Intervista a Mauro Rattaggi degli Analogy

Diamo il benvenuto a Mario Rattaggi degli Analogy. Partiamo dal presente. Gli Analogy sono tornati sulle scene dopo molti anni. A chi è nata l’idea della reunion?

M.R.: Da molto tempo lo proponevo ai miei amici e compagni di avventura. Jutta e Martin rispondevano che non c’erano le condizioni e che troppo tempo ci separava da quegli anni. Poi un giorno Martin mi chiama e mi dice: “Tornare a suonare no, ma c’è un certo interesse perché si pubblichi qualcosa di nuovo o addirittura di antico. Cerca nei vecchi nastri per capire se ci sia del materiale utilizzabile”. Trovato ben poco, ma nel frattempo con l’amico Claudio Fucci si sviluppa l’idea di fare addirittura un album, che è poi diventato un cofanetto da 3 CD, con tutta la storia musicale da Joice/Yoice ad Analogy fino ad Earthbound.

Non c’è nulla di proponibile nei vecchi nastri dei brani della “Suite” con Rocco Abate al flauto. Ci ritroviamo così in studio di registrazione per rifare “Il viaggio dei grandi spiriti”. Jutta in seguito ad un incidente non può partecipare alla sessione, viene così incisa la voce di Claudio. A lavoro ultimato e pronto per la distribuzione ci ritroviamo nel 2010 sul palco del Bloom a Mezzago in un miniconcerto per la presentazione di “The complete Works”. La gioia di ritrovarci dopo tanti anni sul palco è stata la scintilla che ha fatto riaccendere i motori a tutti, l’interesse che si era creato intorno ad una nostra possibile reunion ha fatto il resto!

Qual è stata la prima sensazione nel ritrovarvi insieme dopo tanti anni?

M.R.: C’è da dire che siamo restati sempre in contatto da buoni amici e non passava anno che non ci si vedesse, magari in occasione di vacanze o feste particolari, ma trovarsi sul palco è stata una cosa sorprendente, mi pareva che non fosse passato così tanto tempo, ma solo qualche giorno e tutto fosse come prima come se il tempo si fosse fermato, un incanto.

Sai che Martin Thurn-Mithoff, in un’intervista rilasciata ad Augusto Croce nel 2008, alla domanda “Nessuna possibilità di riformare gli Analogy?” ha risposto “No! Abbiamo fatto 25 Years Later come omaggio a Mops e per la gioia di sentirci dopo 25 anni, ma basta così”. Come mai ha cambiato idea?

M.R.: Credo di averlo già spiegato in risposta alla prima domanda: un processo di eventi che man mano si presentavano. Anche il ritrovare le persone giuste che ci potessero permettere questa nuova esperienza, parlo per esempio di Roberto Carlotto, alias Hunka Munka, che ha sostituito Nikola Pankoff alle tastiere; il nostro suono era imprescindibile dai fraseggi dell’Hammond e Roberto ha poi aggiunto la sua grande esperienza e per Analogy è sbocciata una nuova stagione… “The Year’s at the Spring”.

Torniamo al 1970. Come nacquero i The Joice (embrione dei futuri Analogy) e quali erano le influenze musicali che portarono alla loro formazione? Che ricordo hai di quegli anni?

M.R.: “The Joice”, diventato poi per un errore di stampa sul 45 giri “The Yoice”, nacquero dopo un’audizione nella sala Moulin Rouge di Laveno Mombello nell’aprile del 1970. “The Joice” si formò su suggerimento dell’impresario che ci seguiva allora, Jonny Leonardi, dalla fusione del gruppo “Suburban Meditation”, formazione composta da me, Martin e Mops (Herman Jurgen Ninhaus – fratello di Jutta – mio batterista nel gruppo “The River Boys” 1968/69) con il “duo Jutta e Martin”. Avevamo bisogno di suonare per comprarci strumenti e amplificazione e Jonny con questa line up ci scritturò per parecchie date. In seguito si aggiunsero al gruppo Wolfgang Schoene alla chitarra ritmica e poi Nicola Pankoff alle tastiere.

Cosa successe in quel lontano ‘72 a Mauro Rattaggi? Fu solo il servizio militare la causa dell’abbandono della band?

M.R.: Arrivavano per me i 20 anni e con loro il dovere di assolvere il servizio militare, l’alternativa sarebbe stata espatriare, ma in ogni caso avrei dovuto lasciare la band, decisi allora di partire e prestai servizio di leva dall’aprile del ‘72 al giugno del ‘73. In questo modo avrei avuto sicuramente la possibilità, in occasione di qualche permesso o licenza, di partecipare a qualche concerto. Così facendo non lasciai mai completamente la band, certo non potevo garantire la mia presenza e allora tutti d’accordo pensammo che la cosa migliore nel frattempo fosse di passare il basso a Wolfgang, in fin dei conti con Nicola alle tastiere si poteva fare benissimo a meno della chitarra ritmica. Seguii allora il gruppo come fonico, ovviamente quando se ne presentava l’occasione.

