Una casa nuova per la famiglia Naglio

“Bilocale arredato con ingresso, camera, angolo cottura, soggiorno, bagno e posto auto”.
Letto l’annuncio riportato sul cartoncino rettangolare rosso dalla grande scritta “AFFITTASI”, affisso sul portone in vetro e anticorodal del palazzo anni ’60 a tre piani situato al civico 21 di Via Santi Eremiti, l’uomo dalla barba incolta, capelli arruffati e abbigliamento dall’abbinamento di colori non proprio azzeccato, spostò la sua attenzione sul citofono.
“Tanzi, Cutrone, Fanteschi, Cutino, Bellugi, Sannino. Niente, andiamo avanti”.
L’uomo, Aldo Naglio, proseguì lentamente lungo la via, quasi trascinando il proprio passo, cercando con lo sguardo, a destra e sinistra, eventuali proposte di affitto o vendita case.
Svoltò a destra, in Vicolo del Monte. Al civico 4 lesse: “Affittasi appartamento posto al secondo piano composto da: ingresso, 2 camere, cucina, bagno. Buono stato interno”. Poi passò nuovamente al citofono: “Clizi, Santurro, Mammarella, Zito”.
Scosse la testa e andò oltre.
Camminò ancora per poco più di due ore, senza risultati. Poi decise di rientrare a casa.
Non demordere, Aldo. La troveremo.
Appena varcata la soglia di casa sentì quella voce. Di nuovo. Ormai, dopo quasi due settimane dalla sua apparizione, aveva smesso di cercare intorno a sé la sua provenienza. Era nella sua mente.
Si diresse nella piccola cucina. Dopo aver dato un’occhiata al lavello in cui le stoviglie ormai superavano i bordi dello stesso, l’odore che emanavano era diventato nauseante, cercò invano un bicchiere, poi bevve direttamente accostando la bocca al rubinetto.
Infine, andò in camera da letto e, vestito, si buttò sul letto sfatto. E pianse.

“Due camere da letto, bagno, salotto, ampia cucina, ripostiglio. Libera da subito”.
La mattina seguente, erano la dieci, Aldo tornò in strada, come accadeva da poco più di una settimana. Addosso gli stessi indumenti del giorno precedente, e di quello prima, sempre più sgualciti e maleodoranti.
L’annuncio campeggiava sul bel portone in legno rifinito di un villino a due livelli. Sul citofono il solo cognome Zanuso. Proseguì.
Cerca Aldo, cerca.
Aldo mosse di scatto la testa più volte, quasi fosse infastidito da un insetto ronzante. Una ragazza lo osservò incuriosita, poi andò per la sua strada.
“Trilocale + cucina + bagno + garage. Vendesi”.
Via delle Siepi, civico 9, una palazzina di quattro piani con evidenti crepe nel rivestimento esterno.
“Patini, Lipari, Bernelli, Douam, D’Orazio”, poi vi erano tre tasti privi di cognome.
Guardò nuovamente l’annuncio in cerca di un numero di telefono e lo trovò in basso a destra. Estrasse dalla tasca il malconcio cellulare, compose il numero e attese. Tre squilli, poi il più classico dei «Pronto?». Era una voce femminile, sui quarant’anni.
«Ho letto l’annuncio della casa in Via delle Siepi» disse con voce cupa e lenta.
«Ah, sì. Vuole vederla? Io sono la vicina di casa del proprietario e ho le chiavi».
«Chi abita nel palazzo?».
«In che senso, scusi?» chiese la donna spiazzata dalla domanda inusuale.
«Negli altri appartamenti, chi c’è?».
«Due coppie di anziani, una famiglia tunisina e alcuni studenti. Perché?» rispose quasi meccanicamente.
«Non mi interessa allora» e riagganciò.
Colpita dall’improvviso clic del cellulare, la donna, dal corpo importante avvolto da una vestaglia floreale, raggiunse a passo svelto la porta-finestra del balcone che dava sulla strada, scostò la tendina e osservò verso il basso. Notò una figura strana, poco rassicurante, che si allontanava fiaccamente.
“Ci mancava solo il pazzo!”.
Rientrò a casa che era quasi buio. La ricerca continuava ad essere infruttuosa.

