Vacanze agognate, vacanze…

«Sara? Luca? Siete pronti?».
«Siiii!» l’esclamazione provenne simultaneamente dalla bocca di entrambi.
«Bene bene! Dai, prendiamo i bagagli e andiamo» disse Matteo carezzando i due piccoli.
«Monica? E tu?».
Nessuna risposta.
«Monica?» riprovò. Nulla.
Andò al piano di sopra, verso il bagno, e trovò sua moglie intenta a fermare alla meglio il fiotto d’acqua che fuoriusciva dal vano inferiore del lavandino.
«Ehm, c’è qualcosa che non va caro» disse impanicata la donna.
«Lo vedo…» rispose mestamente Matteo osservando sua moglie zuppa quasi fin nei capelli.
«Resisti un altro po’ e io intanto corro a chiudere la valvola generale» aggiunse.
«Si, fai presto».

«E ora?» Una sconsolata Monica fissava negli occhi Matteo.
«E ora niente. Chiamo Luigi, l’idraulico, e speriamo riesca a passare oggi per risolvere il guasto».
«Va bene. Parlo io con i piccoli, tu risolvi la questione».
Pochi minuti dopo la coppia si riunì nuovamente in cucina.
«Niente, oggi non può. Passa domattina. Per fortuna non è ancora in ferie».
«E ora che facciamo papà?» chiese desolatamente Sara, la più grande dei due, sei anni.
«Purtroppo ci tocca rimandare la partenza di un giorno».
«Uffa!»

«Tutti pronti?».
L’indomani, ore undici, appena Luigi ebbe lasciato l’abitazione dopo aver riparato il guasto, Matteo riformulò la domanda.
«Si!».
«Si parte allora» e questa volta partirono davvero.

875 Km separavano la famiglia Mazzeo dalla meta. Dopo un anno trascorso a Biccari, piccolo paesino collinare della provincia di Foggia, in cui al freddo pungente dell’inverno s’alternavano estati afose, i quattro avevano deciso di rilassarsi alle pendici delle Dolomiti, in Val di Fassa. Il garnì Villa Clelia li attendeva già da un giorno.
Il programma, anche se slittato di ventiquattrore, non aveva subito modifiche sostanziali. Dieci, ora nove, giorni da trascorrere tra il silenzio dei boschi, attraverso i verdi sentieri, e fugaci apparizioni nei piccoli borghi che sorgevano nelle vicinanze: Moena, Canazei, Pozza di Fassa. Inoltre erano previste uscite, sempre all’insegna del relax, verso le cime dolomitiche e verso il lago di Carezza, oltre ad una giornata obbligatoria allo straordinario centro benessere con piscina di Canazei.

L’auto del quartetto, una Golf grigia acquistata due anni prima, aveva da poco superato San Severo e inserito la propria elegante figura sulla A14, quando si manifestarono le prime code.
«Ecco, è per questo che la mia intenzione era partire ieri, di giovedì. Non ne usciremo più da questa autostrada» disse già sofferente Matteo.
«Tranquillo caro. Vedrai che la situazione andrà migliorando».
I piccoli, nel frattempo, giocavano sui sedili posteriori contando le auto di colore giallo.

Erano trascorse tre ore dalla partenza e da poco erano giunti in Molise.
«Con questa andatura arriveremo dopodomani» esclamò spazientito Matteo.
«Non abbiamo alternative» chiosò spontaneamente Monica.
«Eh, lo so. Speriamo bene».

Il tramonto ormai era alle porte quando la vettura entrò nelle Marche. Avevano già fatto una sosta e Matteo, stanco di quell’andatura che nei picchi massimi aveva raggiunto i 50 km/h, decise che ne sarebbe occorsa un’altra.
«Dai, scendiamo un po’ a sgranchirci le gambe, tra dieci minuti riprendiamo il viaggio».
«Ma quando arriviamo papà?» chiese con un velo di tristezza nella voce Sara.
«Non lo so, piccola. Spero presto».
Intanto Matteo non aveva notato quella piccola asse di legno con un chiodo sporgente che giaceva per terra e su cui aveva parcheggiato l’auto, in particolare la gomma anteriore destra.

