Accordo dei Contrari – AdC

ACCORDO DEI CONTRARI

AdC (2014)

AltrOck Productions

 

Continua la tradizione degli album “esapartiti” per gli Accordo dei Contrari: dopo Kinesis (2007) e Kublai (2011) ecco i sei brani di AdC, album che segna anche il ritorno della band tra le fila dell’AltrOck Productions.

Come già successo in passato, Marco Marzo Maracas (chitarra elettrica ed acustica), Daniele Piccinini (basso), Cristian Franchi (batteria) e Giovanni Parmeggiani (fender rhodes, organo hammond, minimoog, piano) confezionano sei “contenitori” multiformi in cui sono custoditi molteplici universi sonori e dove il tocco personale, che parte da una solida base jazz rock e si estende verso varie forme di sperimentazione, emerge chiaramente tra le diverse influenze ed ispirazioni che spaziano dagli Area ai King Crimson e Mahavishnu Orchestra, con “spruzzate” di “UT” dei New Trolls (soprattutto nelle sferzate chitarristiche di Giovanni Parmeggiani/Nico di Palo) e Cherry Five.

Particolare è la genesi dell’album: come raccontato dagli stessi artisti, in questo lavoro coesistono brani realizzati durante il periodo “Kublai” ma non inseriti in quel disco (Seth ZeugmaDua Più limpida e chiara di ogni impressione vissuta, part II, quest’ultima esistente solo in forma “embrionale”), e nuove realizzazioni. Inoltre, le fasi di registrazione, cui hanno preso parte anche Vladimiro Cantaluppi (violino in Seth Zeugma e viola in Più limpida e chiara di ogni impressione vissuta, part II), Marina Scaramagli (violoncello in Più limpida e chiara di ogni impressione vissuta, part II) ed Enrico Guerzoni (violoncello in Seth Zeugma), sono state “brevi ma intense”, una rapidità che non ha influito minimamente sulla qualità del lavoro, caratterizzato da nitidezza, ricercatezza e fluidità dei suoni.

AdC si apre con Nadir. Pochi attimi krauti per far “mente locale” sul cammino (tortuoso) da seguire: si può partire. E subito piove la prima “gragnola” di colpi con tutti gli effettivi in campo, prima che Franchi prenda il largo trascinando con sé un Marzo alla John McLaughlin, insieme a basso e piano. Una “finta pausa” si ha ai tre minuti dove la batteria, inizialmente, continua a dare segni di vita, prima di lasciare spazio alla “chitarra-mandolino” di Marzo, mentre una nuova svolta arriva poco più avanti. Qui la “macchina dei tempi irregolari” riprende a dettare i propri tempi a chitarre graffianti, basso possente e tastiere acide. E dopo una seconda breve “pausa” si torna in apnea verso territori crimsoniani. Un brano in cui si riconosce senza fatica il marchio di fabbrica di Accordo dei Contrari.

Dandelion. Brano che pur nella sua complessità sembra quasi “lineare” rispetto al precedente. Si parte subito forte con l’ordito a maglie strette di batteria, basso e chitarra. Successivamente il brano si apre senza perdere velocità, continuando su vari livelli di mutevolezza dove ogni musicista sembra seguire un proprio percorso senza mai perdere di vista il cammino “comunitario”. Ultima parte molto british.

Nuovi protagonisti aprono Seth Zeugma: sono gli archi “posseduti” di Vladimiro Cantaluppi ed Enrico Guerzoni (rispettivamente violino e violoncello) che duettano con il piano di Parmeggiani, altrettanto “invasato”, tratteggiando uno strano incontro tra Aranis, Alamaailman Vasarat e Julverne. Segue un alternarsi di “momenti da Area”, con soprattutto il tocco fariselliano dello stesso Parmeggiani a tracciare la rotta, e deflagrazioni rapide e taglienti.

Nuovo episodio sfaccettato. Nel primo dei vari segmenti di Dua, mentre batteria e piano duettano in quel che sembra un omaggio agli Area, troviamo anche Marzo che spazia in territori settantiani. Come sempre numerosi si susseguono i cambi d’umore della band, con i quattro musicisti che non concedono (a loro e a noi) un attimo di riposo. Tra gli altri, numerosi, particolari, da evidenziare gli interventi all’organo (e al piano) di Parmeggiani, oltre all’eccellente lavoro di Franchi alla batteria e all’agilità esecutiva di Piccinini al basso.

Una breve tregua nei primi minuti di Tiglath dove i leggeri suoni di Parmeggiani, arricchiti dai piatti e dalle “pelli” di Franchi, dipingono un paesaggio dalle tinte alquanto fosche. A seguire lo stesso batterista prende in mano la situazione apportando un ritmo piuttosto sostenuto che fa da supporto alle continue divagazioni dei soci. Gli ultimi variegati minuti “odorano” di Mahavishnu Orchestra.

Più limpida e chiara di ogni impressione vissuta, part II. Il finale che non t’aspetti. Dopo aver investito l’ascoltatore con continue raffiche di note, ecco che Accordo dei Contrari si riscopre romantico. È il morbido intreccio tra l’arpeggio lieve di chitarra e gli archi, impreziosito da interventi fugaci al piano, a dominare l’intera scena, cogliendo davvero impreparato chi attendeva il “colpo finale”. Uno stato d’animo diametralmente opposto alla prima parte del brano presente nell’album Kublai.

Anche questo lavoro conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, le grandi qualità di Accordo dei Contrari.

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