Aldo, sei pronto? Casa nuova ci aspetta.
Risvegliato dalla voce, Aldo si alzò dal divano, quella notte aveva dormito lì. Si spostò in bagno, senza badare al lezzo che avviluppava quel piccolo ambiente, e poi raggiunse la camera da letto. Rovistò nei cassetti aperti in cerca dei pochi indumenti ancora puliti trovando solo una polo grigia, la indossò e poi si osservò allo specchio riconoscendosi a malapena.
Tentò qualche passo verso la porta trascinando letteralmente i piedi, era debole, non mangiava dignitosamente da giorni. Appoggiò una mano alla parete rivestita con carta da parati floreale, elemento datante del vecchio appartamento. Il dito indice s’imbatté in un piccolo lembo scollato, Aldo allora lo afferrò con la mano e strappò con forza, quella poca che ancora aveva in corpo.
Dai Aldo, non perdere tempo. Dobbiamo ancora trovarla casa nuova.
Uscì poco dopo.
“Si loca miniappartamento, 30 mq, camera da letto, cucina, bagno”. L’annuncio lo lesse dopo meno di un’ora di faticoso cammino. Sul citofono solo i numeri degli interni e un pulsante con la dicitura “portiere”. Varcò la soglia del portone.
«Ho letto l’annuncio» disse quasi borbottando verso la figura seduta ad una scrivania.
«Come dice? Cerca qualcuno?» rispose con un leggero accento partenopeo la tozza figura del portiere.
«L’annuncio della casa».
«Ah, l’appartamento dei Savino. Cosa vuole sapere?».
«Chi abita nel palazzo?».
«In che senso?».
Intanto la sua attenzione era caduta sulla schiera di cassette postali in legno collocate accanto alla postazione del portinaio. Senza badare più a lui si spostò e iniziò a leggere le targhette che, diversamente dal citofono, riportavano quasi tutti i cognomi.
«Abita un medico in questo palazzo?».
«In che senso? Non si sente bene? No, comunque» rispose lievemente allarmato l’uomo.
No, Aldo. Non è questa la casa che cerchiamo.
Aldo batté un colpo sulla tempia per cercare di far svanire la voce. Raramente la voce si palesava fuori casa.
«Cos’ha? Si sente bene?».
Uscì dal palazzo senza rispondere.

«Ma tu non stavi cercando casa?».
«Più o meno. Per ora, però, credo proprio di restare dove sono».
Il dialogo tra i due uomini con il camice bianco si stava svolgendo in uno dei corridoi del reparto di chirurgia dell’Ospedale San Giorgio.
«Te lo chiedo perché nel mio palazzo si libera un appartamento, proprio sotto il mio. Se ci ripensi parlo io con il proprietario».
«Non so. Vedremo».
«Pensaci. Io ora vado, ho un’operazione tra poco» disse il dottor Bernelli.
A pochi metri dai due, seduto su una delle sedie in plastica che rivestivano le pareti del lungo corridoio, Aldo Naglio attendeva nervoso.
Si risvegliò di scatto dopo aver incrociato in sogno lo sguardo del chirurgo. Anche quella notte l’aveva accolto il divano.

