Il paese di tutti

«Che dici, riusciremo a convincerli?».
«Dobbiamo provarci».
Nell’ampia sala consiliare del comune di Paludo, una piccola realtà del sud Italia, una folta rappresentanza della cittadinanza accoglieva con un forte applauso Luca Stoia, il sindaco appena eletto. Accanto a lui il suo braccio destro e amico di sempre, Tobia Carli.
«Amiche e amici, benvenuti». Così aveva inizio il suo primo discorso.
Dopo i ringraziamenti di rito, il neosindaco giunse al punto più importante del suo programma, tale da farne anche lo slogan della campagna elettorale: “Il paese di tutti”.
«Le promesse per me hanno un valore enorme e se sono qui è perché, credo, sia anche vostra intenzione far sì che io le mantenga, quindi chiedo aiuto a voi. La mia idea, forse folle, ve l’ho presentata in parte in campagna elettorale ma ora è giunto il momento di far diventare Paludo “Il paese di tutti”».
Un forte applauso seguì le ultime parole.
«Sono tante le cose che non funzionano. La colpa di certo è dell’amministrazione ma va condivisa anche con la popolazione, me in primis. È ora che il bene pubblico diventi davvero di tutti, è ora che ogni cittadino si assuma le proprie responsabilità e faccia del suo piccolo orticello un lussuoso giardino».
Molti degli astanti si scambiarono sguardi scettici non comprendendo appieno le ultime parole.
«Ogni cittadino sarà di fatto proprietario di un bene comune, di uno spazio, e dovrà prendersene cura. Un lembo di marciapiede dinnanzi la propria abitazione, un cassonetto, un lampione, un’aiuola. Se andrà cambiata una mattonella della pavimentazione l’onere sarà comunque del comune, se c’è da piantare nuovi fiori l’onere sarà sempre del comune. Segnalatemi tutti i problemi, noi li risolveremo e poi Paludo sarà finalmente anche vostra. Collaborazione, sarà questa la parola d’ordine».
«Sì, ma in cambio noi cosa otteniamo?». Il quesito emerse direttamente dall’uditorio.
«Innanzitutto, un paese vivibile, pulito e bello da vedere, ma soprattutto la diminuzione sensibile delle tasse comunali. Se, per esempio, non saremo costretti a dover comperare nuovi cassonetti ogni mese a causa dei danni provocati dai vandali, allora le tasse sull’immondizia diminuiranno. E così sarà per tante altre imposte. E poi, infine, la soddisfazione di aver reso il proprio paese un’oasi felice».
Gli applausi, intanto, erano diventati sempre più radi e sempre meno calorosi.
«Vi chiedo solo fiducia. Ce la possiamo fare e so che questo è anche il vostro sogno».
Terminato il discorso, il pubblico lasciò la sala sopraffatto dai dubbi. In tanti, nonostante il voto espresso in favore del neosindaco, non credevano che un’idea del genere fosse attuabile a Paludo.
«Ti vedo inquieto. Pensi non sia andata bene?» chiese Carli, una volta raggiunto l’ufficio del sindaco.
«Non so, li ho visti freddi. So che è folle ma se non ci proviamo sarà stato tutto inutile» rispose mestamente Stoia.
«E allora diamoci da fare».

Il primo mese non fu entusiasmante, poche furono le segnalazioni. Stoia decise così che sarebbe toccato a lui dare il buon esempio. Girò in lungo e in largo il suo paese, individuando i problemi e concretizzando nel minor tempo possibile le soluzioni.
La cosa funzionò. La popolazione apprezzò il suo impegno e in poco tempo fu letteralmente sommerso da segnalazioni e, cosa che lo stupì positivamente, suggerimenti, tanto da riuscir a fatica e far fronte a tutto.

Quasi otto mesi dopo il primo discorso, il sindaco convocò la cittadinanza.
«Amiche e amici, ci siamo. Il primo passo è stato compiuto. Grazie al vostro decisivo aiuto Paludo è diventato un gioiello. Ora, però, sta a voi farlo brillare».
Applausi convinti accompagnarono le sue parole.
«Adesso a voi la scelta. Individuate il piccolo tassello del nostro amato puzzle chiamato Paludo che vi va di curare e indicatelo al nostro ufficio preposto. In pochissimo tempo stipuleremo un accordo che non comporta nessun costo ma solo del tempo da dedicare, e da cui potrete recedere in ogni momento, e daremo il via all’azione definitiva. Determinati e compatti, la meta è ormai a portata di mano».
Nei giorni seguenti fu un flusso costante di richieste, da chi voleva dedicarsi alla cura degli alberi della propria stradina a chi desiderava pulire un quadrato di cinque metri per lato dinanzi la propria abitazione. Ci fu addirittura chi si propose di diventare il responsabile della manutenzione delle griglie di deflusso delle acque piovane di tutto il paese.

«Luca, indovina chi c’è fuori?». La domanda la porse un incredulo Tobia Carli.
«Eh, potrebbe esserci chiunque».
«Un giornalista svedese! E vuole parlare con te!».
Era trascorso quasi un anno e mezzo dal suo insediamento e la notizia di “Paludo, il paese di tutti” aveva fatto il giro del mondo. Tante le mail e le telefonate ricevute, non pochi i servizi televisivi realizzati in Italia, questa, però, era la prima volta che si arrivava così lontano “fisicamente”.
Ai convenevoli, seguì una piacevole chiacchierata. L’inviato della TV nazionale svedese Thomas Brolin, assistito da un traduttore, espresse tutto il suo entusiasmo per l’iniziativa ammettendo che in Svezia, nonostante fosse un paese green, ci si stava pensando seriamente ad imitarla.
«Secondo lei si può esportare l’idea anche in altre realtà?».
«Non so, noi siamo un piccolo paese e i problemi sono relativamente piccoli. Per una grande città, credo, sia arduo raggiungere un tale obiettivo. Ma ci si può provare, ci si deve provare».
«È possibile osservare i risultati della sua iniziativa?».
«Certo. L’accompagno volentieri tra le strade del nostro paese».
Bastò percorrere davvero pochi passi per ammirare innanzitutto la pulizia di Paludo. Brolin restò sorpreso nell’osservare una vecchina spazzare con il sorriso in volto l’area antistante la porta della propria casa mentre, quella che molto probabilmente era sua nipote, raccoglieva alcune foglie secche gettandole in un sacchetto di plastica.
Poco oltre notò l’assenza di tracce vandaliche sulle pareti degli edifici, di cartacce e mozziconi in terra, inoltre, neanche l’ombra. Le strade erano dei tappeti d’asfalto perfetti, prive di buche, i cassonetti davano l’impressione di esser stati appena installati. Ciò che più di tutto stupì l’ospite fu il verde pubblico, una distesa infinita di piante, alberi e fiori colorati che rendevano Paludo un paese incantato.
Questa immagine riempì anche la vista di Luca Stoia che solo adesso realizzava di esser riuscito a compiere la sua impresa.
Il sindaco allora si voltò verso il suo amico di sempre, Tobia, e disse con un ampio sorriso e gli occhi lucidi: «Ci siamo riusciti».

(pubblicato nell’antologia “I racconti di Cultora 2019 – Vol. 3” – Historica Edizioni, 2019)

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