Level π – Elektronische Philosophie

LEVEL Π

Elektronische Philosophie (2020)

Timezone

 

Quinto lavoro in studio per Level π, “etichetta” dietro la quale si cela il polistrumentista tedesco Uwe Cremer.

Come già ampiamente offerto in passato, anche con Elektronische Philosophie l’artista teutonico prosegue il suo cammino tra Krautrock, Art rock, Space rock e una Scuola di Berlino in chiave contemporanea, e, affidandosi al suo arsenale elettronico fatto di Moog, string synthesizer, organo e Mellotron (ma ci sono anche le chitarre), plasma quelle che lo stesso Cremer definisce sette “sculture sonore” ispirate al viaggio, sia esso su un treno, nel cervello di Don Chisciotte, tra le galassie o attraverso il tempo.

Ed è così che si viene avviluppati da momenti affascinanti ed eterei miscelati a frangenti cupi e turbolenti, in cui le caratteristiche teutoniche “genetiche” di Level π emergono chiaramente. E quello che, all’ascolto, potrebbe sembrare un groviglio di “cavi sonori”, come quelli raffigurati sulla copertina dell’album, trova, cammin facendo, una soluzione e una fluida libertà come nell’immagine posta sul retro dello stesso (l’artwork è firmato da Rendel Freude).

Carica di un umore nero prende vita il brano d’apertura, Nachtfahrt, una tensione palpabile che vive tra reminiscenze Depeche Mode, elettronica krauta alla Tangerine Dream e momenti alla Jean-Michel Jarre, un flusso ricco anche di momenti suggestivi e ipnotici che raccontano un viaggio notturno su un Trans Europ Express, i paesaggi incontrati, il rumore del treno, la “lotta” tra buio e luce.

Decisamente alienante Die lange Reise con il suo loop ritmico costante ed estraniante, elemento basilare utile ai giochi tastieristici di Uwe Cremer, anche questi “gettati” in scena sino allo “stremo”, per emergere senza problemi. C’è anche spazio per qualche intervento tribale, frammenti vocali e layers chitarristici che rendono più corposa la stratificazione del brano e la narrazione sonora dell’ipotetico viaggio verso la Terra dell’alieno Klaatu, protagonista del film “Ultimatum alla Terra” (diretto da Robert Wise nel 1951).

Momento slow con Intermezzo e la sua andatura molto compassata, tra colpi melliflui di basso, minimi dettagli di batteria e un tocco un po’ cleptoniano della chitarra.

Nata da una sequenza realizzata in passato sperimentando con il Modular V, e quasi dimenticata su un hard disk, ecco che Elektronische Philosophie, dopo esser stata “riesumata” e ampliata, è diventata il brano che dà il titolo all’album. In essa l’elettronica “futuristica” irrompe sulla scena spazzando via quanto ascoltato nell’episodio precedente, portando il tragitto in piena landa kraftwerkiana, con ampi momenti pieni di fascino teutonico.

Torna l’atmosfera fuligginosa con Don Quijotes Gehir (brano ispirato al film “L’uomo che uccise Don Chisciotte” di Terry Gilliam, uscito nel 2018, e alle “visioni” del protagonista) grazie alle tastiere opprimenti di Cremer. E anche la distorsione ci mette del suo, mentre la sezione ritmica cresce lentamente. D’un tratto l’elettronica impazzisce, per poi riprendere il filo accodandosi all’umore cangiante della chitarra e sommergendola in più tratti.

Più pacata, a tratti vacua, Zu Hause, affidata, in parte, al soffice arabesco di chitarra che si muove tra tappeti eterei e un ritmo “bloccato”.

Durch die Jahrzehnte cresce lentamente, con un loop di tastiera ad indicare la strada all’elettronica centellinata, ma comunque ben presente, del padrone di casa. E con l’ingresso della chitarra (in un primo momento un po’ gilmouriana), il brano assume la fisionomia di un mantra ipnotico. Poi tutto prende consistenza e s’aggrappa al solo della stessa. Poco oltre, questa ritrovata (non realmente eccessiva) vitalità viene fatta propria anche dalle tastiere. Un nuovo vigore che ci conduce sino alla conclusione di questo “viaggio cosmico”.

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