle dodici.
“Sarò il primo?” pensò l’uomo mentre la presentatrice introduceva il gioco, ripetendo le cinque parole e il montepremi raggiunto.
La voce di una donna dal nome Marta fu la risposta al suo quesito.
«La parola è…» e cadde la linea.
«Marta? Pronto? Mi sente?».
Dall’altra parte silenzio.
«Deve essere caduta la linea. Il bello della diretta! Riusciamo a ricontattare l’amica Marta?» domandò alla regia.
Una voce fuori campo confermò.
«Ma perché richiamarla? La linea è caduta! Va squalificata!» sbraitò Stelvio.
«Marta? Mi sente?» ricominciò pochi secondi dopo Lorella Carrè.
Attese quasi un minuto, poi la comunicazione tornò.
«Chiedo scusa. Non so cosa sia successo, ma la linea è saltata» si giustificò la donna.
«Non si preoccupi Marta! Ora è di nuovo in linea! Mi dica pure la parola».
«Sì, la parola è “denaro”».
«Non è giusto!» urlò Stelvio e proseguì a strepitare finché non apparve la luce rossa.
Il gioco avanzò e, quando anche la risposta del terzo concorrente fu seguita dal solito suono della tromba sguaiata e dalla luce rossa sul forziere, il flusso leggero di sudore che stava fuoriuscendo dalla fronte di Stelvio, divenne un fiume in piena. Ormai era giunto il suo turno.
«Purtroppo, a causa dell’inconveniente occorso all’amica Marta, siamo fuori tempo massimo! Ma non possiamo certo fargliene una colpa! Il gioco, per oggi, finisce qui!» annunciò improvvisamente la presentatrice.
«Stronza!» urlò l’uomo battendo con estrema foga la cornetta sulla base.
Un attimo dopo, istintivamente, risollevò il ricevitore per constatarne l’integrità. Il segnale c’era ancora.
«Domani sarà l’ultimo giorno utile per tentare la sorte con questa serie di parole! Poi, da lunedì, il montepremi verrà azzerato e si ripartirà con cinque nuovi indizi!».
E, dopo aver lanciato questo macigno che colpì in pieno petto Stelvio, lasciandolo stordito e senza fiato, la Carrè lanciò la rubrica quotidiana “Bella senza trucco”.

«Pronto, è il signor Stelvio Attini?».
«Sì, con chi parlo?».
«È la redazione del programma “Un caffè con Lorella”».
Il giorno successivo alla beffa, mancava meno di mezz’ora all’avvio del suo ormai consueto tentativo telefonico, l’inaspettato prese forma.
«S-sì» rispose titubante.
«La contattiamo per chiederle scusa per l’inconveniente occorso ieri durante il quiz “La parola in comune”».
«Cose che succedono durante una diretta» commentò falsamente comprensivo.
«Per tale motivo, quest’oggi, avrà la possibilità di partecipare nuovamente».
«Vi ringrazio, davvero. Sarò dunque il primo in gara?».
«Questo non possiamo dirglielo. Ci sarà un sorteggio notarile tra lei e gli altri tre concorrenti».
«Sorteggio?» domandò confuso.
«Per garantire la regolarità del gioco non possiamo fare diversamente».
«Ma comunque la mia partecipazione è certa, anche con imprevisti quale quello di ieri?».
«Garantito».
Assicuratosi, Stelvio trascorse i minuti che lo separavano dalla diretta
ripetendo a memoria il ragionamento che si celava dietro la parola scelta, coprendo, a rapidi passi, gli scarsi quattro metri di lunghezza del salotto un numero indefinito di volte.
Poi, alle 11.55, si portò accanto al telefono e attese. Due minuti e l’apparecchio squillò. Era nuovamente la redazione.
«Prego, resti in linea».
«Ora posso sapere se sono il primo?» ma la solita musica d’attesa fu la risposta.
E il primo concorrente fu seguito dal secondo.
Sempre più in preda all’ansia, l’uomo iniziò a mordere quella misera striscia di unghia che ancora era raggiungibile con i denti, causandosi piccole ferite sanguinolenti.
E il secondo concorrente fu seguito dal terzo.
«Ma che scherzo è?! Non è mai il mio turno?!» urlò.
«Signor Attini, dieci secondi ed è in onda».
Una nuova voce subentrò nella sua mente. Un breve momento di smarrimento, poi, inconsciamente, passò una mano tra i capelli per presentarsi al meglio al cospetto della Carrè.
«Salve! Come si chiama?».
«B-buongiorno L-Lorella. I-il mio nome è S-Stelvio» rispose esitante.
«Buongiorno Stelvio! Percepisco dell’emozione nella sua voce! Stia tranquillo, è tra amici!».
«S-sì, sì. Sono tranquillo» ribatté respirando pesantemente.
«Allora, mi dica, per cinquantanovemila euro, qual è, per l’ultima volta, “La parola in comune” tra le parole colori, numeri, scommessa, carte, vincente?».
«Codice. La parola è “codice”» disse tutto d’un fiato.
«Lei dice “codice”? Come mai? Ci spieghi il suo ragionamento».
«Ogni colore in ambito informatico, e anche in altri ambiti, credo, ha un codice; un codice di solito è formato da numeri; ogni scommessa è identificata da un codice; le carte di credito hanno un codice; alla lotteria si vince con il codice vincente» rispose ripetendo il “compito” a memoria.
«Beh, beh, davvero convincente! Questa può essere davvero la volta buona! Vediamo se, finalmente, abbiamo la combinazione giusta per aprire il forziere!».
«Combinazione?» rifletté a voce alta, colpito da quella semplice parola fuoruscita dalla bocca della presentatrice.
«Ha cambiato idea? Mi spiace ma la prima risposta è quella che conta signor Stelvio!» ribatté immediatamente la Carrè cui non era sfuggito il commento.
Ma la mente di Stelvio, completamente assorta nell’abbinare le cinque parole con quella sorta di rivelazione di dodici lettere, “combinazione”, non afferrò quanto detto dalla Carrè.
Nello studio, intanto, la musica pulsante accresceva la suspense mentre la conduttrice fissava sorridente il forziere.
«Ci siamo quasi! Sarà luce verde?».
L’attesa stava per giungere al culmine ma Stelvio risultava ancora assente di sé. Poi, d’un tratto, quando ancora il pubblico rumoreggiava impaziente di conoscere la luce dello scrigno, l’uomo ebbe un sussulto.
«Combinazione» ripeté quasi impercettibilmente.
La certezza della vittoria sembrava sgretolarsi di fronte a quella parola buttata lì, innocentemente, da Lorella Carrè.
«No, no! “Codice” è quella giusta. Ne sono certo!» urlò picchiando forte sulla testa.
«Stelvio, ci siamo!».
Pochi secondi e, in studio, la tromba sguaiata prese il posto della tensione accompagnando l’attivazione della luce rossa sul forziere.
«Davvero un peccato, signor Stelvio!».
Dall’altro capo del telefono si udì solamente un tonfo sordo che alla presentatrice, nell’eccitazione che sempre seguiva al suono della tromba sguaiata, sfuggì.
«Signor Stelvio, è ancora in linea? Signor Stelvio, mi sente? Sarà caduta la linea. Volevo solo dirle che, purtroppo, la sua seconda intuizione era quella giusta! “La parola in comune” è “combinazione”!».

(pubblicato nell’antologia “Premio Arnaldo Giovannetti/9 – Il telefono” – Del Bucchia Editore, 2020)

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