Il buio aveva ormai avviluppato l’autostrada e il traffico non accennava a diminuire.
Ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta.
«Ma che diavolo è?» urlò Monica, cui fecero da coro le grida di paura dei due bimbi.
«Dannazione! Abbiamo forato!».
Per fortuna l’andatura era blanda e l’auto riuscì ad accostare facilmente nella piazzola di sosta.
«E ora?» chiese Monica.
«E ora cambio la ruota, proseguiamo fino alla prossima uscita e cerchiamo un alloggio. È ormai notte e non possiamo fare altri 450 km con la ruota di scorta. Speriamo solo di trovare un gommista aperto domattina».
Monica non rispose nulla.

«Gradara. Usciamo qui».
«Si, ma dove dormiamo?»
«Ci sarà una stanza per noi».
«Papà, siamo arrivati?» chiese Luca.
«Non ancora, tesoro. Stanotte dormiamo qui, poi domattina papà sistema la ruota, facciamo un giro al castello, che è bellissimo, e ripartiamo».
«Va bene».

Per fortuna, nella sfortuna, andò esattamente così. Trovata la stanza, la mattina seguente Matteo, alle 8.30, uscì in cerca del gommista e lo trovò. Cambiò le due ruote anteriori, poi recuperò la sua famiglia, breve giro al castello, come promesso, e ritorno in autostrada.
«Sembra ci sia meno traffico» disse Monica.
«Speriamo regga per un po’».

Nonostante il traffico andò aumentando col trascorrere delle ore, alle 16, con due giorni di ritardo, la famiglia Mazzeo raggiunse il garnì Villa Clelia.
«Buongiorno signora, siamo la famiglia Mazzeo. Ci scusi per il ritardo ma ne sono successe di ogni. Se glielo racconto forse non mi crede».
«Non si preoccupi. Ha fatto bene ad avvisarmi tempestivamente nei giorni precedenti». Ad ogni inconveniente, infatti, Matteo aveva telefonato coscienziosamente alla proprietaria del garnì per avvisare del ritardo.
«Vi accompagno alla vostra stanza».
«Si, grazie. Lasciamo i bagagli, una rinfrescata e poi facciamo un giro».
«Va bene, però fate attenzione. Il maltempo di questi giorni ha creato non pochi problemi».
«Ah, non sapevamo».
Nel quasi giorno e mezzo trascorso in viaggio, il maltempo aveva flagellato il Trentino. Dopo una settimana di gran caldo era giunta una vera e propria tempesta che aveva causato ingenti danni alla regione: dalle strutture ricettive ai boschi, dalle stazioni sciistiche ai piccoli centri, tutti erano stati colpiti. Persino il centro benessere di Canazei aveva subìto danni ed era stato costretto a chiudere.
La famiglia Mazzeo scoprì tutto questo nei giorni seguenti al loro arrivo.

«Papà, che facciamo oggi?».
«Se siete pronti facciamo una bella passeggiata tra i boschi».
«Si!».
I quattro uscirono col sorriso dal garnì e, a piedi, raggiunsero ben presto la zona dei sentieri che si apriva nella zona più bassa del piccolo borgo.
Una sorpresa, però, li attendeva.
«Per motivi di sicurezza è vietato l’accesso» così recitava un cartello legato a del nastro bianco e rosso posto a chiusura della stradina.
«Perché è chiusa?».
«Credo sia colpa del maltempo. Dai, prendiamo l’auto e andiamo a Canazei. Vi porto in piscina».
«Si!».

Un’altra brutta sorpresa li attendeva a Canazei.
«Mi spiace ma qui non si può entrare. Stiamo riparando i danni causati dal maltempo e, almeno per i prossimi dieci giorni, saremo chiusi purtroppo» disse un uomo in divisa che bloccò l’auto all’ingresso del parcheggio del centro benessere.
«Ah, ok».
«Che succede papà?».
«Ehm, non possiamo andare in piscina. Il maltempo l’ha danneggiata» rispose quasi imbarazzato Matteo.
«Nooo!» urlarono in coro i due bambini.
«Dai, non fate così. Troveremo altro da fare» provò a tranquillizzarli Monica.
«E cosa?».
La domanda non ebbe risposta.

Trascorsero i giorni restanti a Mazzin, tra la stanza, il giardino del garnì e le viuzze del piccolo borgo.
Poi venne il giorno della partenza. Quattro volti scuri entrarono in silenzio in auto, alla volta di Biccari. Una nuova traversata piena di incognite li attendeva.
«L’anno prossimo in vacanza si va in primavera» sentenziò Matteo. Poi mise in moto e partì.

(pubblicato nell’antologia “Basta, voglio le vacanze!” – Montegrappa Edizioni, 2017)

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