Quale fu il tuo stato d’animo appena toccasti con mano il primo disco degli Analogy? C’è del tuo in quell’album?

M.R.: Ero stato arruolato in aeronautica e il C.A.R. che durava due mesi era ad Albenga in Liguria. Verso la fine di maggio Jutta e Martin vennero a trovarmi ed in mano, fresco di stampa, avevano l’Lp. Pur non avendo partecipato direttamente alle registrazioni, avvenute alla Mondial Sound nel maggio del ‘72, la gioia era immensa nel vedere l’album, toccarlo. Compariva il mio nome, era anche un po’ come un mio bambino.

È vero che la foto della copertina (con l’intera band nuda) è stata scattata nel 1971 e sotto la fascia celeste, dove compare il nome della band, in realtà ci sei tu? A chi venne quell’idea, scandalosa per l’epoca, e cosa provasti nel posare nudo con i tuoi compagni?

M.R.: Si, non c’era la mia immagine ma quella striscia blu che la copriva, il servizio fotografico era solo di pochi mesi prima ed il management aveva optato per quella soluzione. Una intera giornata dedicata alle nostre decorazioni e fotografie in quel di Galliate, sulle colline del lago di Varese.

A chi venne l’idea francamente non ricordo, ma mi ricordo che ci piacque molto, rappresentava una “rottura” nei confronti degli schemi classici della band con la divisa o vestiti tutti in un certo modo, solo Nicola, che fra l’altro non si fece dipingere, non era molto d’accordo.

Non ci fu mai la possibilità, una volta terminato il servizio militare, di rientrare nella band?

M.R.: Finito il sevizio militare, invece di tornare a casa andai a vivere a Monza con Jutta, suo fratello Mops e Martin, il gruppo era ben rodato e non mi sembrava il caso di ricominciare la sostituzione delle parti, poi io mi trovavo benissimo anche nel ruolo di tecnico del suono ed in concerto mi divertivo duettando con le risposte dell’echo con la voce di Jutta e la chitarra di Martin. Echo Semprini più un bel Revox, avevo la possibilità di partecipare direttamente alla formazione del sound, era un po’ come suonare. Poi di li a pochi mesi cominciarono le defezioni: prima Nicola che per vari motivi non se la sentiva più di saltare da un palco all’altro e poi Wolfgang. Così la band intesa come Analogy si sciolse. Ci ritrovammo ancora noi quattro, gli elementi iniziali, e con ancora tanta voglia di suonare. Attraverso un amico, Fabione, conoscemmo Paolo Ciarchi del “Collettivo Teatrale La Comune” di Dario Fo e partecipammo, anche se non tutti assieme, a vari concerti. Anche in quel frangente, nel 1974, mi alternavo nel ruolo di fonico a Milano e dintorni, a bassista nei concerti di Perugia, Venezia, ecc. Conoscemmo poi il regista Gianni Damiani e con lui nacque una bella collaborazione. A Santa Maria della Versa nell’Oltrepò Pavese, Gianni ci mise a disposizione il castello di Soriasco ed assieme ad altri musicisti (noi quattro Joice/Analogy, poi in particolare ricordo: il tastierista Sergio Conte dei Jumbo, una violinista francese, un flautista di Napoli dei quali i nomi si son persi nella memoria) ci ritrovammo per comporre la colonna sonora, su testi di Gianni Damiani, appunto, e anche con l’aiuto di uno scenografo, De Benedetti, per preparare lo spettacolo dal titolo “Arianna e Teseo”.

Cosa hai fatto in questi ultimi 40 anni? Hai mantenuto i rapporti con i tuoi “vecchi colleghi”, prima dell’uscita di “25 Years later”, nel 1996, a cui hai preso parte alle registrazioni? Raccontaci qualcosa di quest’esperienza.

M.R.: Come ho già avuto modo di dire, siamo sempre stati in ottimi rapporti, eravamo e siamo ottimi amici e periodicamente ci si incontrava. Alcune volte per situazioni musicali, altre per il solo piacere di vederci e bere un buon bicchiere di vino assieme. Io mi sono dedicato, oltre che alla musica, all’assistenza e alla progettazione di reti e ponti radiotelevisivi.