“Due camere, ampia cucina, salotto, due bagni, garage, secondo piano. Libera da subito”. Era il quarto annuncio che incrociava quel giorno lungo Via Paride, una delle arterie più in vista della città.
“Sacchetti, Vanzina, Colombo, Bernelli, Di Giacomo, Cutillo”.
Trovò il numero di telefono e chiamò.
«Chiamo per la casa».
«Quella in Via Paride?» rispose una voce maschile.
«Sì. Nel palazzo ci vive un medico?».
«Sì, ci abita un chirurgo, se non erro proprio sopra il mio appartamento, ma perché me lo chiede?» disse perplesso il proprietario, la sua voce, intanto, giungeva disturbata da un forte vocio.
«Quando posso vederla?» chiese Aldo senza rispondere al quesito.
«Sarò lì entro un’ora», l’uomo, evidentemente indaffarato al momento, troncò il discorso.
Aldo si sedette sul marciapiede ed attese fissando le piccole formiche che correvano all’impazzata tra i suoi piedi.
«Salve, sono Ugo Colombo. Mi scusi per l’attesa» disse il proprietario dell’appartamento, giunto sul posto con venti minuti di ritardo.
«Posso vederlo?».
«Ehm, è per lei?» chiese l’uomo notando il viso consumato di Aldo. Quella mattina, per fortuna, era riuscito a rintracciare l’ultimo paio di pantaloni decenti, mentre la polo grigia risultava ancora abbastanza pulita e la sua immagine estetica, almeno, era quasi presentabile.
«Sì, la cerco per me, mia moglie e nostro figlio che sta arrivando».
Ma sua moglie e suo figlio non c’erano più. Non ci sarebbero stati più.
«Non si preoccupi, è una semplice operazione di appendicectomia. Sa quante ne facciamo ogni giorno?» disse con tono rassicurante l’alta figura del dottor Bernelli, con il suo viso rubizzo e la folta chioma castana.
«Si fidi di me e tra qualche ora potrà riabbracciare sua moglie».
Riabbracciò Leda dopo otto ore. Morta.
Un imprevisto, dissero. Un’emorragia interna, dissero. Era incinta di circa due mesi, dissero, infine, dopo l’autopsia.
«Prego, mi segua».
La voce di Ugo Colombo non riuscì ad entrare immediatamente nel ricordo di Aldo.
«Mi ha sentito?».
«Come, scusi?» rispose Aldo ripresosi improvvisamente da una sorta di torpore.
«Venga, le faccio vedere la casa».
Pochi minuti all’interno, Aldo non ascoltò affatto le parole del proprietario che, intanto, esaltava gli spazi dell’appartamento, la sua esposizione, il quartiere.
Eccola, Aldo! È lei!
«Quando posso entrare?» chiese, cercando di tenere le distanze dalla voce.
«Anche tra qualche giorno. Il tempo tecnico di firmare il contratto di affitto e versare la caparra».
«Va bene».

Aldo era nella nuova casa da due giorni, vi era entrato meno di una settimana dopo il primo incontro con Ugo Colombo. E da due giorni era seduto sul letto a fissare il suo volto allo specchio, quasi in trance.
Il nostro caro amico è in casa. Vogliamo invitarlo ad una festa? Cosa ne pensi?
La voce comparve all’improvviso. In quei due giorni c’era stato uno strano silenzio.
Intanto, dal piano superiore provenivano dei rumori e un denso vociare, Aldo li percepì soltanto dopo esser stato risvegliato. Di una di queste voci ne riconobbe il proprietario: il dottor Bernelli.
Una luce si accese nello sguardo di Aldo che, dopo aver riconosciuto i suoi lineamenti riflessi nello specchio, lentamente annuì.
Bravo Aldo. Allora chiudi tutte le finestre della casa e abbassa le persiane, poi vai in cucina e apri tutte le manopole dei fornelli.
Meccanicamente l’uomo eseguì.
Ora fai una bella doccia, poi vestiti bene, metti il profumo e, infine, torna in cucina per la festa. Sarà tutto buio ma tu, appena arrivi, accendi la luce. Saremo tutti lì ad attenderti.
Quasi venti minuti dopo, a tastoni, ancora non aveva familiarizzato con gli spazi della nuova casa, dopo aver eseguito alla lettera le ultime indicazioni, riuscì a raggiungere la cucina. Varcata la soglia, non badò minimamente all’odore che invadeva pesantemente l’ambiente, allungò la sua mano verso la parete destra, accanto all’ingresso, in cerca dell’interruttore, incrociandolo molto presto.
Aldo era elegante, era pulito, era profumato. Era tornato un uomo.
Auguri per la nostra nuova casa, amore!
Clic. Boom.

(pubblicato nell’antologia “Racconti pugliesi 2019” – Historica Edizioni, 2019)

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