Ikitan | Twenty-Twenty

IKITAN

Twenty-Twenty (2020)

Autoproduzione

 

Un brano, un solo da 20 minuti (e venti secondi): così si presentano gli Ikitan al loro esordio discografico (pubblicandolo, forse scaramanticamente, il 20 novembre 2020).

E Twenty-Twenty è una sorta di lungo viaggio “introspettivo”, un flusso di coscienza sprigionato attraverso gli strumenti di Luca Nash Nasciuti (chitarra, effetti), Frik Et (basso, effetti) ed Enrico Meloni (batteria, cowbell) e convogliato in un unico brano strumentale in cui i tre hanno dato forma a ciò che veniva creato spontaneamente in sala prove. Una lunga, infinita jam, una “frullatore” di generi e stili musicali spontaneo e sanguigno che gli Ikitan, per “semplicità”, etichettano quale heavy post-rock, un’unica composizione in cui c’è tecnica, c’è creatività e c’è soprattutto coraggio. E l’assenza del cantato non è una vera e propria “assenza” (le sue “veci” le fa la chitarra di Nasciuti).

E tutta la potenza del trio viene sprigionata graficamente anche dall’artwork di Luca Marcenaro che dà corpo e colore al “dio del suono delle pietre” Ikitan (e ai suoni della band).

Il brano si apre con il morbido ricamo di basso creato da Frik Et che, con l’arpeggio avvolgente seguente di Nasciuti, lascia immaginare tutt’altri lidi per il prosieguo del brano, e anche i tocchi compassati di Meloni contribuiscono nello “sviare” l’ascoltatore. Ma è un crescendo vorticoso, che s’ispessisce col trascorrere dei minuti sino a raccogliere in sé tanto rock, di quello viscerale, caldo, autentico, e miscelarlo con la potenza vulcanica e magmatica dei Tool, riffs torrenziali, cavalcate ritmiche e andature che miscelano post-rock e doom. E ancora, il lungo viaggio di Twenty-Twenty, alla distanza, si fa psichedelico, con manganellate stoner e sfumature nu metal, bordate post-grunge alla Audioslave di un brano quale “Cochise” e guizzi di melodia (come sul finire).

Tante idee (inconsce). Li aspettiamo con piacere sulla “lunga distanza” di un album.

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