Nel ‘78/‘79 collaborai con gli Earthbound, gruppo inglese fondato da Jutta e Martin a Londra, al loro tour.

Sul finire degli anni ‘80 con Martin e Alan, duo di chitarre acustiche, producemmo un filmato musicale negli studi di Televerbano, TV della quale ero responsabile tecnico. Negli anni ‘90, qui a Laveno Mombello, io e due amici fondammo il “Maam Studio” sala di registrazione professionale con annessa sala prove “Free Time Music Club” dove nel ‘95 registrammo, in memoria ed onore del nostro batterista fratello di Jutta e mio grande amico Mops che aveva raggiunto le grandi praterie del cielo, “25 Years Later” edito da Ohrwaschl Record di Monaco. Nel frattempo dal ‘94 suonai come bassista nella cover band NSC fino al 2004.

Nella ricorrenza e per festeggiare i 50 anni di Jutta, a Lebach ci fu il primo mini concerto dove le due band Analogy ed Earthbound si trovarono assieme.

La riscoperta del progressive agli inizi degli anni ’90 ha portato a varie ripubblicazioni dell’unico album della band, alla pubblicazione (nel 2010) di “Analogy/Earthbound – The complete works”, cofanetto contenente materiale edito ed inedito delle due band, e nel 2012 di “Analogy & Earthbound – The video collection”. Come avete vissuto questo rinnovato interesse nei confronti della vostra musica?

M.R. L’ennesima riedizione dell’Lp del ‘72, la pubblicazione di “ The Suite”, nel ‘95 “25 Years Later” e le nuove produzioni video/discografiche, “The Complete Works” sono state uno dei motori della nostra reunion. Dopo qualche giorno di prove lo scorso anno con Roberto Carlotto (Hunka Munka), visto che l’intesa era ancora perfetta ed il potenziale alto, abbiamo deciso di provare ad utilizzare il 2012 per fare dei concerti e verificare sul campo l’effettiva possibilità di tornare a suonare assieme. Dopo il concerto del 14 aprile a Lamezia Terme, quello di Zerbo il 20 maggio (40 anni dopo il mitico festival), quello del Bloom di Mezzago il 25 di maggio, in concomitanza con la pubblicazione del Dvd  e “Le Radici del Rock” il 21 di luglio a Viterbo, tutto è pronto per partire. Con la collaborazione di Pino Tuccimei (che con Eddy Ponti e Giovanni Cipriani è stato l’organizzatore del Pop Festival di Roma Villa Pamphili) come manager stiamo preparando i concerti per il 2013, che ci vedranno oltre che in Italia anche su palchi europei.

Nel prossimo futuro cosa attende gli Analogy? Dobbiamo aspettarci la pubblicazione di un nuovo disco?

M.R.: Credo che la prima cosa sarà un live. Nel concerto di Lamezia è stata effettuata una registrazione multitraccia che in questi giorni è in fase di remix in studio a Londra. Una volta pronto il master daremo il materiale a Matthias Scheller (BTF di Milano) ed a Claudio Fucci (Vololiberoedizioni), rispettivamente nostro produttore discografico e nostro editore. Spero che possa essere pronto il vinile per i concerti del prossimo anno.

Primi appuntamenti live previsti fine di aprile primi di maggio, Roma e Napoli. Per seguire gli avvenimenti, date e location dei concerti: sitopagina Facebook.

Popolo del Prog… stiamo arrivando!!! Vi aspettiamo!!!!

Grazie infinite per la piacevolissima chiacchierata!

M.R.: Un’ultimo pensiero. Una cosa fra le tante altre che mi ha fatto piacere è essere riuscito a coinvolgere Roberto Carlotto alle tastiere che con la sua abilità, qualità ed esperienza ha portato una nuova ventata nella band. Se poi si considera il fatto che alla formazione partecipano anche gli inglesi Scott Hunter (già batterista Jethro Tull) e Richard Brett, entrambi elementi del gruppo londinese di Jutta e Martin “Earthbound”, gli Analogy diventano più che mai una formazione europea: due tedeschi, due inglesi e due italiani.

La musica in generale, ma soprattutto il Prog, ha bisogno di essere diffusa, i concerti sono molti ma poco pubblicizzati, se da una parte è un bene, così non si creano assembramenti caciarosi e non interessati, dall’altra parte è una limitazione che riduce sensibilmente il budget delle organizzazioni.

Fare della musica costa, è giusto che chi la esegue e la promuove venga ricompensato per la dedizione e l’impegno, è difficile vivere di sole note. Quindi grazie per la divulgazione e la promozione di questo genere così amato e bistrattato ma sempre molto particolare.

(Gennaio 2013)

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